- Su Facebook è diventato virale un post che afferma che la copertura di ghiaccio e neve nell’emisfero settentrionale sarebbe al momento la più elevata di questo secolo.
- La tesi è priva di fondamento scientifico e nessuna delle fonti citate nel post supporta questa affermazione.
- I dati delle agenzie scientifiche e diversi studi indicano una progressiva riduzione negli ultimi decenni del ghiaccio marino artico, dei ghiacciai di montagna e del manto nevoso.
Il 9 febbraio 2025 è stato pubblicato un post su Facebook che riporta le immagini della copertura di neve e ghiaccio sul Nord America e sull’Eurasia, accompagnate da alcuni commenti e da link che sosterrebbero la sua tesi. Secondo l’autore, la superficie attualmente ricoperta da ghiaccio e da neve nell’emisfero settentrionale sarebbe ai «livelli più elevati di questo secolo in questo periodo dell’anno», aggiungendo: «vedremo se entro la fine dell’inverno riusciremo a fare anche il record dal 1979 ad oggi».
Questa situazione, secondo l’autore, sarebbe confermata dalle «abbondanti nevicate delle ultime ore che hanno coinvolto i rilievi alpini, prealpini e appenninici del nord Italia fino a bassa quota».
Questo post riporta immagini fuori contesto e notizie false e prive di fondamento scientifico.
Nessuna delle fonti e dei link riportati dall’autore supportano le sue affermazioni. I link rimandano a dati sul ghiaccio marino artico sul sito del governo canadese e da due pagine sul sito della National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA), l’agenzia scientifica del governo degli Stati Uniti che si occupa di oceani e clima.
Da una di queste l’autore ha tratto gli screenshot delle immagini dei dati satellitari relativi alla copertura di ghiaccio e neve in Nord America e in Eurasia l’8 febbraio 2025. Entrambe le pagine riportano solo le immagini dei due continenti con i relativi dati giornalieri, perciò da nessuna delle due si può evincere quale sia la tendenza storica del ghiaccio e della neve.
Va ricordato che la NOAA è un’agenzia che riconosce il consenso scientifico sul riscaldamento globale antropico.
Della NOAA fanno parte, tra l’altro, i National Centers for Environmental Information (NCEI), che gestiscono alcuni dei maggiori archivi mondiali di dati ambientali. Il sito del NCEI riporta le tendenze storiche della copertura di ghiaccio marino e neve globali. Come si può vedere nella pagina dedicata, per l’emisfero settentrionale viene indicata una tendenza alla diminuzione sia del ghiaccio marino che dell’estensione del manto nevoso negli ultimi 40-50 anni, rispettivamente, del 4,50 e del 1,97 per cento/decade, relativamente a tutti i mesi dell’anno.
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La NASA riporta che l’estensione minima del ghiaccio marino artico, che viene raggiunta al termine dell’estate, a settembre, è diminuita del 12,2 per cento dalla fine degli anni ‘70 a oggi.
Come abbiamo scritto in un approfondimento su Facta, le evidenze scientifiche mostrano un progressivo declino del ghiaccio dell’Oceano Artico negli ultimi 45 anni e un cambiamento complessivo della sua struttura e delle dinamiche della sua formazione che determina anche una diminuzione dello spessore e del volume. Nel settembre del 2024, come hanno dichiarato la NASA e il National Snow and Ice Data Center (NSIDC), il ghiaccio marino artico a settembre ha raggiunto una delle sue estensioni storicamente più piccole.
Riguardo la copertura nevosa, il report annuale del Global Snow Lab della Rutgers University, in New Jersey, ha affermato che nel 2023 «l’estensione annuale della copertura nevosa sulle terre dell’emisfero settentrionale è stata di 0.8 milioni di chilometri quadrati (3,2 per cento) al di sotto della media del periodo 1966-2023, la settima copertura meno estesa mai registrata». Come si legge sul sito del Global Snow Lab, la copertura del manto nevoso nell’emisfero settentrionale a gennaio del 2025 è stata inferiore rispetto al periodo di riferimento e il valore si è collocato al 56esimo posto su 59.
Alcuni studi recenti hanno documentato, infatti, la riduzione della copertura nevosa negli ultimi decenni.
Secondo un articolo pubblicato sulla rivista scientifica Nature a gennaio del 2024, «il riscaldamento antropico ha causato una diminuzione del manto nevoso a marzo nell’emisfero settentrionale nel periodo 1981-2020», un dato che secondo gli scienziati pone «rischi per le risorse idriche in assenza di una sostanziale mitigazione» del cambiamento climatico. Un altro studio ha mostrato un significativo calo medio globale del 7,79 per cento della copertura nevosa montuosa negli ultimi 44 anni che evidenzia, scrivono gli autori, «l’interazione tra il riscaldamento globale e la copertura nevosa».
Il ritiro dei ghiacciai di montagna è infatti uno degli effetti meglio documentati del riscaldamento globale. Uno studio pubblicato nel 2023 sulla rivista scientifica Science ha calcolato la quantità di massa dei ghiacciai di montagna che potrebbe essere persa in diversi scenari di aumento della temperatura globale, contribuendo così all’innalzamento del livello dei mari. Gli scienziati hanno enfatizzato l’urgenza di ridurre rapidamente le emissioni per contenere questi effetti.
Questo fenomeno sta portando alla scomparsa dei ghiacciai anche sulle Alpi italiane. Il Servizio Glaciologico Lombardo riporta i grafici del bilancio di massa di diversi ghiacciai lombardi, che indicano una continua diminuzione, testimoniata anche dai confronti fotografici.
Secondo la Cima Research Foundation, il 10 gennaio 2025 lo Snow Water Equivalent (SWE), o equivalente idrico nivale, cioè il parametro che rappresenta la quantità di acqua che si potrebbe ricavare dalla neve se venisse completamente fusa, a livello nazionale era il 63 per cento in meno rispetto al periodo 2011-2023. Un deficit che, secondo l’organizzazione, indica «una situazione critica per l’intero arco alpino e per gli Appennini».
Non si registrano, perciò, nemmeno in Italia, livelli di «neve e ghiaccio, già record per il periodo e ben oltre la media trentennale», come sostiene l’autore del post che stiamo analizzando.
Infine, va osservato che chi ha pubblicato il post rimanda anche a una pagina Facebook chiamata “Klima e Scienza” che si presenta come «Pagina creata per una libera ed indipendente Divulgazione scientifica che aderisce a CLINTEL».
CLINTEL (“Climate Intelligence Foundation”) è un’organizzazione fondata da un ingegnere olandese, poi docente di geofisica, che ha lavorato per l’industria petrolifera Shell, e da un giornalista, nota per aver redatto una dichiarazione, intitolata “Non c’è nessuna emergenza climatica”, che circola da diversi anni.
Molti media l’hanno riportata come una dichiarazione che sarebbe stata sottoscritta da più 1000 o 1500 scienziati, quindi rappresentativa del mondo scientifico. Ma tra i suoi firmatari compaiono persone che dichiarano professioni o affiliazioni che nella gran parte dei casi non hanno nulla a che vedere con la ricerca scientifica sul cambiamento climatico.
La dichiarazione è un elenco di argomenti ingannevoli, spesso riproposti dal negazionismo climatico, e privi di fondamento scientifico, come la tesi secondo cui la CO2 atmosferica sarebbe benefica perché è il «il cibo vegetale, la base di tutta la vita sulla Terra». In questo approfondimento su Facta abbiamo spiegato perché si tratta di un’affermazione ingannevole e scientificamente inconsistente.
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