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Non c’è stato alcun assalto alla sinagoga di Bologna

Come ha verificato la redazione di Facta sul posto, la frase “free Gaza” è stata scritta sul muro di un palazzo nella via parallela alla sinagoga

13 gennaio 2025
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La sera dell’11 gennaio 2025, a Bologna, alcuni collettivi di sinistra hanno organizzato una manifestazione per chiedere giustizia per Ramy Elgaml, il 19enne morto a Milano lo scorso 24 novembre in un inseguimento dei carabinieri. Durante il corteo spontaneo, partito da piazza San Francesco e arrivato in piazza Verdi, alcuni manifestanti hanno, tra le varie cose, ribaltato sedie e tavolini per strada, incendiato cassonetti, fatto esplodere petardi e bombe carta contro il commissariato di polizia in via del Pratello, e lanciato bottiglie, sassi e cassonetti contro gli agenti di polizia, che hanno risposto caricando sul corteo. Due persone sono state fermate e portate in questura. 

La mattina seguente, il sindaco della città Matteo Lepore ha scritto su Facebook che «non ci sono cause giuste per devastare Bologna», e ha espresso «particolare preoccupazione per gli atti vandalici e le minacce contro la Sinagoga di Bologna». In seguito, al Corriere della Sera ha specificato che «saranno le indagini a dire se sono stati episodi di antisemitismo».

Da lì, agenzie, articoli di giornale e altri personaggi pubblici e politici hanno accusato i manifestanti di aver «vandalizzato la sinagoga di Bologna», descrivendolo in alcuni casi come un attacco antisemita da parte dei manifestanti. 

L’ambasciatore d’Israele in Italia, Jonathan Peled, sul proprio profilo X ha espresso vicinanza e solidarietà alla comunità ebraica di Bologna, che ha subìto «degli attacchi compiuti contro la locale Sinagoga. Un grave attacco antisemita, che deve essere condannato con assoluta fermezza».

Il giornalista Gad Lerner inizialmente si era detto indignato per come «una manifestazione di solidarietà per il giovane Ramy sia stata usata a pretesto per assaltare la sinagoga di Bologna», anche se poi ha ammesso di «avere scritto d’impulso dopo che i giornali online avevano dato notizia di un assalto alla sinagoga che non c’è stato».

La redazione di Facta si è recata sul luogo per ricostruire i fatti e, se è vero che alcuni manifestanti hanno compiuto vari atti vandalici, non c’è stato alcun assalto alla sinagoga di Bologna. 

Le scritte sui muri e la sinagoga di Bologna

La base di queste accuse, infondate, nascono dalle foto di una scritta (“free Gaza”) su “un muro della sinagoga”, secondo le accuse. I manifestanti dunque non si sono limitati a chiedere giustizia per Ramy, ma anche per Gaza, che è sotto l’attacco israeliano dal 7 ottobre 2023, giorno in cui Hamas e altri gruppi armati palestinesi avevano attaccato Israele.

La sinagoga di Bologna si trova in via Mario Finzi 2, via in cui il corteo non è passato – come spiegato a Facta dai militari dell’esercito italiano che sorvegliano l’edificio – e in quella strada non compaiono scritte per Ramy o a favore della Palestina, né tantomeno formule antisemite.

Sinagoga di Bologna, in via Mario Finzi 2, e veicolo dell’esercito italiano che la sorveglia. Foto scattata il 13 gennaio 2025 della redazione di Facta.
Sinagoga di Bologna, via Mario Finzi 2. Foto scattata il 13 gennaio 2025 della redazione di Facta.

Come ha confermato a Repubblica anche Daniele De Paz, presidente della comunità ebraica di Bologna, «le sinagoghe di via Finzi non sono state toccate, non c’è stato nessun danno. Su questo voglio essere chiaro. La sinagoga non c’entra, l’ha innescata il sindaco questa cosa, e io mi sono impegnato tutta la mattina a cercare di chiarirla».

La scritta “free Gaza” si trova infatti nella via parallela alla sinagoga, ovvero via de’ Gombruti, dove alcuni manifestanti del corteo si sono scontrati con la polizia e dove, al civico 9, si trovano alcuni uffici della Comunità ebraica, in corrispondenza del retro della sinagoga. Sempre per De Paz, i manifestanti sarebbero passati in quella via e avrebbero «lasciato la loro firma sui muri», scrivendo anche «Palestina libera» perché «volevano lanciare quel segnale». Bologna «è l’unica città in Italia nella quale le proteste per Ramy hanno toccato anche la comunità ebraica», ha aggiunto il presidente della comunità ebraica di Bologna che, scrive il Post, non esclude di poter definire i danni come un attacco antisemita.

Mappa dei luoghi interessati, realizzata dalla redazione di Facta.

Gli uffici della sinagoga, che non sono riconoscibili da nessuna targa o indicazione ma la cui posizione è comunque rintracciabile online, non sono però stati imbrattati. «Se [i manifestanti] avessero toccato le proprietà della Sinagoga, noi saremmo intervenuti», ha raccontato a Facta un agente dell’esercito che sorveglia il palazzo in cui si trovano gli uffici, ma le mura toccate «non erano di nostra competenza». Gli edifici della sinagoga sono infatti costantemente sorvegliati da telecamere e da militari dell’esercito italiano.

Uffici della sinagoga di Bologna in via de’ Gombruti 9. Foto scattata il 13 gennaio 2025 della redazione di Facta.

Le frasi scritte dai manifestanti, infatti, sono state realizzate sì su via de’ Gombruti, ma a partire dall’incrocio con via Barberia e fino al civico 11, in particolare in concomitanza dell’incrocio su via Olanda e via S.Marcellino. Il claim “free Gaza” è proprio al civico 11, sotto la finestra della casa di riposo Emma Muratori.

Scritta “Nahel Ramy Justice” e “Free Gaza” sotto la finestra della casa di riposo Emma Muratori, al civico n.11 di via de’ Gombruti. Foto scattata il 13 gennaio 2025 della redazione di Facta.

Tra le scritte, oltre a chiedere giustizia per Ramy, viene ricordato anche Nahel Merzouk, un diciassettenne ucciso da un poliziotto durante un posto di blocco a Nanterre (un comune poco fuori Parigi) il 27 giugno 2023.

Scritte in ricordo di Nahel e Ramy sulle mura di palazzo Belloni, in via de' Gombruti 13. Foto scattata il 13 gennaio 2025 della redazione di Facta.

Il questore di Bologna, Antonio Sbordone, ha detto alla stampa che il passaggio nella via degli uffici della sinagoga «era finalizzato ad arrivare in questura, in quanto c’erano due fermati» e che «la manifestazione non era nata come anti-sionista o anti-ebraica, ma come anti-polizia».

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