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Il 4,1% dei deceduti per Covid-19 non presentavano patologie pregresse, ma questi dati non «smentiscono la pandemia»

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29 maggio 2020
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Giovedì 28 maggio la redazione di Facta ha ricevuto una segnalazione via WhatsApp che chiedeva di verificare una notizia, pubblicata il 25 maggio dal blog Gallura News, dal titolo «ISS, Istituto Superiore di Sanità, i dati reali che smentiscono la pandemia».

L’articolo fa riferimento dal rapporto intitolato «Impatto dell’epidemia Covid-19 sulla mortalità totale della popolazione residente primo trimestre 2020», realizzato in collaborazione tra Istat e Istituto superiore di sanità e pubblicato il 4 maggio (anche se l’articolo di riferisce all’aggiornamento del 14 maggio), che solleverebbe «non poche polemiche contro il lockdown e l’uso politico che ne è stato fatto dal governo e dai suoi consulenti scientifici».

Il riferimento è al capitolo del report dedicato alle «patologie preesistenti» riscontrate nei deceduti per Covid-19, in cui, stando alle parole di Gallura News, si chiarisce che «i deceduti per Covid-19 che non avevano patologie pregresse sono stati appena il 3,9% del totale», un dato che l’autore dell’articolo definisce «inferiore di molto non solo ai circa tremila morti l’anno che si registrano, in media, per gli incidenti stradali, ma anche agli ottomila decessi, tra diretti e indiretti, causati di solito dalle influenze stagionali».

L’emergenza sanitaria da Covid-19, insomma, sarebbe per l’autore «una falsa pandemia, a cui sta larga anche la parola epidemia». L’articolo pubblicato da Gallura News riprende per larghi tratti un articolo comparso su Italia Oggi il 19 maggio, virgolettando ampie porzioni del testo e riproponendo la tesi espressa sul quotidiano.

Nonostante i dati di partenza siano reali (benché superati), le conclusioni tratte dall’articolo descrivono uno scenario falso.

L’11 marzo l’Organizzazione mondiale della sanità ha dichiarato che quella da nuovo coronavirus Sars-Cov-2 è una pandemia. Con questo termine si definisce la pandemia «un’epidemia che si verifica in tutto il mondo o su un’area molto ampia, attraversando i confini internazionali e di solito colpendo un gran numero di persone», caratterizzata da «elevata contagiosità e tasso di mortalità significativo».

Al 28 maggio, i casi di Covid-19 confermati nel mondo sono 5,6 milioni, dato che include anche gli oltre 350mila decessi. Il virus ha colpito tutti i continenti e osservando la mappa dei contagi, gli unici territori a «zero contagi» sono il Turkmenistan e le isole norvegesi di Svalbard e Jan Mayen.

Quanto ai dati pubblicati da Istat e Iss, l’ultimo aggiornamento (datato 22 maggio 2020) parla di 124 pazienti (4,1 per cento del campione) deceduti con zero patologie pregresse, un dato ottenuto «da 3032 deceduti per i quali è stato possibile analizzare le cartelle cliniche». L’infezione da Sars-Cov-2 è in definitiva meno pericolosa per i pazienti clinicamente sani, ma questa statistica non mette in dubbio la definizione di «pandemia».

Oltre l’estensione geografica del virus, infatti, la definizione tiene conto del «tasso di mortalità», parametro trattato nello stesso report esaminato dall’articolo oggetto di verifica. Secondo l’Istat, nel solo mese di marzo 2020, la mortalità in Italia è aumentata del 49 per cento rispetto alla media del periodo nei quattro anni precedenti, con quasi 91mila morti tra il 20 febbraio e il 31 marzo (di cui il 15 per cento avvenuti per Covid-19), rispetto alla media di 65mila decessi registrata tra il 2015 e il 2019.

In conclusione, solo una piccola parte dei pazienti deceduti per Covid-19 aveva patologie pregresse, ma questo dato non smentisce in alcun modo la definizione di «pandemia», che è giustificata dall’estensione geografica del virus e dal suo alto tasso di mortalità, informazioni che in entrambi i casi sono confermate dai dati.

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