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Twitter e il “fact-checking” di parte sulla donna trans picchiata dalla polizia

Alcuni aspetti della violenta azione di polizia avvenuta a Milano sono ancora poco chiari, ma la piattaforma di Musk ha scelto di fornire ai suoi utenti la versione degli agenti

26 maggio 2023
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Il 24 maggio 2023 è circolato molto sui social media un video di 45 secondi, che ritrae una violenta azione di polizia ai danni di una donna disarmata e immobilizzata, circondata da quattro agenti della polizia locale e colpita con il manganello da uno di questi. Secondo le prime informazioni giunte dopo la diffusione del video, la scena si sarebbe svolta nei pressi dell’Università Bocconi di Milano e la vittima del pestaggio sarebbe una donna trans di origine brasiliana.

Al momento la dinamica della vicenda è ancora poco chiara, a causa di versioni discordanti su come si sarebbero svolti i fatti. Ma a partire dalla mattina del 26 maggio Twitter ha deciso di accompagnare il filmato con un messaggio in inglese, che tradotto in italiano recita: «Questo incidente è avvenuto a Milano, in Italia, il 24 maggio. L’individuo transgender immobilizzato dalla polizia era stato segnalato dopo aver mostrato il pene ad alcuni studenti e aver minacciato di infettare le persone con l’HIV. Questo ha poi tentato violentemente di eludere l’arresto».

Ma che cosa sappiamo realmente della vicenda che ha portato all’azione di polizia? E che cosa giustifica la netta presa di posizione comparsa su Twitter? Abbiamo deciso di mettere insieme i fatti e di confrontare le versioni, nel tentativo di verificare l’attendibilità del messaggio.

Che cosa sappiamo sul caso 
A oggi sono state pubblicate varie ricostruzioni su quanto avvenuto a Milano, insieme a testimonianze e dettagli sull’accaduto che, però, non permettono ancora di avere una versione definitiva della vicenda. In sintesi esistono due versioni dei fatti: quella raccontata dalla stessa donna picchiata e quella diffusa dal sindacato di polizia Siulp, basata sul rapporto di servizio degli agenti e inizialmente confermata dall’assessore alla sicurezza del Comune di Milano Marco Granelli, ma subito dopo smentita dalla procura della stessa città.

Secondo la versione riportata da Granelli in un post pubblicato su Facebook, nei pressi delle scuole nell’area del parco Trotter gli agenti della polizia locale «hanno ricevuto una richiesta di aiuto da alcuni genitori perché una persona mostrava atteggiamenti molesti nei confronti dei presenti». Sempre secondo l’assessore, una volta salita nella macchina della polizia per essere trasportata all’ufficio della polizia locale, questa persona sarebbe riuscita a fuggire, provocando poi la violenta azione di fermo mostrata nel video. Questo, secondo Granelli, avrebbe giustificato l’intervento della polizia locale.

Premesso che nessuno di questi comportamenti giustificherebbe la reazione degli agenti, è importante precisare che la versione riportata da Granelli è stata successivamente smentita dalla procura di Milano. Come riferito da Federica Sciarelli nella puntata di mercoledì 24 maggio 2023 del programma Chi l’ha visto? (dal minuto 00:55:36), infatti, la procura ha confermato che l’intervento della polizia nella zona di parco Trotter era dovuto solo a «schiamazzi».

Quanto raccontato dalla polizia e dall’assessore non combacia nemmeno con la versione che la donna vittima dell’aggressione ha riportato in un’intervista al Corriere della Sera. Qui la donna ha affermato di non essersi spogliata e di non aver «dato fastidio a nessun bambino» anche perché «non c’erano bambini». La donna ha poi spiegato il motivo dell’intervento della polizia locale, raccontando: «Ero agitata, è vero. Stavo litigando con cinque peruviani ubriachi che mi stavano insultando». Nell’intervista rilasciata alla testata, la donna ha raccontato di essere stata messa in auto, dove ha iniziato a lamentarsi e gli agenti le dicevano di stare zitta. A quel punto, ha aggiunto la donna, «ho dato testate contro il plexiglas. E quello che era il capo ha detto di fermare l’auto: “Adesso gli diamo delle botte”. Ha cercato di prendermi per i capelli per farmi scendere ma io l’ho spinto via e sono scappata. Ho provato a nascondermi in un’aiuola ma mi hanno trovata». In quel momento è iniziata la violenza mostrata nel filmato circolato sui social.

A confermare il fatto che la donna non stesse importunando dei bambini sono arrivate anche le testimonianze di Francesco Muraro, preside della scuola di via Giacosa, l’Istituto Comprensivo Statale “Francesco Cappelli” a la Repubblica e di alcuni genitori, contattati da Fanpage. Entrambe le parti hanno confermato che nessuno ha riferito di molestie e disturbi davanti alla scuola quella mattina e che non è stato l’istituto a chiedere l’intervento degli agenti.

Ora la donna ha 90 giorni di tempo per sporgere denuncia, altrimenti la procura di Milano sarà costretta a chiudere le indagini per improcedibilità, trattandosi di un reato non più perseguibile d’ufficio ma solamente con querela, in virtù delle modifiche apportate dalla cosiddetta “riforma Cartabia”, entrata in vigore alla fine del 2022. Un atto, quello di denunciare, non semplice vista la discriminazione a cui è sottoposta la donna sia a causa della provenienza sia per la sua appartenenza alla comunità trans.

Nonostante non esista ancora una versione ufficiale, è importante precisare è che il fatto riguarda un’azione brutale e violenta nei confronti di una persona che in quel momento era inerme e non opponeva resistenza e che appartiene a una comunità di persone, cioè le persone trans, che troppo spesso sono ancora oggetto di disinformazione che provoca discriminazione e abusi.

Disinformazione che genera discriminazione
Le idee negative sulle persone trans sono spesso radicate in miti, stereotipi e disinformazione che contribuiscono a perpetrare una situazione di discriminazione continua e violazione dei diritti civili delle persone che appartengono a questa comunità.

Una delle narrazioni più diffuse è che essere persone trans sarebbe sintomo di disturbi psichici e questa narrazione viene spesso alimentata anche dalle istituzioni, come è accaduto per esempio nel 2022 quando le persone trans sono state escluse dal concorso per agenti allievi di polizia perché considerate persone malate, anche se poi il ministero dell’Interno ha precisato che si era trattato di un errore.

Si tratta, in ogni caso, di una notizia infondata. Nel 2018 l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha, dopo molte battaglie di persone che appartengono a questa comunità, eliminato l’incongruenza di genere dalla categoria dei disordini mentali dell’International classification of diseases (Icd), aggiungendo che «è ormai chiaro che non si tratti di una malattia mentale e classificarla come tale può causare una enorme stigmatizzazione per le persone transgender».

Questa, insieme ad altri falsi miti che faticano ad essere eradicati, contribuiscono alla discriminazione che, in alcuni casi come quello descritto sopra, porta a episodi di violenza e brutalità.

L’intervento di Twitter
Come abbiamo visto, dunque, la versione dei fatti contenuta nell’avviso di Twitter è quella fornita dal sindacato di Polizia e che in un primo momento era stata riportata anche da alcuni mezzi d’informazione. Questa ricostruzione è quindi espressione di una sola delle due parti coinvolte nell’aggressione ed è già stata smentita dalla procura di Milano. Com’è possibile, allora, che sia stata scelta per contestualizzare il video di una violenza?

Per comprenderlo bisogna fare un passo indietro e fare la conoscenza di uno strumento lanciato da Twitter nel 2021 con il nome di Birdwatch e ribattezzato Community notes l’anno seguente, dal nuovo proprietario Elon Musk. Si tratta di una sorta di fact-checking dal basso che si regge sulla collaborazione degli utenti iscritti alla piattaforma e che consente ad alcuni di questi di aggiungere un contesto ai tweet che considerano fuorvianti. Successivamente gli utenti di Twitter potranno valutare l’utilità del commento e far sì che questo compaia come avviso in calce al tweet.

Quella che accompagna il video di Milano è dunque una nota della comunità di Twitter e non un contenuto aggiunto dalla piattaforma. Come per tutte le Community notes, non è possibile risalire al nome dell’autore, ma i link utilizzati per avvalorare la tesi possono fornirci qualche utile indizio in tal senso. Oltre a un articolo del Giorno e a un servizio del Tg La7  che avevano riportato la versione iniziale degli agenti, la nota rimanda anche a un articolo in inglese pubblicato il 25 maggio dal sito web Reduxx.info, intitolato “ITALIA: uomo che si identifica come trans arrestato dopo essersi spogliato davanti a una scuola, minacciando persone con l’HIV”.

Reduxx si presenta come un sito web «veramente pro-donna e pro-protezione dei bambini» che fornisce «notizie e opinioni di alta qualità sulle storie che i media mainstream ignorano». Visitando il sito si comprende però che tutti gli articoli sono scritti con l’intento di squalificare la causa della comunità transgender e la stessa autrice dell’articolo di presenta su Twitter come coordinatrice della «Alleanza LGB», gruppo che combatte per i diritti di lesbiche, gay e bisessuali ma che combatte quella che definisce «l’attenzione sproporzionata» riservata all’identità transgender nelle scuole.Il sito rappresenta dunque la voce di un femminismo radicale trans-escludente, le cui esponenti sono comunemente definite Terf (Trans exclusionary radical feminists), benché tale acronimo sia apertamente rifiutato dalle appartenenti a tale comunità. La storia di Milano ha infatti avuto un’ampiaeco nelle cerchie trans-escludenti del Twitter in lingua inglese e non si può escludere che dietro la nota e la sua positiva valutazione da parte degli utenti si nasconda in realtà un’azione coordinata di questi gruppi.

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