Domenica 1° dicembre, al 17esimo minuto della partita di Seria A maschile tra Fiorentina e Inter, il centrocampista viola Edoardo Bove ha perso coscienza. Mentre il gioco era fermo per un gol annullato all’Inter, Bove si è chinato per allacciarsi le scarpe e, dopo essersi rialzato e aver fatto pochi passi, si è accasciato a terra.
Attualmente il calciatore è ricoverato nel reparto di terapia intensiva all’ospedale Careggi di Firenze, dove è stato trasportato in ambulanza dopo essere stato soccorso in campo. Secondo quanto comunicato dalla Fiorentina, Bove è stato estubato la mattina successiva, il 2 dicembre, è lucido, risponde alle domande e «sono esclusi danni acuti a carico del sistema nervoso centrale e del sistema cardio respiratorio».
Quale sia stata la causa del malessere di Bove non è ancora chiaro. Una delle ipotesi di cui si è parlato in queste ore è l’attacco cardiaco causato dalla torsione di punta, una forma di tachicardia ventricolare (un ritmo cardiaco accelerato) ma solo gli esami medici approfonditi potranno stabilire una diagnosi certa.
Secondo alcuni giornali, comunque, a salvare la vita a Bove sarebbero stati due elementi in particolare: il defibrillatore, che sarebbe stato usato dai medici sull’ambulanza, e non in campo, e l’intervento del compagno di squadra Danilo Cataldi che ha messo la mano in bocca a Bove per spostargli la lingua ed evitare così il blocco delle vie aeree.
Ma le cose stanno davvero così? Gli esperti e le indicazioni di primo soccorso dicono espressivamente che mettere le mani in bocca a una persona in quelle condizioni non è una cosa da fare.
Contattata da Facta, Sara Nanni, dottoressa specializzata in medicina d’urgenza all’ospedale Santa Maria della Scaletta di Imola, ha spiegato che in caso di crisi epilettiche o di un arresto cardiaco, «le linee guida del primo soccorso dicono di mettere la persona su un lato, in posizione di sicurezza, con la testa lievemente sollevata e inclinata verso il suolo». «Ovviamente bisogna allertare i soccorsi», aggiunge Nanni, «ma non bisogna mai mettere le mani in bocca alla persona».
L’associazione italiana epilessia suggerisce di «non tentare di aprire la bocca» alla persona che sta avendo una crisi epilettica perché questa potrebbe avere l’istinto, anche se in maniera involontaria, di chiudere e serrare la mandibola, ferendo il soccorritore. Alla persona in crisi, invece, potrebbe comportare lussazioni mandibolari, fratture dentarie e dolori muscolari intensi. In caso di crisi, spiega il presidente della Fondazione LICE (Lega Italiana Contro l’Epilessia) Oriano Mecarelli, il respiro della persona si ristabilisce da solo non appena le scosse sono terminate.
Secondo le linee guida della Croce rossa italiana e del consiglio italiano ed europeo per la rianimazione cardiopolmonare (IRC ed ERC), se una persona perde coscienza e cade improvvisamente a terra, bisogna invece stenderla a pancia in su ed estendere all’indietro il suo capo (operazione denominata “iperestensione del capo”) per controllare se respira oppure no. Se respira, bisogna mettere la persona incosciente in posizione laterale, sempre con la testa estesa all’indietro, in attesa dei soccorsi medici. Nel caso in cui non respirasse, sempre dopo aver chiamato i soccorsi, è necessario esercitare il massaggio cardiaco, e utilizzare il defibrilattore (DAE) seguendo le istruzioni vocali e visive fornite dal DAE stesso.
Quindi, la manovra corretta che ogni individuo può eseguire sulla persona che ha perso coscienza, nel caso in cui non ci fossero i soccorsi sul posto, è l’iperestensione del capo, mentre non bisogna mai metterle le mani in bocca per spostarle la lingua.