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Il deepfake di Alessandro Barbero e le responsabilità della satira che usa l’IA

L’ultimo caso è quello di Luca Bottura, che ha diffuso un falso video dello storico in una modalità potenzialmente ingannevole

9 aprile 2025
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Sabato 5 aprile a Roma si è svolta una manifestazione indetta dal Movimento 5 Stelle contro il piano di riarmo europeo. Durante l’evento, diverse personalità pubbliche si sono succedute sul palco con un serie di interventi per sostenere le ragioni della protesta. Tra questi, c’era anche Alessandro Barbero. Lo storico, non essendo presente fisicamente all’evento di protesta, ha mandato un video trasmesso poi su di un maxischermo, in cui ha sostenuto che la nostra epoca, con il suo richiamo agli armamenti per proteggersi da nemici esterni, «assomiglia paurosamente» a quelli che hanno preceduto lo scoppio della prima guerra mondiale nel 1914.

La manifestazione ha ricevuto svariate critiche, con accuse di populismo, di non considerare ingenuamente la Russia come una minaccia militare per l’Europa e di non sostenere realmente la resistenza ucraina contro l’invasione del Paese avviata dal Cremlino. Lo stesso intervento di Barbero è stato contestato perché la sua ricostruzione degli anni che precedettero la prima guerra mondiale è stata ritenuta fuorviante e non basata su una ricostruzione storica fondata.

Due giorni dopo la manifestazione, Luca Bottura, giornalista e autore satirico, si è inserito in questo filone di critica, pubblicando sui propri canali social un deepfake del videomessaggio trasmesso alla manifestazione dei 5 Stelle. Nel video, alterato digitalmente, l’intervento di Barbero è stato totalmente modificato: in questo caso lo storico fornisce una ricostruzione dell’origine della guerra russa contro l’Ucraina, affermando che quella in atto non è solo una guerra tra i due Paesi, ma un conflitto che ha rimesso in discussione il principio ormai consolidato che i confini in Europa non si cambiano con la forza, come invece sta cercando di fare il Cremlino. Bottura ha lanciato il video con questo commento: «Un Barbero da sogno sulla guerra in Ucraina. Parole sante».

Il video falso dura 3:58 e solo alla fine, al minuto 3:44, compare la scritta «Ovviamente tutto ciò è frutto dell’intelligenza artificiale». Prima non compare nessuno tipo di avviso o watermark che indichi in maniera esplicita che si tratta di un deepfake. L’unico elemento che una persona che osserva il video con più attenzione può notare è il movimento delle labbra, che a volte non corrisponde completamente alle parole pronunciate. Ma questo particolare non scongiura la possibilità che un video simile, pubblicato in questo modo sui social media, possa finire per essere creduto reale. E ciò nonostante la volontà satirica del suo autore.

Sotto al video fake sono infatti comparsi numerosi commenti che criticano Bottura perché questa modalità può ingannare le persone. Ed è proprio quello che è capitato.

Screenshot di alcuni commenti sotto il deepfake di Luca Bottura pubblicato da Luca Bottura

Lo stesso Bottura è dovuto intervenire sotto al video per spiegare a chi lo aveva creduto reale di guardarlo fino in fondo, così da poter capire che fosse un contenuto creato con l’intelligenza artificiale.  

Screenshot di uno scambio tra Luca Bottura e un utente sotto al deepfake di Barbero

Non è la prima volta che una dinamica simile accade. In precedenza su Facta ci siamo occupati di diverse notizie inventate a scopo satirico sempre da Luca Bottura che sono finite fuori dal loro contesto originario (cioè i suoi profili social) e credute vere. Ad esempio, recentemente l’autore ha realizzato un falso editoriale del direttore del Foglio, Claudio Cerasa, per fargli dire che, coerentemente con la linea editoriale liberale del suo giornale, avrebbe annunciato di rinunciare ai finanziamenti pubblici. 

Anni fa, nel 2021, aveva invece diffuso sul suo profilo X un falso tweet di Giorgia Meloni in cui la leader del partito di estrema destra Fratelli d’Italia, in occasione del 25 aprile, festa della Liberazione, ringraziava «gli Alleati e i Partigiani che liberarono la nostra Patria dal Nazifascismo». Lo stesso Bottura aveva poi commentato i risultati della viralità del falso tweet, scrivendo «Gentile Giorgia, lo confesso: sono stato io. Mi sono inventato un suo tweet in cui diceva parole di buonsenso su democrazia e Resistenza, e ho voluto provare l’effetto che faceva». La stessa dinamica si è ripetuta nel 2024 con un falso tweet  di condanna dei saluti romani durante la commemorazione di Acca Larenzia da parte della presidente del Consiglio Meloni, realizzato sempre da Bottura.

Come si è visto, questa tipologia di critica satirica, che utilizza le stesse tecniche della disinformazione ma con finalità differenti, ha tra le conseguenze anche quella di creare molta confusione e di far circolare contenuti che inquinano il dibattito pubblico sui social media e non solo. Ecco perché in questi casi, per evitare simili ripercussioni negative, potrebbe essere utile ripensare le modalità di realizzazione di questi post satirici sui social media – dove esistono contenuti di differente natura e la sempre più veloce consumazione di informazioni la fa da padrone – e salvaguardare così l’intento originario, cioè criticare e far ragionare le persone. Soprattutto in un’epoca in cui distinguere il vero dal falso diventa sempre più difficile.  

Ad esempio si sarebbe potuto inserire nel deepfake di Barbero un disclaimer all’inizio del video, così che gli utenti potessero essere prontamente informati della tipologia del contenuto ancor prima di fruirne. In ambito giornalistico questa modalità è ad esempio utilizzata per contenuti di altro tipo, come quelli che contengono scene violente o cruente. 

Si sarebbe anche potuto inserire un watermark in filigrana per tutta la durata del filmato, una modalità che la redazione di Facta utilizza nelle sue antibufale per non ampliare il pubblico potenziale dei contenuti disinformativi. A tal proposito, nei giorni scorsi giorni l’account satirico “Il grande flagello” ha pubblicato su X una foto creata con l’intelligenza artificiale del presidente del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte insieme alla tiktoker Rita De Crescenzo, presente il 5 aprile proprio alla già citata manifestazione romana, con in sovrimpressione il nome della propria pagina. Ciò non ha impedito che la foto falsa fosse utilizzata per alimentare disinformazione, poiché sono iniziate a circolare versioni tagliate e prive del watermark, ma ne ha certamente ridotto la portata disinformativa. Questo perché il watermark può comunque essere un deterrente – chiarendo immediatamente l’intento del post – e un disincentivo per chi lo vuole utilizzare in maniera ingannevole, costringendo i malintenzionati a un successivo lavoro di modifica.

L’ultima strategia da adottare per ridurre al minimo il rischio di favorire la circolazione di disinformazione è quella di esplicitare immediatamente la natura satirica del filmato, a partire dal post testuale che lo accompagna. A tal proposito vale una delle più antiche leggi di Internet, la cosiddetta “Legge di Poe”, che afferma come in un testo scritto per il web sia arduo realizzare una parodia, poiché sia la parodia che l’oggetto della stessa rischiano di essere confusi l’uno con l’altro. L’unico modo per distinguerle, afferma l’enunciato, è quella di inserire un elemento che ne indichi chiaramente ed esplicitamente la natura ironica, come una faccina. Nel caso di Bottura, l’hashtag #AI o #satira sarebbe certamente stato utile.

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