Sono le parole di Isabella Tovaglieri, ricandidata dalla Lega alle elezioni europee che si terranno in Italia l’8 e il 9 giugno, nel collegio Nord-Ovest, dopo l’esperienza nell’europarlamento nella legislatura appena trascorsa. Tovaglieri, trentaseienne di Busto Arsizio (provincia di Varese), un passato di consigliera e assessora nel suo comune, è stata attiva in questi anni di rappresentante nelle istituzioni comunitarie soprattutto in tre commissioni: diritti delle donne ed uguaglianza di genere, mercato unico e, infine, industria, trasporti, ricerca ed energia, dove si è battuta per revisionare la direttiva “Case green” sull’efficientamento energetico delle abitazioni più inquinanti.
Ma è l’immigrazione il tema su cui la candidata sta insistendo maggiormente in campagna elettorale. Uno dei suoi format video prediletti è quello della visita ai mercati dei quartieri a più alto tasso di immigrazione. Nel 2019 si recò in quello di Molenbeek, a Bruxelles, dove sottolineò di sentirsi «ospite sgradita in casa mia»; quest’anno, invece, ha girato per i banchi del mercato di San Siro, a Milano, un quartiere che – dice – «è ormai popolato esclusivamente da stranieri e immigrati musulmani». Il refrain retorico è quello del piano inclinato: se non si fermerà il trend, l’islamizzazione, per ora contenuta ad aree circoscritte, arriverà fin sotto casa nostra e si estenderà a tutta l’Europa.
La crescita della popolazione musulmana nel continente, benché effettivamente più rapida rispetto a quella non musulmana, non sembra tuttavia andare nella fosca direzione indicata da Tovaglieri. Secondo una proiezione del Pew Research Center, nel 2050 le persone di religione islamica saranno comprese tra il 7,4 e il 14 per cento del totale a livello europeo, a seconda dell’impatto dei flussi migratori. Se si domanda, però, ai cittadini quanti credono che siano gli immigrati musulmani nei loro rispettivi Paesi, ecco che la percezione del senso comune si avvicina agli allarmi della leghista: per gli italiani, ammonterebbero già al 19 per cento della popolazione, una differenza del 14 per cento rispetto ai numeri reali.
È uno dei paradossi indagati dalla sociologia: se una situazione è percepita come reale, sarà reale nelle sue conseguenze. Tovaglieri si muove in questo abbaglio collettivo. Sul suo sito promuove una raccolta di firme contro l’islamizzazione e per la difesa dell’identità europea. Allo scopo sfrutta anche le tematiche femministe, ad esempio accusando le femministe di sinistra di tacere di fronte a un video TikTok con (appena) tremila like che propugna una visione retrograda della donna nella concezione dell’Islam radicale.
L’insieme di indizi isolati, come l’esposizione di luminarie a Londra per la celebrazione della fine del mese di Ramadan, concorrono, per Tovaglieri, a concretizzare la profezia di Oriana Fallaci: l’Eurabia. Citazioni dalle opere della giornalista compaiono più volte sui social dell’europarlamentare. «Il nemico c’è ed è già a casa nostra. Non ha intenzione di dialogare. È l’immigrazione, non il terrorismo, il cavallo di Troia che ha penetrato l’Occidente e trasformato l’Europa in ciò che io chiamo Eurabia», si legge su un carosello TikTok in cui Tovaglieri è ritratta con un libro di Fallaci in mano.
Ne La forza della ragione, del 2004, Oriana Fallaci scriveva che l’Eurabia era «un segreto di Stato, la più grossa congiura della Storia moderna. Il più squallido complotto che attraverso le truffe ideologiche, le sudicerie culturali, le prostituzioni morali, gli inganni, il nostro mondo abbia mai prodotto. […] L’Europa vendutasi come una sgualdrina ai sultani, ai califfi, ai visir, ai lanzichenecchi del nuovo Impero Ottomano». Fallaci non aveva inventato nulla, come da sua stessa ammissione: si era limitata a popolarizzare per il pubblico italiano un termine che, fino ad allora, era stato pressoché misconosciuto, persino per i lettori internazionali.
La parola “Eurabia” era stata già usata nel 2002 da un’autrice ebrea, nata in Egitto ma naturalizzata britannica, chiamata Gisèle Littman, ma conosciuta con lo pseudonimo di Bat Ye’or (figlia del Nilo). Quando, nel 2005, Bat Ye’or diede alle stampe la versione inglese del suo saggio monografico sull’Eurabia, il quotidiano israeliano Haaretz non esitò ad affibbiargli l’epiteto di “Protocolli dei Savi di Bruxelles”, una storpiatura del famigerato falso antisemita, I Protocolli dei Savi di Sion, che divenne architrave ideologico del partito nazista. La tesi di Bat Ye’or era, in effetti, niente meno che una teoria del complotto, come argomentano svariati studiosi. Sostiene che, durante la crisi petrolifera degli anni Settanta, le élite europee abbiano siglato un accordo con la Lega Araba per acquistare petrolio a basso costo in cambio di immigrati. Il patto sarebbe stato anche strategico per rafforzare l’Europa sullo scacchiere geopolitico contro Stati Uniti, Unione Sovietica e Israele.
Come molte teorie del complotto, anche quella dell’Eurabia distorce alcuni nuclei di verità. Nel 1967, ad esempio, il re del Belgio Baldovino stipulò un accordo con l’Arabia Saudita per ottenere un vantaggio competitivo nell’acquisto del greggio così da compensare la chiusura delle miniere di carbone. In cambio, ai sauditi fu concesso di istituire una grande moschea a Bruxelles e di installarvi i propri imam, predicatori formati nello Stato del Golfo secondo i precetti estremisti del wahhabismo. I lavoratori turchi e marocchini che, da qualche tempo, erano incoraggiati a entrare nel Paese come manodopera a basso costo avrebbero così avuto un luogo dove pregare. L’accordo fu catastrofico per il Belgio, perché – scriveva il quotidiano francese Libération pochi giorni prima degli attacchi di Parigi del 2015 – «per trent’anni, la Grande Moschea di Bruxelles è stata un rifugio attivo per i salafiti, offrendo terreno fertile perché la loro rete crescesse».
Tuttavia, nell’opera di Bat Ye’or non è il Belgio il nemico principale, ma la Francia del presidente Charles De Gaulle, che avrebbe impresso un’accelerazione al decadimento europeo da una società giudeo-cristiana a una sottomessa all’Islam. E qui la cornice del movente si perde, tanto che la concezione originaria del progetto euro-arabo viene addirittura fatta risalire a Hitler. Per l’antropologo norvegese Sindre Bangstad l’autrice fallisce nel dettagliare come «esattamente come questo risultato di influenza politica e sociale venga raggiunto da Stati postcoloniali strutturalmente e spesso finanziariamente deboli, che sono collegati in modi altamente ambigui alle popolazioni musulmane in Europa». Insomma, la cospirazione si sostanzierebbe nella stessa crescita demografica degli immigrati, eppure non è chiaro quale potere di contrattazione abbiano i loro Paesi di origine, peraltro spesso sprovvisti delle necessarie risorse energetiche.
A un certo punto, la teoria del complotto di Eurabia assunse una traiettoria inaspettata e si allineò, osserva il professore di scienze politiche islandese Eirikur Bergmann, a quella delle nuove destre neonazionaliste. Gli attentati di Al-Qaida negli Stati Uniti e in Europa e la crisi dei rifugiati alla metà degli anni Dieci fecero entrare nel mainstream politico le idee di Bat Ye’or. In un discorso tenuto durante il processo che, fra il 2010 e il 2011, lo vide imputato per incitazione all’odio e alla discriminazione razziale (e infine assolto), il leader del Partito della Libertà olandese Geert Wilders parlò di «élite multiculturali che stanno combattendo una guerra totale contro la loro popolazione. L’obiettivo è la continuazione dell’immigrazione di massa, con il risultato di un’Europa islamica – un’Europa senza libertà: Eurabia».
Mentre Bat Ye’or riceveva il plauso di un piccolo pezzo di mondo accademico, come lo storico di Oxford Niall Ferguson, nel frattempo, però, il suo testo s’inabissava negli anfratti internettiani della “contro-jihad”. È in uno di questi forum islamofobi che il terrorista norvegese e suprematista bianco Anders Breivik, responsabile dell’uccisione di settantasette persone a Oslo e sull’isola di Utøya nel 2011, venne a conoscenza della teoria del complotto. Nel suo manifesto della strage, 2083: Una dichiarazione europea di indipendenza, il termine Eurabia ricorreva addirittura 171 volte.
È uno spartiacque: da quel momento, Eurabia è una parola maledetta, inestricabilmente connessa all’estremismo di destra. Entra a far parte della galassia delle spesso intercambiabili teorie del complotto demografiche, come la «Grande Sostituzione» (o sostituzione etnica) e il genocidio bianco, cui i terroristi suprematisti, dagli Stati Uniti alla Nuova Zelanda, si appellano per legittimare omicidi di massa. Valga la pena evidenziare come il manifesto dell’attentatore alla moschea di Christchurch (51 morti), nel 2019, si intitolasse La Grande Sostituzione.
Purtroppo Isabella Tovaglieri, da noi contattata, ha deciso di non fornire un commento e non possiamo perciò sapere se sia al corrente del contesto storico in cui è maturata l’espressione Eurabia e dei tragici sviluppi cui ha portato dopo la pubblicazione dei libri di Oriana Fallaci. Similarmente, non sappiamo nemmeno se sia consapevole di richiamare sinistramente Le Grand Remplacement, il saggio del francese Renaud Camus che nel 2011 ha posto le basi, anche terminologiche, per la teoria della «Grande Sostituzione», quando, in un commento a una festa per il Ramadan in una piazza tedesca, avverte che «ci stanno rimpiazzando». In qualche modo, queste parole sono arrivate alle orecchie dell’europarlamentare. Su Instagram deplora la candidatura di Mimmo Lucano con la lista di Alleanza Verdi e Sinistra esprimendo la paura che «il suo progetto politico, che potremmo quasi definire di sostituzione etnica, possa approdare in Europa come risposta alla crisi demografica che il continente europeo sta vivendo. Dai banchi dell’estrema sinistra fino alla commissaria Johansson si auspica infatti un arrivo massiccio di migranti per garantire prosperità all’Unione Europea».
«Immigrazione o sostituzione?», si domanda Tovaglieri in una locandina contro l’Eurabia postata su X: anche a noi resterà il dubbio sul motivo per cui, parlando di immigrazione, sia opportuno riecheggiare una pericolosa teoria del complotto. Ed è di ieri la notizia, divulgata dalla stessa europarlamentare, di un’indagine giudiziaria a suo carico a seguito di una denuncia per diffamazione a mezzo stampa e per propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale, etnica e religiosa.
Credits foto di copertina: Rijksoverheid/Phil Nijhuis, CC0, via Wikimedia Commons ChriColo, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons (Fallaci di dominio pubblico)
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