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Asintomatici: che cosa sappiamo e che cosa deve ancora dirci la scienza

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21 ottobre 2020
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Dall’inizio della pandemia ad oggi, si è spesso sentito parlare degli asintomatici e del loro ruolo nella diffusione della pandemia da Covid-19. Nelle ultime settimane ne hanno parlato medici, esperti ed esponenti politici riportando, in alcuni casi, informazioni prive di fondamento e potenzialmente pericolose vista l’emergenza sanitaria in corso.

Il 23 settembre il dottor Giulio Tarro – già noto per affermazioni ambigue sul proprio curriculum e per altre uscite discutibili sulla Covid-19 (tra le altre cose, ha anche rilanciato la bufala per cui rischiamo di morire più per un asteroide che per la pandemia) – ha sostenuto sul proprio profilo Facebook che «le persone sane asintomatiche non possono essere considerate contagiose» e che «l’asintomatico non contagia perché ha una bassa carica virale». Il 14 ottobre Giorgio Palù, ex presidente della Società italiana ed europea di virologia, ha affermato  – come riportato da Adnkronos – che «ormai i dati ufficiali ci dicono che il 95 per cento dei positivi è asintomatico. Ciò rende del tutto irrazionale e non scientifico voler inseguire gli asintomatici puntando al contagio zero tramite i tamponi molecolari».

Il tema, come anticipato, ha poi coinvolto anche alcuni esponenti politici. Il 13 ottobre il presidente della Regione Veneto Luca Zaia ha detto che in Veneto «il 97 per cento dei positivi non ha sintomi». Il 18 ottobre Armando Siri (senatore della Lega) ha scritto sul suo profilo Facebook che gli asintomatici sarebbero «la quasi totalità» dei contagiati.

Ma che caratteristiche hanno gli asintomatici? Come sappiamo chi rientra in questa categoria? E che cosa ci dice la scienza a riguardo? I dati epidemiologici e scientifici sembrano raccontare una storia diversa rispetto ad uno scenario spesso narrato come rassicurante. Ecco che cosa sappiamo.

Chi è un asintomatico

L’Istituto superiore di sanità (Iss) a oggi definisce asintomatica «una persona trovata positiva al test per Sars-Cov-2 senza segni o sintomi apparenti di malattia». Una definizione piuttosto generica. Qualche indicazione più precisa si trova in altri documenti, ma non sempre in modo coerente.

Ad esempio, nell’indagine epidemiologica condotta dal 21 febbraio al 7 marzo 2020 sul comune di Vo’, in Veneto, (il primo focolaio italiano di Covid-19 insieme a Codogno) si definiva «sintomatica» la persona che avesse «richiesto ricovero ospedaliero e/o riportasse febbre (sì/no o una temperatura superiore a 37 gradi) e/o tosse e/o almeno due dei seguenti sintomi: mal di gola, mal di testa, diarrea, vomito, astenia, dolore muscolare, dolore alle articolazioni, perdita di gusto e olfatto, o difficoltà a respirare». Chi non aveva questi sintomi ma era positivo al tampone per il virus Sars-Cov-2 era quindi contato come asintomatico. D’altra parte le linee guida dell’Istituto superiore di sanità per l’automonitoraggio delle condizioni di salute per i soggetti in quarantena e isolamento domiciliare definivano, il 24 luglio 2020, sintomi o segni compatibili con la Covid-19 «anche lievi, in particolare febbre o almeno uno tra faringodinia, tosse, rinorrea/congestione nasale, difficoltà respiratoria, mialgie, anosmia/ageusia/disgeusia, diarrea, astenia».

Insomma, il modo in cui gli asintomatici sono definiti non è univoco e varia nei diversi studi e nei diversi contesti. Precisiamo poi che, al di là delle definizioni, non tutti gli asintomatici sono uguali e sviluppano l’infezione da Sars-Cov-2 con gli stessi tempi e modalità.

In generale, le persone infette dal nuovo coronavirus non presentano sintomi subito, ma se sviluppano sintomi più o meno rilevanti lo fanno dopo alcuni giorni. Ricordiamo infatti che il tempo di incubazione del Covid-19 è stimata in media sui 7,7 giorni e durante questo periodo tutti i contagiati sono definiti “presintomatici” dal momento che non si presentano sintomi. Solo gli asintomatici veri e propri, ovvero coloro che nonostante un’infezione da Sars-Cov-2 non sviluppano mai una sintomatologia rilevabile, rientrano poi anche successivamente nella categoria.

C’è poi il sospetto che in alcuni casi i cosiddetti asintomatici possano avere sintomi leggeri e non tipici, tali da non venire riportati o collegati all’infezione. È particolarmente preoccupante il fatto che anche i pazienti asintomatici possano in realtà riportare danni occulti: ci sono resoconti medici di danni polmonari riscontrati in pazienti asintomatici, e sembra che pazienti con scarsi o nessun sintomo possano comunque riscontrare danni al cuore.

Quanti sono gli asintomatici

I dati che abbiamo sui sintomi rilevati al momento del tampone non distinguono tra presintomatici e asintomatici. In Italia al momento della diagnosi oltre metà dei casi accertati (55,9 per cento al 13 ottobre, dati Iss) sono privi di sintomi, come hanno riportato i nostri colleghi di Pagella Politica. Si tratta di una percentuale analoga, per esempio, al 50 per cento circa dell’Inghilterra. Sono molti, ma certo non sono il 95 o 97 per cento come Zaia, Tarro e altri riportano.

La percentuale apparente di non sintomatici in Italia al momento del tampone era molto più bassa in primavera (intorno al 10 per cento a marzo 2020), ma è bene ricordare che all’inizio della pandemia venivano testati quasi esclusivamente casi sintomatici.

Oggi sappiamo che una percentuale significativa delle infezioni da Sars-Cov-2 resta asintomatica lungo tutto il suo corso. Il 22 settembre 2020 una meta-analisi – cioè uno studio che raccoglie e analizza insieme i risultati di numerosi studi individuali – pubblicata dalla rivista scientifica Plos Medicine ha preso in considerazione 79 studi sulla percentuale di asintomatici e presintomatici nelle infezioni da Sars-Cov-2, per un totale di 6.616 pazienti in tutto il mondo.

I campioni esaminati nei singoli studi mostrano una variabilità ampia di percentuali (dal 3 per cento ad oltre il 90 per cento) di asintomatici, con una stima complessiva media del 20 per cento, ovvero circa un infetto su cinque.

Una meta-analisi analoga, pubblicata sul sito di preprint medrXiv e non ancora sottoposta a peer review, arrivava a un valore confrontabile del 17 per cento, con una forbice tra 4 e 41 per cento. L’indagine sierologica del Ministero della Salute, conclusa il 27 luglio 2020, ha osservato un 27,3 per cento di sieropositivi al Sars-Cov-2 asintomatici, quindi in linea con i dati globali di cui sopra (nel comune di Vo’, in Veneto, oggetto dell’indagine epidemiologica guidata dal professor Andrea Crisanti, gli asintomatici rilevati erano addirittura il 42,5 per cento).

Inoltre, benché si dica spesso che i bambini sono prevalentemente asintomatici, la percentuale di asintomaticità nei bambini, secondo altre meta-analisi, è simile a quella degli adulti (18 per cento su 551 casi in questo studio che raccoglie dati da tutto il mondo; 16 per cento su 582 casi, invece, in questo studio su 25 Paesi europei).

In conclusione, più di metà delle persone testate per la positività a Sars-Cov-2 non mostra sintomi al momento della diagnosi, ma può svilupparli in seguito. Una minoranza significativa dei positivi, circa il 20 per cento, non sviluppa sintomi durante tutto il decorso dell’infezione ed è quindi asintomatico a tutti gli effetti.

Che ruolo hanno gli asintomatici nella diffusione della malattia

Ma è vero che gli asintomatici non contagiano? In realtà, la capacità di presintomatici e asintomatici di trasmettere l’infezione era già stata osservata a gennaio 2020, nei primissimi stadi della pandemia ed è stata dimostrata in seguito da vari studi (es. qui, qui, qui, qui).

Oggi sappiamo che la massima infettività coincide con il momento immediatamente precedente alla comparsa dei primi sintomi. Il ruolo degli individui non sintomatici (presintomatici e asintomatici) sembra, di conseguenza, fondamentale nell’espandersi della pandemia. Uno studio ha stimato che il 44 per cento delle infezioni deriva da individui presintomatici, un altro ha stimato una forbice dal 40 all’80 per cento.

Gli asintomatici veri e propri, ovvero che non presentano sintomi lungo tutto il decorso dell’infezione, sembrano meno importanti nella diffusione del contagio, anche se non ci sono ancora dati accertati. Una recente meta-analisi pubblicata sul sito di preprint medrXiv, prendendo in considerazione 19 studi su focolai infettivi, ha stimato una probabilità di infezione da contatto con asintomatici veri e propri al massimo del 2,8 per cento, contro una probabilità da 0,7 a 16,2 per cento per i presintomatici.

La carica virale dei presintomatici e asintomatici sembra essere simile a quella dei pazienti sintomatici e gli individui asintomatici sembrano mostrare una significativa risposta immunitaria, come suggerisce uno studio pubblicato su Cell a settembre 2020. La minore infettività degli asintomatici rispetto ai presintomatici potrebbe derivare quindi non da una carica virale minore, ma – come suggerito da un’altra meta-analisi – dal fatto che il loro sistema immunitario si sbarazza del virus più in fretta, e quindi sono contagiosi per un periodo di tempo inferiore.

In conclusione

Da inizio pandemia si è spesso parlato degli asintomatici e del ruolo che giocano nella diffusione del nuovo coronavirus Sars-Cov-2. Alcune personalità appartenenti al mondo medico e politico hanno dichiarato che gli asintomatici non sono contagiosi e che corrisponderebbero alla quasi totalità dei contagiati.

Ad oggi non è vero che la stragrande maggioranza degli infetti da Sars-Cov-2 è asintomatica: la maggior parte dei contagiati sviluppa, prima o poi, dei sintomi più o meno gravi. Precisiamo poi che gli studi dimostrano come anche coloro che non sviluppano sintomi possono subire, in alcuni casi, danni nascosti ai polmoni e al cuore. Quindi è scorretto dire che gli asintomatici siano automaticamente portatori sani e in minor pericolo rispetto agli altri.

Sembra poi che gli asintomatici veri e propri siano effettivamente meno contagiosi, ma non c’è modo di sapere se un individuo è veramente asintomatico se non a posteriori. Viceversa una persona priva di sintomi può sempre sviluppare la malattia ed è più contagiosa proprio poco prima che i sintomi compaiano. In generale quindi una persona positiva al Sars-Cov-2 ma priva di sintomi non è da considerarsi poco contagiosa né sana, ma deve osservare comunque un rigoroso isolamento.

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