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Il collettivo femminista di estrema destra che si sta facendo notare in Francia

Si chiamano Némésis, hanno ottimi agganci nel Rassemblement National e puntano tutto sulla disinformazione xenofoba

18 aprile 2025
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«Penso che esistano tre pericoli principali. L’immigrazione, l’islamizzazione dell’Occidente e la complicità dell’estrema sinistra» afferma Anais, portavoce del collettivo Némésis in un video postato su Instagram lo scorso 26 marzo. Le parole descrivono perfettamente le idee che formano Némésis (il nome viene da quello della dea greca della vendetta), collettivo francese che si definisce “femminista identitario”. Il gruppo, nato nel 2019 e coordinato da Alice Cordier, è diventato velocemente popolare e oggi rivendica 200 militanti. Le “femministe” del collettivo si ritrovano spesso (e sempre di più) al centro della stampa francese a causa delle loro tesi violente, delle loro azioni di grande impatto e, recentemente, anche del sostegno che è stato mostrato loro dall’attuale ministro dell’Interno francese Bruno Retailleau.   

Irruzione all’interno delle manifestazioni femministe (l’ultima lo scorso 8 marzo), attacchinaggio di poster razzisti e raduni con striscioni xenofobi e contro i partiti di sinistra: queste sono le azioni che scandiscono il ritmo del collettivo. Proprio a causa di queste azioni e delle tesi che le sostengono, il media indipendente francese StreetPress iscrive Némésis all’interno dei gruppi identitari di estrema destra e del “femonazionalismo”, la posizione che unisce un’ideologia nazionalista con tesi femministe, spesso basata su motivazioni xenofobe. Posizioni affini all’estrema destra, anti-immigrazione e xenofobe sono quindi i pilastri del femminismo di Némésis. 

Némésis: un femminismo identitario e di estrema destra

«Il programma del Rassemblement National è femminista», affermava nell’estate del 2024 Alice Cordier, riferendosi al partito di estrema destra di Marine Le Pen e Jordan Bardella. Per la presidente del collettivo, il Rassemblement National risponde ai bisogni delle donne perché affronta il problema dell’insicurezza, soprattutto nelle strade. Molte delle attiviste di Némésis sono legate o sono state legate in passato al RN. 

Solo per citarne alcune, Marie-Émilie Euphrasie è stata candidata RN alle legislative del 2022, mentre Clémence Le Saint e Nina Azamberti sono state assistenti parlamentari del deputato RN Romain Baubry. Per il collettivo francese, le vere femministe sono quindi di destra (o estrema destra), mentre la sinistra «odia le donne». È così che Némésis si distanzia da tutte quelle associazioni, gruppi e movimenti che sono generalmente riconosciute come femministe della quarta ondata e intersezionali, come Nous Toutes, il principale movimento femminista francese che raccoglie migliaia di attiviste in tutto il Paese. Némésis, al contrario, abbraccia un militantismo che definisce come “tradizionale”, diversamente dalle altre associazioni “neo-femministe”, che, secondo il gruppo, in realtà non difendono i diritti delle donne.  

Le militanti di Némésis hanno quindi ragione? Contrariamente ai partiti di sinistra, per Alice Cordier l’estrema destra francese si interessa davvero alle donne. Il RN include nel suo ultimo programma elettorale diverse proposte che riguardano le donne, in particolare in ambito familiare e sanitario. Nel programma si legge per esempio la proposta del riconoscimento dell‘endometriosi – una malattia ginecologica cronica – come patologia a lungo termine e quella di un’introduzione di una quota fiscale completa a partire dal secondo figlio (purché la famiglia in questione sia francese). Tuttavia nel programma mancano proposte importanti per la parità di genere, quali l’uguaglianza salariale, la lotta ai femminicidi e alle violenze di genere e la promozione della parità sui luoghi di lavoro, per citarne alcuni. 

Némésis prende poi di mira anche gli altri movimenti femministi, diffondendo informazioni fuorvianti sul loro conto (prima fra tutte l’associazione Nous Toutes), dicendo ad esempio che non si interesserebbero realmente ai diritti delle donne. Se si guarda a Nous Toutes, il gruppo porta avanti quotidianamente delle azioni femministe. Un esempio concreto risiede nel suo osservatorio sui femminicidi, attivo dal 2018, che tiene conto del numero di femminicidi avvenuti ogni anno in Francia (a metà aprile 2025 se ne contano già 41). 

Nous Toutes ha poi fatto pressioni pubbliche affinché la stampa e il governo iniziassero a parlare di “femminicidio” e a prendere azioni più concrete nel contrastare la violenza di genere. Questo ha fatto sì che i media abbiano iniziato a utilizzare il termine “femminicidio”, prima ignorato, mentre il governo, nel 2019, ha dichiarato la creazione di mille nuovi posti letto nei centri antiviolenza per donne che vivono in una situazione di violenza coniugale. Ma non solo. L’attivismo delle militanti di Nous Toutes e di altre associazioni femministe, a seguito della notizia del famoso processo di Gisèle Pelicot – che per anni è stata drogata dal marito e abusata sessualmente da oltre cinquanta di uomini – ha portato i deputati francesi a integrare la questione del consenso nella definizione penale di strupro, un concetto prima di allora assente.  

C’è un altro aspetto che caratterizza Némésis: l’identitarismo. Per le militanti francesi di destra, il femminismo del gruppo passa per la protezione e la valorizzazione della cultura europea. «Noi mettiamo l’accento sulla cultura europea perché protegge le donne», dice Sara, militante del collettivo, in un’intervista a RTS

Le parole riprendono quelle della presidente, Alice Cordier, che nel 2020 dichiarava: «come donne e femministe, il nostro ruolo oggi è quello di difendere i nostri uomini, i nostri maschi bianchi e di ripristinare l’immagine del comunitarismo tra le persone che vedono la Francia come la loro unica nazione e la cultura europea come la loro, una cultura che ha sempre messo le donne su un piedistallo». La frase di Cordier è chiara: il femminismo passa per una difesa dei valori europei e francesi e per la difesa degli uomini bianchi. Da queste dichiarazioni, il collettivo scivola velocemente verso tesi xenofobe e anti-immigrazione. 

Xenofobia e anti-immigrazione: i pilastri del collettivo

Il 9 gennaio 2025, la sindaca di Besançon, un comune nella parte orientale della Francia, ha annunciato di aver presentato una denuncia in seguito all’intrusione di tre membri del collettivo Némésis durante una cerimonia tenutasi l’8 gennaio. Le attiviste hanno srotolato uno striscione con la scritta «stupratori stranieri benvenuti» e hanno distribuito volantini con una foto della sindaca Anne Vignot, il suo nome e il testo «sostegno agli stupratori stranieri». 

Azioni mediatiche di questo tipo sono il principale modus operandi del gruppo. Nel 2023, per esempio, una cinquantina di attiviste si sono riunite davanti alla Basilica del Sacro Cuore di Parigi, metà in abito bianco e metà in hijab nero, dietro uno striscione che recitava: «Che tipo di civiltà volete?». I target di queste azioni sono sempre gli stessi: persone migranti o con background migratorio. 

«Fine dell’immigrazione di massa», «applicazione degli OQTF» (obbligo di lasciare il territorio francese) e «attuazione di misure efficaci contro l’insicurezza»: queste sono le parole d’ordine di Némésis. Secondo le “femministe” infatti i problemi legati all’insicurezza delle donne sarebbero principalmente dovuti all’immigrazione. 

In un post Instagram del collettivo, una militante elenca davanti alla telecamera una serie di dati: una donna su due in Francia ha già subito una violenza sessuale, c’è uno stupro o un tentativo di stupro ogni 2 minuti e mezzo o ancora il 94 per cento delle denunce per stupro finisce in un nulla di fatto. Tutte le informazioni sono confermate dagli osservatori di altre associazioni, dalle ricerche condotte dal governo o dai giornali. Il problema arriva nella seconda parte del video, quando la militante inizia a parlare del «tasso delle violenze sessuali legate all’immigrazione». 

L’attivista dice per esempio che «in Francia, gli stranieri rappresentano il 13 per cento delle accuse per violenza sessuale» e l’informazione è effettivamente confermata dal ministero dell’Interno. Ma ciò che l’attivista non dice è che questi dati non tengono conto delle violenze commesse all’interno della famiglia o della cerchia degli amici. I dati si focalizzano sui soli luoghi pubblici, tralasciando la sfera dell’intimo (che anche la stessa Némésis passa sotto silenzio), dove però si verificano il 26 per cento delle violenze sessuali che vengono denunciate (è anche importante sottolineare che le violenze subite all’interno della famiglia sono raramente riportate alla polizia). 

Le tesi di Némésis si basano su un concetto disinformativo fondamentale: l’idea che la Francia viva oggi un’immigrazione di massa. Tesi smentita dai dati secondo i quali nel 2024 la popolazione migrante in Francia corrispondeva a poco più del 13 per cento della popolazione, contro per esempio il 20 per cento della Germania. Su Polémia, sito identitario francese, Alice Cordier ha scritto che «le donne francesi, e più in generale quelle europee, sono più che mai vittime di questo flusso [migratorio], che si spiega con lo shock culturale dell’incontro tra gli uomini che nascondono le loro mogli dietro il velo, nel migliore dei casi, o che le opprimono, nel peggiore, e le donne francesi libere e rispettate». A questa sommersione, per la presidente di Némésis, c’è una soluzione: la re-migrazione, concetto di estrema destra che consiste nella deportazione forzata di immigrati (comprese le persone di seconda, terza o quarta generazione) non europei nei loro Paesi di origine.

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