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No, non esiste un consumo di alcol senza rischi

No, non esiste un consumo di alcol senza rischi

1 marzo 2022
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Un “bollino nero” per i consumatori, che indichi chiaramente vino e alcolici come dannosi per la salute? Il 3 febbraio 2022, la proposta di Serge Hercberg, nutrizionista ed epidemiologo della facoltà di Medicina della Sorbona di Parigi, ha destato reazioni molto forti in Italia. Come quelle di Coldiretti, che ha parlato di vino «ingiustamente diffamato» e Confagricoltura, ma anche da parte della politica, con il sottosegretario alle Politiche agricole, Gian Marco Centinaio (Lega), secondo cui del vino «va promosso il consumo moderato e consapevole e non va discriminato in modo ottuso».

La proposta di Hercberg è nata su Twitter, ma in realtà si inserisce in un contesto assai più ampio. Il 16 febbraio 2022 infatti il Parlamento Europeo ha approvato il testo della risoluzione denominata “Piano per combattere il cancro”. Nei giorni precedenti alla votazione, uno dei punti chiave era proprio se bisognasse avvertire i consumatori europei che tutto il consumo di alcol è dannoso, o se è dannoso solo un consumo eccessivo. Il testo proposto al Parlamento dalla Commissione europea chiedeva, tra le altre cose, etichette che avvertissero i consumatori dei rischi per la salute legati all’alcol. Il testo effettivamente approvato invece ha eliminato il riferimento all’avvertimento sui rischi, chiedendo invece di «includere informazioni per il consumo moderato e responsabile» di alcol.

Ma la scelta del Parlamento europeo, come vedremo, non è basata sulla scienza. Non esiste infatti, secondo le nostre conoscenze attuali, un consumo di alcol sicuro e «responsabile», dal punto di vista della salute e della prevenzione dei tumori. Vediamo qual è l’opinione della comunità medica e scientifica in merito e il ruolo della disinformazione su un tema così discusso.

Quanto alcol consumiamo (e quanto male ci fa)

L’Italia è uno dei Paesi europei dove si consuma meno alcol, come quantità: 7,84 litri all’anno di alcol puro per persona, una quantità inferiore alla media europea di 11,44 litri. Un consumo calato molto nel corso degli ultimi decenni: nel 1990 in Italia la media superava i 12 litri a persona.  Ciononostante, bere rimane un’abitudine molto diffusa. Le persone che non bevono alcol in Italia sono poche: nel 2018 erano, secondo il rapporto 2020 dell’Istituto superiore di sanità, il 20,6 per cento degli uomini e il 44,1 per cento delle donne. Si beve di più nell’Italia nord-orientale (specialmente in Veneto) e centrale, e di meno nelle isole. Il principale alcolico consumato è il vino, bevuto dal 54,1 per cento della popolazione, più di 28 milioni e mezzo di persone, seguito dalla birra (50,1 per cento). Le persone che negli ultimi dodici mesi hanno consumato alcolici in eccesso, cioè sopra le linee guida del Ministero della Salute, sono il 14,2% tra gli uomini e il 6,1% delle donne di età superiore a 11 anni: in complesso, circa 5.500.000 persone. Un numero ampio, ma comunque una minoranza: la maggior parte delle persone, quindi, ha un consumo di alcol che possiamo considerare genericamente “moderato”

L’alcol ha numerosissimi impatti sulla salute: in Italia nel 2016 secondo Iss sono stati contati 1.290 decessi «totalmente» attribuibili all’alcol, ovvero «causate da patologie totalmente determinate dal consumo di alcol», in cui il consumo di alcolici è l’unico e diretto fattore causale. Ma l’alcol, aumentando il rischio di numerose malattie e di incidenti, ha in realtà un impatto sanitario molto maggiore. Il consumo di alcol infatti è considerato il quinto fattore di rischio globale per carico sanitario, e si stima che causi il 5,5 per cento dei decessi nei Paesi dell’Unione europea. Di questi decessi, quasi il 30 per cento è dovuto ai tumori, seguiti dalla cirrosi epatica e dalle malattie cardiovascolari. A queste malattie si aggiungono poi i decessi e le disabilità causate da incidenti stradali e atti violenti.

Non esiste un consumo di alcol privo di rischi

L’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) ha stimato che in Europa circa 244.000 casi di tumore ogni anno si sarebbero potuti prevenire limitando il consumo di alcol: di questi, quasi 21.000 in Italia. Secondo il rapporto stilato nel 2020 dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), in gran parte si tratta di tumori della bocca, faringe o esofago, ma ci sono anche tumori al colon-retto e al seno. L’alcol induce la formazione di tumori attraverso almeno quattro meccanismi diversi, danneggiando il Dna o alterando i livelli di ormoni che controllano la crescita delle cellule.

Su una cosa oggi il consenso scientifico è pressoché unanime: non esiste un livello di consumo di alcol “sicuro”, esente da rischi. Qualsiasi quantità di alcol aumenta il rischio complessivo di tumori e, in generale, di danni alla salute. Questo è ribadito da tutti gli organismi nazionali e internazionali, dall’Oms al National cancer institute americano, all’Iss e alla Fondazione Veronesi, sulla base di studi epidemiologici. In particolare, i tumori gastrointestinali sembrano essere associati alla frequenza con cui si beve, più che alla quantità: quindi bere poco ma spesso è un comportamento a rischio per la salute, contrariamente a quanto si potrebbe pensare. Già nel 2013 una meta-analisi aveva stimato che il consumo leggero di alcol (fino a 12,5 grammi di alcol al giorno, l’equivalente di un piccolo bicchiere di vino o una lattina di birra) poteva aver causato circa 34.000 casi di tumore all’anno.

La dottoressa Elena Dogliotti, biologa nutrizionista e supervisore scientifico per la Fondazione Umberto Veronesi, ha detto a Facta: «Si stima che un consumo regolare di 10 grammi di etanolo al giorno (pari a un consumo considerato “di basso rischio”) aumenti il rischio di insorgenza del 9% per il carcinoma del colon-retto, del 10-15% per il carcinoma squamo-cellulare del tratto aereo-digestivo superiore, del 4% per il carcinoma esofageo e del 10% per il carcinoma alla mammella (che sale fino al 27% in presenza di particolari predisposizioni genetiche)».

Al di là del cancro, il rischio totale di mortalità e malattia aumenta sempre con l’aumento del consumo di alcol, come dimostrato da due massicce analisi pubblicate su Lancet nel 2018. Ciò anche tenendo conto del fatto che (piccole) dosi di alcol potrebbero proteggere da alcune malattie, come ad esempio gli infarti (mentre invece non sembra che protegga dall’ictus): i singoli effetti benefici, se esistono, vengono superati sistematicamente dagli effetti negativi.

Come discute uno degli articoli di Lancet citati sopra, studi precedenti che indicavano un effetto protettivo di basse dosi di alcol erano «limitati dalle piccole dimensioni del campione, controlli inadeguati per i fattori confondenti  e scelte non ottimali delle categorie di riferimento per calcolare i rischi relativi. La ricerca più recente […] mostra sempre più spesso che non c’è nessun effetto protettivo dell’alcol sulla mortalità o sulla salute cardiovascolare». Benché spesso associamo il bere moderatamente a effetti psicologici positivi e a benessere sociale, in realtà gli studi suggeriscono che smettere di bere, anche se si beveva già poco in partenza, può migliorare la qualità della vita e il benessere psicologico.

Si dice spesso però sui media (es. qui, qui) che alcune bevande alcoliche, ad esempio il vino rosso, possano essere benefiche per la salute non tanto per il loro contenuto di alcol, ma perché contengono anche sostanze protettive come ad esempio i famosi antiossidanti. In particolare, nel caso del vino rosso, il celebre resveratrolo. Di questa molecola naturale si è parlato spesso perché ha proprietà antitumorali e protettive nei confronti delle malattie cardiovascolari.

In realtà sappiamo oggi che, sebbene non sia escluso che il resveratrolo in sé sia benefico, non ha alcun senso pensare che il vino rosso sia salubre per questo motivo. La quantità di resveratrolo che si può assumere con il vino è migliaia di volte inferiore alla dose terapeutica. Per intenderci, la dose terapeutica indicata è intorno a 1.000 milligrammi di resveratrolo al giorno; un litro di vino rosso contiene circa 2 milligrammi di resveratrolo. Servirebbe consumare 500 litri di vino al giorno, quindi, per ottenere la dose terapeutica. Qualsiasi effetto del resveratrolo, alle dosi presenti nel vino, è quindi più che annullato dagli effetti negativi dell’alcol.

Il ruolo della disinformazione

Nel suo rapporto del 2020, l’Iss ha puntato il dito sulle numerose notizie false che circolano sul consumo di alcol e spesso, secondo Iss, «diffuse da settori dell’industria» e «sostenuta dal marketing delle bevande alcoliche». Notizie secondo cui il consumo “moderato” di alcolici sarebbe innocuo o addirittura benefico, rilanciate dai quotidiani e sostenute da diverse associazioni di categoria (anche se a volte, come abbiamo visto su Facta, nascono anche spontaneamente). A queste si sono aggiunte, negli anni di pandemia, le notizie false sul rapporto tra alcol e Covid-19, tra cui quella che gli alcolici possano stimolare l’immunità o addirittura distruggere il virus.

Le modifiche che sono state approvate al piano europeo di azione contro il cancro indicano una differenza inesistente tra consumo nocivo e moderato di bevande alcoliche. Sono quindi, come abbiamo visto, in diretto contrasto rispetto al consenso medico e scientifico.

Secondo Elena Dogliotti della Fondazione Veronesi «il concetto di “consumo rischioso”, per una sostanza che non ha una soglia di consumo a rischio zero, non ha nessun senso. Il concetto di “consumo responsabile” è a sua volta qualcosa di imprecisato, che rimanda e scarica ogni “responsabilità”, appunto, alla coscienza del singolo, e all’idea di evitare l’ubriacatura (peraltro confondendo le carte con il “consumo responsabile” alla guida, che è tutt’altro discorso). Siamo intervenuti nel dibattito segnalando questa contraddizione agli eurodeputati e ricordando la posizione della comunità scientifica internazionale (Oms e Iarc in primis), ma purtroppo non è bastato».

Disinformazione, quindi, che entra nella politica europea contro i tumori, accolta con entusiasmo dall’industria dell’alcol. Non è un evento eccezionale: una vasta letteratura accademica internazionale ha ormai dimostrato che l’industria degli alcolici opera una potente attività di pressione politica per limitare le regolamentazioni e le menzioni dell’effetto cancerogeno dell’alcol, in modo abbastanza simile a quanto ha fatto in passato l’industria del tabacco.

In conclusione

Alcolici come il vino o la birra fanno parte della cultura italiana ed europea, e può essere difficile pensare al loro consumo moderato come a qualcosa di nocivo per la salute. L’industria dell’alcol è anche un importante attore economico: in Italia il valore dell’industria vinicola nel 2021, secondo alcune stime di settore, era di 14,2 miliardi di euro. D’altro canto, come denuncia l’Iss, «l’alcol è ancora uno tra i più temibili fattori di rischio e di malattia in Italia», che però non è spesso riconosciuto come tale e per il quale non c’è un’adeguata risposta politica e culturale.

Comunque la si pensi sul complesso problema delle politiche sull’alcol, che devono tenere in equilibrio requisiti economici, culturali e sanitari, è ormai accertato che il consumo di alcolici, a qualunque livello, presenta rischi non trascurabili per la salute, e non ha senso parlare di un consumo di alcol esente da rischi o addirittura salubre. Informare correttamente di questo rischio sarebbe un atto di trasparenza, nell’ottica di un consumo informato e di un rapporto di fiducia tra aziende e consumatori.

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