La campagna razzista contro il referendum sulla cittadinanza
Di Leonardo Bianchi
Dopo una grande campagna di mobilitazione – svoltasi soprattutto online – il 24 settembre 2024 la proposta di indire un referendum sulla cittadinanza ha raggiunto le 500mila firme necessarie per sottoporre il quesito alla Corte Costituzionale.
Quest’ultimo punta a modificare l’articolo 9 della legge 91/1992 per ridurre da 10 a 5 gli anni di residenza legale necessari per chiedere la cittadinanza. Una volta ottenuta, questa potrebbe essere trasmessa ai figli minorenni. La proposta riguarderebbe circa 2,5 milioni di persone.
Attualmente, la legge sulla cittadinanza si basa sullo ius sanguinis ed è una delle più restrittive nei grandi Paesi in Europa: si può diventare italiani solo se si nasce da genitori che hanno la cittadinanza, attraverso il matrimonio, per naturalizzazione, oppure dopo un lungo e complicato iter burocratico.
Come ha spiegato il comitato promotore sul sito ufficiale, questo referendum cerca dunque di «allineare l’Italia ai maggiori Paesi europei che hanno già compreso come promuovere diritti, tutele e opportunità garantisca ricchezza e crescita per l’intero Paese».
Sul tema, ricorda la giornalista Annalisa Camilli su Internazionale, si dibatte intensamente almeno dal 1999, cioè dal primo tentativo di riformare la legge del 1992 che ha reso più complicato ottenere la cittadinanza. Da allora però tutte le proposte di legge in Parlamento si sono arenate, mentre il dibattito è stato spesso e volentieri contraddistinto dalla confusione terminologica – su tutte quella tra ius soli, ius culturae e ius scholae – e dalla disinformazione xenofoba.
La destra italiana, in particolare, ha sempre descritto la riforma della cittadinanza come un tentativo surrettizio di sdoganare l’immigrazione illegale e trasformare l’Italia nella «sala parto dell’Africa»; oppure l’hanno indebitamente collegata all’insicurezza e la criminalità urbana; o ancora, ne hanno parlato come un mezzo per annacquare e destrutturare «l’identità italiana» e quindi portare a termine la «sostituzione etnica».
Molte di queste argomentazioni – con toni ancora più estremi e violenti – sono ricomparse nel pomeriggio del 24 settembre su X, racchiuse nell’hashtag razzista #bastane*ri che è entrato in pochissimo tempo nelle tendenze, sospinto in primo luogo dagli account cosiddetti “mattonisti”.
Si tratta, come avevamo scritto in un apposito approfondimento, di un «collettivo nato su Twitter con l’intento di “rompere Internet”» che si organizza su Telegram «per mandare in tendenza alcuni hashtag prestabiliti» e sempre legati a temi cari all’estrema destra.
I “mattonisti” ricorrono ampiamente alla «post-ironia» – un atteggiamento mutuato dall’alt-right statunitense che mescola intenti seri e ironici, rendendo indistinguibile la differenza tra i due – e lo «shitposting», ossia la condivisione di meme provocatori e di bassa qualità.
L’obiettivo primario del collettivo è quello di essere rilanciati da politici e mezzi d’informazione, che interpretano erroneamente i loro contenuti come «espressioni di un sentimenti diffuso o comunque come un fenomeno nato spontaneamente».
Questo modus operandi caratterizza appieno l’hashtag #bastane*ri, dove messaggi apertamente razzisti sono presentati in chiave ironica attraverso l’utilizzo di meme, immagini generate con l’IA e mappe che dimostrerebbero come le popolazioni africane abbiano un quoziente intellettivo inferiore a quello delle popolazioni europee e statunitensi – un’argomentazione pseudoscientifica basata su metodologie e test inaffidabili che rientra nel filone del cosiddetto «realismo razziale».
Oltre a ciò, diversi post su X collegano il referendum ad aggressioni e violenze sessuali o paventano conseguenze catastrofiche sul piano fiscale o della sicurezza urbana.
Un utente, ad esempio, ha scritto che «dando la cittadinanza italiana ai nuovi arrivati, poi ci sono i ricongiumenti [sic] familiari, ed arrivano altre due milioni di persone che fanno saltare il sistema assistenziale, quindi l’Inps». A parte il fatto che il referendum non introdurrebbe lo ius soli e che i ricongiungimenti familiari non sono affatto automatici, le persone straniere residenti in Italia non «fanno saltare il sistema assistenziale»: al contrario, come aveva rilevato uno studio di Lavoce.info, «contribuiscono sostanzialmente alla tenuta […] del tessuto produttivo del paese [e] anche del suo sistema di protezione sociale».
Secondo l’attivista di estrema destra Francesca Totolo, nonché collaboratrice del giornale di CasaPound Il Primato Nazionale, il referendum sulla cittadinanza servirebbe inoltre a «nascondere il fallimento della società multiculturale e dei porti aperti» perché «se i criminali stranieri diventano “italiani” verranno completamente stravolte le statistiche sulla criminalità».
L’assunto di base è che gli «stranieri» – soprattutto quelli più giovani – siano ontologicamente e culturalmente portati a delinquere più degli «autoctoni» (i fattori primari sono invece la povertà e la marginalità sociale, causate anche dal non avere la cittadinanza), con il corollario che le «culture non assimilabili non si integreranno mai, nemmeno con la cittadinanza facile».
Tuttavia, il referendum non regalerebbe automaticamente la cittadinanza – e di sicuro non la regalerebbe ai «criminali». Sempre sul sito, il comitato promotore ricorda che «la concessione della cittadinanza non è un automatismo» e che restano invariati gli attuali requisiti, quali «la conoscenza della lingua italiana, il possesso negli ultimi anni di un consistente reddito, l’incensuratezza penale, l’ottemperanza agli obblighi tributari, l’assenza di cause ostative collegate alla sicurezza della Repubblica». Nonostante le palesi falsità e l’evidente essenza razzista dell’hashtag, a partire dall’uso della n-word, la piattaforma non ha preso alcun provvedimento; anzi, è rimasto saldamente tra le tendenze per più 48 ore. Ma del resto, X ormai è a tutti gli effetti il megafono dell’estrema destra globale – così come lo è il suo proprietario Elon Musk.