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Tra razzismo e complottismo, l’arrivo dell’estrema destra francese alle “porte del potere”

Per la prima volta dalla sua fondazione, alle prossime elezioni legislative il Rassemblement National (ex Front National) potrebbe conquistare la maggioranza parlamentare e il governo

28 giugno 2024
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Di Leonardo Bianchi

Il 24 giugno del 2024 Jordan Bardella, il presidente del Rassemblement National (RN), ha presentato a Parigi il programma del partito di estrema destra che – stando ai più recenti sondaggi – oscilla tra il 35 e il 37 per cento dei consensi alle prossime elezioni legislative francesi, che si svolgeranno in due turni: il primo il prossimo 30 giugno, e il secondo il 7 luglio.

Annunciando di essere ormai «pronto a governare», Bardella ha indicato tre temi cardine su cui ruota l’intera proposta politica del RN: la lotta all’immigrazione, la riduzione di alcune tasse e il rafforzamento del potere d’acquisto e la sicurezza.

Come ha notato Le Monde, il 28enne si è presentato come il “candidato della verità” ma ha terminato il suo discorso da aspirante primo ministro con una bugia: quella di trattare tutti i cittadini allo stesso modo.

Bardella ha infatti detto che «a nessun francese sarà tolto un solo diritto», ma uno dei punti più controversi del programma prevede esattamente questo – ossia l’impossibilità per i francesi con la doppia cittadinanza, che sono circa tre milioni di persone, di accedere a determinati posti di lavoro nella pubblica amministrazione. Il Rassemblement National intende infatti «riservare» ai cittadini che hanno la sola nazionalità francese «un certo numero di posti di lavoro strategici nei settori legati alla sicurezza o alla difesa».

Questa misura è stata però giudicata discriminatoria e anticostituzionale da Manuel Bompard (coordinatore del Nuovo Fronte Popolare, la coalizione che raggruppa i principali partiti della sinistra francese), dall’attuale primo ministro Gabriel Attal e da diversi analisti. E soprattutto, è stata ritenuta indicativa di una doppiezza di fondo del partito: far passare come politiche «di buon senso» provvedimenti che in realtà escludono parti della popolazione francese su basi subdolamente razziali e classiste.

Ovviamente, la proposta di Bardella non nasce dal nulla. Si rifà infatti al concetto della «preferenza nazionale», che da quasi cinquant’anni è parte integrante della propaganda del Front National (l’antecedente del Rassemblement National) e delle riflessioni teoriche dell’estrema destra francese.

Ma ora, concetti di questo tipo potrebbero tramutarsi nell’azione legislativa del futuro Parlamento francese. E soprattutto, le prossime elezioni potrebbero rappresentare il punto culminante della lunga storia di un partito che, dietro una facciata moderna e rassicurante, nasconde personaggi compromessi con il regime collaborazionista di Vichy, affermazioni negazioniste dell’Olocausto, diffusione di teorie del complotto razziste e legami inconfessabili con i gruppuscoli violenti.

Dai collaborazionisti nazisti di Vichy alla “dediabolizzazione” di Marine Le Pen
Partiamo dall’inizio. Il Front National nasce il 5 ottobre del 1972 come tentativo di unire i vari gruppi dell’estrema destra francese, tant’è che il suo nome esteso è Front national pour l’unité française (abbreviato in FN, in italiano “Fronte nazionale per l’unità francese”).

Il nucleo originario del FN è formato da dirigenti di movimenti apertamente neofascisti come François Duprat di Ordre Nouveau (Ordine Nuovo, un movimento messo fuori legge nel 1973 per svariati episodi di violenza); ex membri di Milice, un gruppo paramilitare creato nel 1943 dal regime collaborazionista di Vichy, come François Brigneau; ex militanti di Occident, un movimento politico sciolto dalle autorità francesi nel 1968, come Alain Robert; ex membri dell’Oas, un gruppo terroristico di estrema destra, come Roger Holeindre; e l’ex caporale della divisione “Charlemagne” delle Waffen-SS, Pierre Bousquet.

A essere nominato leader e volto “presentabile” del partito è Jean-Marie Le Pen, un ex parà impiegato nella guerra d’indipendenza d’Algeria – dove secondo diverse testimonianze si sarebbe macchiato di crimini quali la tortura – nonché ex deputato di Unione e fraternità francese (UFF), il braccio politico del poujadismo, un movimento anti-tasse e populista fondato da Pierre Poujade.

Come simbolo il Front National adotta una fiamma con il tricolore francese, ispirandosi palesemente a quello del Movimento Sociale Italiano (MSI)– il partito dell’estrema destra italiana che finanzia la prima campagna elettorale del FN, e con cui avrà sempre un rapporto privilegiato.

Il primo risultato elettorale del Front National è a dir poco catastrofico: alle elezioni legislative del 1973 la lista d’estrema destra prende appena lo 0,52 per cento dei voti. Il partito è ancora percepito come troppo estremo e troppo vicino al regime fantoccio nazista di Vichy.

La situazione cambia verso la fine degli anni Settanta, quando Duprat impone una nuova linea sul tema dell’immigrazione. «Vieta di colpo i riferimenti al razzismo [biologico], che possono provocare dei contraccolpi a livello d’immagine», spiega lo storico Nicolas Lebourg in un’intervista a Le Monde, «e dice che bisogna concentrarsi sulla questione sociale, cioè sui costi dell’immigrazione».

Grazie a questa svolta, il Front National aumenta i suoi consensi elezione dopo elezione, assestandosi sul 10 per cento a livello nazionale. La crescita è costante nonostante i vari scandali politici che colpiscono il partito, molti dei quali legati alle dichiarazioni antisemite, negazioniste dell’Olocausto e razziste di Jean-Marie Le Pen. Tra le varie, il presidente del FN ha definito le camere a gas un «dettaglio minore» della Seconda guerra mondiale, ha sostenuto che l’occupazione nazista della Francia non sia stata «particolarmente disumana» e detto che «le razze non sono tutte uguali».

Alle presidenziali del 2002, Le Pen riesce a sorpresa ad arrivare al ballottaggio contro il presidente uscente Jaques Chirac, leader del partito della destra neogollista Raggruppamento per la Repubblica. Lo choc è tale che i principali partiti francesi formano un «fronte repubblicano» per impedire al Front National di conquistare l’Eliseo. Al secondo turno Chirac viene eletto con l’82,21 per cento dei voti.

Nel 2011 il partito entra in una nuova fase. Marine Le Pen, avvocata e figlia terzogenita di Jean-Marie, viene eletta presidente del Front National e inaugura la strategia della «dédiabolisation», ossia «dediabolizzazione».

In sostanza, Le Pen cerca di ripulire l’immagine del partito dagli eccessi del passato, tagliando i ponti con le figure più controverse e le posizioni più estreme. Persino con il padre, che nel 2015 viene espulso dal partito dopo l’ennesimo commento negazionista. Nel 2018, dopo le presidenziali a cui Marine Le Pen perde al ballottaggio contro Emmanuel Macron, avviene un’altra svolta: il partito cambia il nome in Rassemblement National.

Le relazioni del Rassemblement National con le frange più radicali dell’estrema destra francese
Per il giornalista Christophe-Cécil Garnier – specializzato nell’estrema destra francese e intervistato da Facta ai margini di un evento elettorale a Parigi tenutosi il 26 giugno – la «dediabolizzazione» di Marine Le Pen ha funzionato bene dal lato elettorale, permettendo al partito di raggiungere fette di elettorato molte ampie che altrimenti non avrebbe mai raggiunto.

In questo senso, la nomina di Jordan Bardella a presidente del RN è «il punto d’arrivo» di questa strategia. «È un uomo giovane, che si presenta bene, ed è pure considerato attraente sui social network», continua il giornalista. «Jean-Marie Le Pen era un tribuno che attirava le persone, ma non di certo uno con cui potevi scambiare due chiacchiere amichevoli per strada».

Per il resto, la strategia è servita a «mettere sotto il tappeto tutto ciò che c’è di indifendibile» dentro e fuori il partito. Ma pur essendo stati progressivamente nascosti o sottaciuti, i legami tra il RN e le frange più radicali dell’estrema destra francese esistono ancora e sono ben saldi.

All’interno del partito c’è infatti spazio per quella che Garnier definisce una «nuova generazione» di militanti «neofascisti, monarchici e identitari», che spesso provengono da gruppuscoli disciolti dalle forze dell’ordine come il Gruppo di unione e difesa (GUD) o Generazione Identitaria.

Una di queste è Maylis de Cibon, assistente del deputato Philippe Schreck e membro del gruppo Luminis, che fa distribuzioni di cibo a Parigi per «soli bianchi». Un altro è Vianney Vonderscher, assistente che ha attaccato una manifestazione femminista a Parigi nel 2021 ed è stato ripreso a fare saluti romani a Torino insieme a un gruppo di neofascisti italiani. E un altro ancora è Bastien Holingue, portavoce dell’ex deputato di RN Laurent Jacobelli, che ha militato in Generazione Identitaria.

Secondo un’inchiesta di StreetPress, sono decine e decine i membri di gruppi di estrema destra che – in una veste o nell’altra – hanno a che fare con il Rassemblement National. «Queste persone lavorano a contatto con RN o comunque sono pronti a mettersi al servizio del partito», spiega Garnier. «Anche se il RN in teoria ha chiuso la porta, loro sanno che c’è comunque il modo di rientrare dalla finestra».

Come hanno poi rilevato diversi quotidiani – tra cui Libération, Mediapart e Basta! – nelle liste elettorali figurano diversi candidati con trascorsi estremisti, o che hanno espresso sui social opinioni razziste, islamofobe, omolesbobitransfobiche e antisemite.

Caroline Parmentier – che ha fatto parte dell’ufficio stampa di Marine Le Pen – ha definito l’aborto come un «genocidio» responsabile della morte di «200mila bambini francesi all’anno». Louis-Joseph Gannat Peche ha scritto su X una frase apertamente antisemita («ebreo che parla, bocca che mente»). Andrea Orabona è invece iscritto su Facebook a pagine che esaltano il maresciallo Pétain o diffondono contenuti suprematisti. Thierry Dussud ha elogiato l’Oas in un lungo post su Facebook pubblicato nel 2021, scrivendo frasi come «Oas per un giorno, Oas per sempre». Dal canto suo, Agnès Pageard ha invitato i suoi amici su Facebook a «rileggere Henry Coston», un intellettuale di estrema destra collaborazionista e «antisemita della prima ora» (come si era definito lui stesso).  

Il complottismo è una parte integrante della propaganda del Rassemblement National
Non mancano poi dichiarazioni complottiste, o che comunque rimandano a teorie del complotto su vari argomenti.

Il candidato René Lioret, ad esempio, ha scritto su X che «non tutti gli scienziati sono d’accordo con l’IPCC» (ossia il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite), suggerendo che l’attuale crisi climatica non è stata causata dalle attività umane – una posizione antiscientifica e negazionista. Prima di lui, altri esponenti del RN come Thomas Ménagé avevano espresso dubbi sui rapporti dell’IPCC, sostenendo falsamente che «tendono a esagerare la situazione».

Sempre sui social, Jonathan Rivière ha rilanciato la teoria infondata dell’11 settembre 2001 come inside job – un auto-attentato organizzato dalla Cia e dal governo statunitense – e addirittura quella del falso allunaggio. La candidata Corine Fougeron ha condiviso su Facebook un video complottista intitolato «La mafia massonica che controlla la Francia», in cui si afferma che il presidente Emmanuel Macron sarebbe «un emissario dei Rothschild» (la famiglia di origini ebraiche al centro di teorie antisemite da almeno due secoli) manipolato dalla «grande massoneria».

All’interno del Rassemblement National c’è spazio pure per il complottismo pandemico e sui vaccini. La candidata Ivanka Dimitrova ha paragonato l’obbligo di 11 vaccini per la prima infanzia – introdotto nel 2018 – ad una «violazione dell’autorità genitoriale e dei corpi dei bambini». Nel 2023, la stessa ha detto che «i pericoli del Covid sono stati esagerati» mentre quelli «legati all’immigrazione incontrollata sono stati minimizzati».

Nel 2022, la deputata Virginie Joron ha invitato all’Assemblea Nazionale due figure di riferimento del mondo antivaccinista: l’infettivologo Christian Perronne, che ha minimizzato l’impatto del Covid-19 e sostenuto falsamente che i vaccini siano del tutto inefficaci e la genetista Alexandra Henrion-Caude, che ha affermato che i vaccini a mRna si possono «integrare con il genoma umano», una teoria priva di fondamento.

Durante la fase più acuta della pandemia Jordan Bardella ha addirittura elogiato il microbiologo Didier Raoult –  responsabile di aver promosso rimedi inefficaci contro il Covid-19 come l’idrossiclorochina, nonché di aver diffuso numerose notizie false sulla pandemia – dicendo che «lui è per la medicina quello che noi siamo per la politica».

E in effetti, sottolinea Christophe-Cécil Garnier, il complottismo e la disinformazione «giocano un ruolo molto importante all’interno della propaganda del Rassemblement National, un partito che sfrutta qualsiasi elemento di disinformazione per perseguire i propri fini elettorali». In questo, puntualizza il giornalista, il partito è decisamente aiutato dall’emittente CNews, che è l’equivalente francese della statunitense Fox News. «L’accelerazione dell’estrema destra in Francia», precisa il giornalista, «è coincisa proprio con la crescita di CNews».

Quando il miliardario di destra Vincent Bollorè l’ha acquistata nel 2016, il canale si è completamente trasformato ed è diventato un amplificatore di discorsi xenofobi, complottisti e d’estrema destra. Stando a un’analisi di Mediapart, nell’ultimo anno le parole “immigrazione” e “Islam” sono comparse nelle trasmissioni di CNews 335 giorni su 365.«Questa copertura ossessiva ha dato spazio a diverse teorie del complotto come la “grande sostituzione”», sottolinea Garnier, contribuendo a sdoganarle e normalizzarle. E di questa normalizzazione delle tesi più estreme, per l’appunto, ne ha beneficiato soprattutto il Rassemblement National, che per la prima volta dalla sua fondazione potrebbe varcare le porte del potere.

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