Il 29 giugno 2021 la redazione di Facta ha ricevuto una segnalazione via WhatsApp che chiedeva di verificare le informazioni contenute in un video pubblicato su Facebook il 23 giugno e circolato su WhatsApp nei giorni successivi. Il video oggetto della nostra verifica dura in tutto poco più di 4 minuti e, stando a quanto riportato, mostrerebbe un «modulo di consenso con integrazioni da fonti ufficiali Pfizer» che secondo l’autrice del video in pochi hanno letto, ma «avreste dovuto farlo».
Il documento mostrato riporta (minuto 00:10) che «la copertura verum» del vaccino Pfizer sarebbe del 99,95 per cento, contro il 99,07 per cento di quella da placebo. «Se non ti vaccini» spiega la voce che commenta il video, «tu non ti becchi il Covid al 99,07 per cento. Già se leggo questo mi chiedo: ma che mi vaccino a fare?». Secondo il documento mostrato, insomma, il vaccino «riduce il rischio di contrarre la Covid dell’1» per cento e «previene lo sviluppo della sintomatologia in 9 casi su 1.000».
Un altro passaggio del documento (minuto 01:45) spiega poi che il vaccino Pfizer può essere somministrato a partire dai 16 anni d’età, «anche se non è stata valutata la tossicità su esseri umani (quello che di solito si fa nella Fase 1), bensì solo su ratti. La cancerogenicità invece non è stata valutata neppure sui ratti». Subito dopo il documento riporta che «il vaccino non può essere somministrato alle donne in gravidanza e in fase di allattamento». La voce narrante si chiede allora perché «lo stanno somministrando».
L’ultimo passaggio mostrato del documento (minuto 03:20) è invece dedicato alle reazioni avverse e in esso si legge: «La frequenza di reazioni allergiche gravi non può essere definita sulla base dei dati disponibili, in quanto la sperimentazione non è ancora conclusa» e ancora «di fatto la sperimentazione è giunta attualmente solo alla Fase 3 (tuttora in corso) cioè non ha ancora concluso l’iter per l’approvazione definitiva».
Si tratta di un documento non ufficiale, che veicola informazioni false e fuorvianti sulla vaccinazione contro la Covid-19. Andiamo con ordine.
Innanzitutto, il documento mostrato non è il vero modulo di consenso alla vaccinazione (scaricabile a questo link, messo a disposizione dal ministero della Salute sul suo sito internet o negli hub vaccinali e utile a dare l’assenso alla prestazione medica della vaccinazione) ma una versione modificata e pubblicata dalla rete antivaccinista R2020, che si definisce «una rete di persone che vogliono confrontarsi su diverse tematiche, condividere i propri progetti e creare partecipazione attiva nella vita della propria comunità».
Veniamo ora alle informazioni riportate nel documento. Secondo gli ultimi dati pubblicati da Pfizer ad aprile 2021, tra i 46.307 partecipanti al trial clinico le infezioni da Covid-19 sono state 927, delle quali 850 nel gruppo di controllo (quello a cui era stato somministrato il placebo) e 77 nel gruppo al quale era stato somministrato il vaccino.
Come spiegato in un articolo di commento pubblicato sulla rivista The Lancet dal dottor Pietro Olliaro (docente di malattie infettive relative alla povertà all’Università di Oxford), da questi dati è possibile calcolare la riduzione assoluta del rischio, ovvero la differenza aritmetica tra i tassi d’infezione dei due gruppi. Per quanto riguarda il vaccino Pfizer-BioNTech, questa differenza è dello 0,84 per cento. Attenzione però, perché come sottolineato dai colleghi di Reuters, questo dato può risultare fuorviante se letto erroneamente: questa percentuale in realtà non è per niente bassa. Vediamo perché.
Contattata da Reuters, la professoressa Natalie E. Dean, docente of Biostatistica all’Università della Florida, ha spiegato che il dato utilizzato dalla comunità scientifica è quello della «riduzione relativa del rischio» (la riduzione del rischio di infezione), dal momento che questa «è più significativa» nell’esprimere la riduzione del rischio di infezione. Come riportato in questo articolo pubblicato dalla versione americana di Wired, il problema principale nell’affidarsi alla riduzione assoluta del rischio è insito nella natura stessa della Covid-19, che colpisce in modo diverso fasce diverse di popolazione.
La semplice differenza aritmetica tra i tassi d’infezione non tiene conto del fatto che una persona giovane ha molte meno possibilità di ammalarsi rispetto a una persona anziana e la fotografia scattata da questo dato non ci aiuta a capire quanto realmente il vaccino prevenga l’infezione in una certa fascia di età. Al contrario, questo dato è ben inquadrato dalla riduzione relativa del rischio (comunemente definito “efficacia”, che per quanto riguarda Pfizer è del 95 per cento. Ciò vuol dire che una persona vaccinata con Pfizer ha il 95 per cento delle possibilità in meno di sviluppare la malattia da coronavirus. Tale dato è peraltro confermato dalle rilevazioni empiriche, che riferiscono di una diminuzione del tasso di infezione tra l’85 per cento e il 94 per cento grazie al vaccino Comirnaty (Pfizer-BioNTech).
Passando al punto successivo del documento che ci è stato segnalato, è falso sostenere che «non è stata valutata la tossicità su esseri umani» del vaccino Pfizer. Gli studi preliminari di tossicità acuta sono infatti per prassi eseguiti sugli animali (in particolare sui topi), ma al momento – grazie a trial clinici e farmacovigilanza – abbiamo abbastanza dati da poter valutare compiutamente la tossicità del vaccino. Grazie agli elementi in nostro possesso, possiamo concludere che il vaccino Pfizer (così come gli altri finora prodotti) non contiene pericoli per la salute umana.
Un capitolo a parte si apre invece per quanto riguarda la cosiddetta “tossicità riproduttiva”, ovvero le possibili conseguenze del vaccino sulle donne in gravidanza. In questo caso la tossicità è stata realmente valutata sulle femmine di ratto (dagli studi non è emerso alcun possibile profilo di tossicità) e abbiamo invece dati limitati all’uso di Comirnaty in donne in gravidanza: per questo motivo le indicazioni ad interim italiane subordinano la somministrazione del vaccino Pfizer per le donne in gravidanza ad una «valutazione individuale del profilo rischio/beneficio, facilitata da un colloquio informativo con i professionisti sanitari». Non sono stati condotti studi sul potenziale cancerogeno perché i ricercatori non hanno riscontrato «potenziale genotossico» nei componenti del vaccino.
Tutte queste considerazioni ci portano al terzo e ultimo punto: abbiamo abbastanza dati per valutare la sicurezza e le possibili reazioni avverse da vaccino. Non solo la Fase 3 di sperimentazione clinica del vaccino Pfizer-BioNTech si è conclusa a novembre 2020 – contrariamente a quanto riportato nel documento – ma come abbiamo più volte sottolineato è adesso in corso la cosiddetta Fase 4, che include la sorveglianza attiva degli eventi avversi.
In conclusione
Il documento mostrato nel video non è l’ufficiale modulo di consenso alla vaccinazione messo a disposizione dal ministero della Sanità e contiene numerose informazioni false o fuorvianti.
Innanzitutto, è vero che la riduzione assoluta del rischio per il vaccino Pfizer-BioNTech è inferiore all’1 per cento, ma questa non è per nulla una percentuale bassa. Parlando in termini relativi, ciò vuol dire che una persona vaccinata avrà il 95 per cento delle possibilità in meno di ammalarsi, un dato che incide particolarmente sulla mortalità nelle fasce d’età più esposte alla malattia.
Non è vero che la tossicità del vaccino Pfizer-BioNTech è stata valutata solo sugli animali, dal momento che oggi abbiamo abbastanza dati da escludere profili di tossicità sugli esseri umani. Abbiamo pochi dati invece sulla tossicità dei vaccini sulle donne in gravidanza e per questo motivo le indicazioni sanitarie italiane prevedono la valutazione caso per caso, subordinata ad un colloquio medico. Contrariamente a quanto si legge nel documento, la Fase 3 di sperimentazione clinica non è solo terminata, ma siamo ora in piena Fase 4, che include la sorveglianza attiva degli eventi avversi.