Logo

I giovani maschi si stanno radicalizzando ovunque

Dalla Germania alla Corea del Sud, gli under 30 stanno alimentando la crescita di leader e partiti di estrema destra

28 febbraio 2025
Condividi

Le ultime elezioni politiche in Germania, svoltesi lo scorso 23 febbraio, hanno confermato una tendenza in atto da tempo: la radicalizzazione a destra dei giovani maschi.

Secondo una rilevazione dell’istituto demoscopico tedesco Infratest dimap, il 27 per cento delle persone di sesso maschile tra i 18 e i 24 anni ha votato per il partito di estrema destra Alternative für Deutschland (AfD), rendendolo così la prima formazione politica presso quella fascia d’età.

Questo risultato è in linea con altri sondaggi effettuati di recente. Alle elezioni europee del giugno 2024, stando a DW, il 16 per cento degli under 25 tedeschi ha votato AfD – un incremento di ben 11 punti percentuali rispetto alle europee del 2019, quando il partito si era fermato al 5 per cento.

Alle elezioni statali nel Land orientale della Turingia del primo settembre del 2024, il 36 per cento degli under 30 ha votato AfD secondo un sondaggio fatto per l’emittente pubblico ZDF. In Sassonia, un altro Land nella Germania orientale dove si sono svolte le elezioni (sempre il primo settembre), AfD è stato votato dal 31 per cento dei giovani under 30. Numeri simili sono stati registrati anche nei sondaggi elettorali nel Land del Brandeburgo, dove si è votato il 22 settembre del 2024 e il partito è stato scelto dal 32 per cento degli under 25.

La svolta a destra dei giovani – ribattezzata Rechtsruck dalla stampa tedesca – non si limita alla Germania, ovviamente. Come ha riportato un articolo di Politico di maggio del 2024, la crescita dei partiti di estrema destra in diversi Paesi europei è alimentata dai giovani elettori.

In Francia, ad esempio, un sondaggio di Ifop ha rilevato che il 32 per cento degli under 25 sceglie il Rassemblement National. In Belgio la stessa percentuale (il 31,8) vota per il Vlaams Belang, mentre in Finlandia il 33 per cento opta per il partito dei Finlandesi. Nel Regno Unito, il Reform UK è dato al 30 per cento da un sondaggio di YouGov.

Le elezioni presidenziali negli Stati Uniti dello scorso novembre hanno ulteriormente confermato questo trend: secondo un’analisi del Center for Information & Research on Civic Learning and Engagement (CIRCLE), Donald Trump è stato votato dal 56 per cento dei giovani maschi under 30; una percentuale che sale al 63 per cento tra i giovani maschi bianchi.

In generale, come già aveva sottolineato a gennaio del 2024 il giornalista John Burn-Murdoch sul Financial Times, in tutto l’Occidente – nonché in Paesi asiatici come la Cina e la Corea del Sud – si è aperto un netto divario ideologico di genere: i maschi della generazione Z sono più conservatori delle femmine della stessa età, e in generale sono più a destra delle generazioni precedenti.

Il declino economico e il backlash anti-femminista

Una delle possibili spiegazioni sta nella contingenza economica degli ultimi anni. Secondo uno studio del 2023, riferito agli Stati Uniti e realizzato da alcuni economisti dell’Università di Harvard, le persone che crescono in un contesto di crescita debole (o stagnante) e ridotta mobilità sociale tendono a «percepire il mondo come un gioco a somma zero, in cui il guadagno di una persona avviene a spese di qualcun altro».

A tal proposito, in un altro articolo pubblicato nel dicembre del 2024 sul Financial Times, Burn-Murdoch scrive che «pochi gruppi hanno sperimentato un tale declino come i giovani maschi, il cui status socio-economico relativo è in costante peggioramento in tutto l’Occidente». Di conseguenza, tendono a votare maggiormente per partiti percepiti come «anti-establishment» (non necessariamente di destra).

Negli Stati Uniti, inoltre, gli uomini si stanno laureando meno delle donne; e questo impatta negativamente sulle loro competenze e la loro spendibilità in un mercato del lavoro estremamente competitivo ed esigente.

Un’altra causa dello spostamento a destra è stata individuata da diversi studi nel backlash – ossia nella reazione – al #MeToo, alle battaglie politiche per una maggiore uguaglianza di genere e alla quarta ondata del movimento femminista.

Alice Evans, docente di scienze sociali al King’s College di Londra e autrice della newsletter The Great Gender Divergence, ha spiegato al Guardian che «tra i giovani uomini aumenta la preoccupazione che i programmi di diversità, equità e inclusione siano andati troppo in là» e che «l’avanzamento dei diritti delle donne avvenga a scapito dei maschi».

Un rapporto del 2023 del Survey Center on America Life, un progetto del think tank American Enterprise Institute, ha rilevato che il 45 per cento dei giovani maschi statunitensi under 30 sostiene di essere «discriminato», mentre solo il 43 per cento si definisce «femminista» – una percentuale molto più bassa rispetto alla generazione precedente dei Millennial, e più in linea con la Gen X e i Baby Boomer.

Da diverse indagini demoscopiche emerge poi un quadro di grande isolamento sociale. Stando a un sondaggio del Pew Research Center del febbraio del 2023, il 63 per cento degli uomini under 30 statunitensi non è in una relazione affettiva.

Il sondaggio American Perspectives Survey del 2021, realizzato dal Survey Center on America Life, ha rilevato che il 12 per cento non ha amici; nel 1990 la percentuale era appena del 3 per cento. Anche nel Regno Unito la Movember Foundation ha registrato cifre simili nel 2018: il 27 per cento degli uomini dice di avere pochissimi amici, o di non averne affatto.

Altri studi, condotti negli Stati Uniti, rilevano che buona parte dei giovani maschi si sente sola, in crisi d’identità, senza prospettiva verso il futuro e senza punti di riferimento.

Questi sentimenti negativi sono stati esacerbati dalla pandemia di Covid-19, che secondo un’analisi della London School of Economics (effettuata sui dati di 142 Paesi) ha eroso la fiducia degli under 25 nelle autorità scientifiche e politiche.

La frammentazione dei media e i news influencer

Al tempo stesso, i maschi della generazione Z nutrono una profonda sfiducia nei confronti dei partiti tradizionali e dei media mainstream.

Questo vuoto è colmato in misura sempre maggiore dalle piattaforme, che sono diventate lo strumento principale con cui si informano le fasce più giovani della popolazione. Stando al sondaggio Eurobarometro sui giovani condotto nel 2024 dal Parlamento europeo, il 42 per cento degli under 30 utilizza i social network per ricavare notizie e opinioni politiche; la televisione si ferma invece al 39 per cento.

Non a caso, negli ultimi anni i partiti di estrema destra hanno investito parecchie risorse comunicative e propagandistiche sui social per catturare l’elettorato giovanile. Sia il Rassemblement National (RN) che Alternative für Deutschland, ad esempio, sono molto presenti su TikTok.

Il presidente del RN Jordan Bardella è seguito da oltre due milioni di persone sulla piattaforma di ByteDance. Facilitato dall’età anagrafica (ha 29 anni) il politico si presenta ai giovani come una persona divertente, “uno di loro” che gioca ai videogiochi, beve pastis (un aperitivo alcolico tipico della Francia) e mangia caramelle per sfidare l’ansia.

Come ha ricostruito lo studio “Right-wing populist communication of the party AfD on TikTok”, AfD «utilizza strategicamente TikTok per minare la fiducia nelle istituzioni e rafforzare la propria credibilità, convogliando la frustrazione e l’insoddisfazione [nei confronti del governo federale tedesco] e offrendo ai giovani un’alternativa semplice».

Secondo un altro studio condotto dal Centro Educativo “Anne Frank” di Francoforte, sempre su TikTok gli esponenti di AfD si sono creati un’immagine pubblica «parallela» rispetto a quella raccontata dai media tradizionali.

Sulla piattaforma di ByteDance non appaiono infatti come estremisti antidemocratici – designati come tali dall’Ufficio federale per la protezione della Costituzione – che si incontrano di nascosto con esponenti neonazisti per discutere piani di «remigrazione» di migranti e cittadini tedeschi «non assimilati», né tanto meno come politici che riabilitano le SS naziste. Al contrario: i membri del partito si presentano come persone comuni e genuinamente interessate ai problemi dei giovani, che promettono di risolvere una volta al potere.

Passando agli Stati Uniti, un rapporto del Pew Research Center di novembre del 2024 ha rilevato che quasi il 40 per cento delle persone under 30 si informa tramite i news influencer. Quest’ultimi sono in larga parte uomini e si collocano a destra nello spettro ideologico. L’unica piattaforma in cui la maggior parte dei news influencer hanno un orientamento progressista è TikTok.

Alle ultime elezioni statunitensi, come avevamo spiegato in questo articolo, gli influencer conservatori e i podcaster alla Joe Rogan hanno ricoperto un ruolo importante nella strategia propagandistica trumpiana.

Nei mesi finali della campagna, infatti, Trump è stato ospite in decine di podcast seguiti da milioni di persone e gestiti da creator rigorosamente maschi e bianchi, nel tentativo (poi riuscito) di catturare il loro pubblico composto in larghissima parte da giovani uomini.

Tutti questi canali sono imbevuti della «bro culture» (dove «bro» è il diminutivo di «brother», fratello), una sottocultura contraddistinta da una forma da una forma di complicità tossica che sfocia in atteggiamenti ipermaschilisti, reazionari e transmisogini. Negli ultimi anni il termine è stato utilizzato per descrivere comunità di giovani maschi fissati con la palestra e gli steroidi (i gym bro), la tecnologia e l’informatica (i tech bro), oppure le criptovalute (i crypto bro).

Il ruolo della «maschiosfera» nella radicalizzazione dei giovani maschi

Oltre ai podcast bro c’è la cosiddetta manosphere (traducibile come «maschiosfera» in italiano), una rete informale composta da siti, gruppi, forum e canali in cui si ritrovano diverse comunità maschiliste – dagli incel fino ai pick-up artist, passando per gli attivisti per i diritti dei maschi e gli estremisti «redpillati».

A prima vista, scrivono su The Conversation il ricercatore Ben Rich e la ricercatrice Eva Bujalka, quegli spazi sembrano parlare della «vita reale dei giovani uomini» e delle loro difficoltà: «rifiuti amorosi, alienazione, difficoltà economiche, solitudine e l’angoscia per il futuro».

Il problema principale, proseguono, «risiede nella diagnosi delle cause del disagio maschile, che si concentra sul femminismo». L’emancipazione femminile viene interpretata come un arretramento del genere maschile, che viene dunque fatto coincidere con il dominio patriarcale.

Così facendo le ansie individuali, i problemi personali e la ricerca di un’identità vengono riconvertite in odio misogino attraverso teorie del complotto che negano l’esistenza dei femminicidi, travisamenti dei dati statistici sulla violenza di genere e miti pseudoscientifici (come quelli dei «maschi alfa» o della «programmazione neuro-linguistica»).

Anche all’interno della «maschiosfera» esistono gli influencer, ovviamente. Quello più in vista è senz’ombra di dubbio l’ex kickboxer anglo-statunitense Andrew Tate, definito «il re della mascolinità tossica». Negli ultimi anni il 38enne, che nel 2017 si è trasferito in Romania, ha accumulato milioni di seguaci attraverso atteggiamenti e dichiarazioni apertamente misogine.

Tra le varie cose ha detto che le donne devono stare a casa a cucinare e fare il caffè, che sono proprietà dei maschi, che non sanno guidare e che le 19enni sono più attraenti delle 25enni perché hanno avuto meno esperienze sessuali. A causa di queste affermazioni è stato sospeso a più riprese dalle piattaforme, ma i ripetuti ban non hanno mai intaccato la sua popolarità.

Nel dicembre del 2022 è stato arrestato, insieme al fratello Tristan (anche lui influencer), dalle forze dell’ordine romene con accuse gravissime: tratta di esseri umani, sfruttamento della prostituzione, stupro, associazione a delinquere e riciclaggio di denaro.

Nel 2023 è stato formalmente incriminato. Nell’agosto del 2024 è stato messo ai domiciliari su richiesta della magistratura britannica, dopo la denuncia per stupro formulata da quattro donne. Recentemente era stato rimesso in libertà, ma con il divieto di espatriare.

A sorpresa, però, il 27 febbraio del 2025 è stato autorizzato dai procuratori a tornare temporaneamente negli Stati Uniti. Secondo un articolo del Financial Times, nelle settimane precedenti l’amministrazione Trump aveva fatto forti pressioni sul ministero degli esteri Emil Hurezeanu per revocare il divieto di espatrio.

Una parte del movimento MAGA – acronimo dello slogan trumpiano «Make America Great Again» – e dell’estrema destra statunitense sostengono convintamente Andrew Tate e il fratello. Subito dopo le elezioni statunitensi, Tristan Tate si era addirittura preso una parte del merito per l’elezione di Donald Trump.

«Milioni di giovani uomini in Europa e negli Stati Uniti hanno un sano approccio di destra che NON avrebbero se Andrew Tate non fosse mai apparso sui loro schermi», ha scritto su X. «Il suo ruolo in tutto ciò non può essere ignorato. Ha letteralmente CRESCIUTO una generazione di repubblicani».

Al di là delle vanterie dei fratelli Tate, è innegabile che la «maschiosfera» stia contribuendo a radicalizzare i giovani maschi di diversi Paesi, con ricadute politiche e culturali che potrebbero segnare le società occidentali ancora a lungo.

Potrebbero interessarti
Segnala su Whatsapp