Il 10 dicembre 2024 è stata condivisa su X la presunta notizia secondo cui «la diocesi di Treviso ha vietato la preghiera dell’Alpino perché urta i migranti ed i pacifisti».
La notizia è falsa.
La diocesi di Treviso, contattata da Facta, ha spiegato che la storia diffusa sui social è una «bufala da manuale. In diocesi di Treviso non c’è mai stato nessun problema». Nella mail, l’ufficio stampa ha chiarito che «i fatti risalgono a quasi dieci anni fa e riguardavano la diocesi di Vittorio Veneto (provincia di Treviso), ma per un malinteso in una parrocchia, poi rientrato e chiarito tra vescovo e alpini».
Il 15 agosto del 2015, nella cappella del passo San Boldo (comune di Cison di Valmarino), tra le province di Belluno e Treviso, il sacerdote aveva chiesto al gruppo di Alpini di modificare un paio di parole del testo della preghiera dell’Alpino. Il sacerdote aveva proposto di sostituire le parole “armi” con “animi”, e “contro” con “di fronte”, nella frase «rendi forti le nostre armi contro chiunque minacci la nostra Patria».
Gli alpini si erano però rifiutati di recitare la preghiera in chiesa, come ricostruito all’epoca dal monsignor Corrado Pizziolo, vescovo di Vittorio Veneto, ed erano «usciti dalla Chiesa prima della conclusione normale della messa, creando disagio anche tra i fedeli presenti». Nella sua ricostruzione dell’accaduto, la diocesi di Vittorio Veneto non spiegava i motivi della richiesta del sacerdote, ma secondo la stampa le motivazioni riguardavano il tema dell’accoglienza in Italia delle persone migranti, in particolare di coloro che arrivano nelle coste italiane dal Mar Mediterraneo. Il vescovo Pizziolo aveva chiarito poi di non aver emanato «nessun intervento che proibisca o indichi in quale modo deve essere recitata la preghiera».