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L’immagine che parla della «vera storia di Bella ciao» riporta diverse informazioni false

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30 settembre 2020
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Martedì 29 settembre 2020 la redazione di Facta ha ricevuto una segnalazione via Facebook che chiedeva di verificare le informazioni contenute in un post pubblicato il 26 settembre 2020 sul social network.

Il post oggetto della nostra verifica contiene la foto, in bianco e nero e ingiallita, di tre musicisti e un testo che recita: «La vera storia di “Bella ciao”. 1) Nessun partigiano ha mai cantato né conosciuto la canzone “Bella ciao”. 2) Fu scritta dal musicista tzigano Mishka Ziganoff, nel 1918. 3) Fu incisa dallo stesso in un 78 giri nel 1919 chiamato chiamato “Klezmer-Yiddish”. 4) Fu cantata ufficialmente nel 1964 al Festival di Spoleto. Da allora fu usata dalle varie associazioni partigiane di tutti i colori politici. Fine della storia.».

Il contenuto oggetto della nostra analisi riporta diverse informazioni false. Andiamo con ordine.

Innanzitutto, non è vero che «nessun partigiano ha mai cantato né conosciuto la canzone “Bella ciao”». Come ha spiegato nel 2008 a Repubblica Luciano Granozzi, docente di Storia contemporanea all’università di Catania, la canzone più amata e diffusa tra i partigiani era Fischia il vento, che dopo la guerra fu in parte accantonata a causa dei suoi contenuti rivoluzionari – «Fischia il vento / infuria la bufera /scarpe rotte e pur bisogna andar / a conquistare la rossa primavera / dove sorge il sol dell’avvenir» — e dunque troppo vicini all’ideologia comunista. Ma Bella ciao era ben nota presso «alcuni gruppi di partigiani nel modenese e attorno a Bologna» continua Granozzi.

In particolare, secondo lo storico di canti popolari e tradizioni orali Cesare Bermani, Bella ciao veniva intonata durante la resistenza «nella leggendaria Brigata Maiella e in altri gruppi partigiani delle Langhe». La popolarità del canto crebbe esponenzialmente a guerra finita ed è rimasto legato al periodo della resistenza – all’interno del quale è comunque nato – grazie all’apprezzamento trasversale del Partito Socialista e della Democrazia Cristiana.

Quanto alle presunte origini yiddish di Bella ciao, è vero che la musica della canzone richiama un pezzo di Mishka Ziganoff, musicista zigano di origine russa naturalizzato statunitense.  La scoperta è stata effettuata dall’ingegnere Fausto Giovannardi, che nel 2006 ha trovato per caso un disco di Ziganoff in un mercatino di Parigi. Come spiega in una pubblicazione dal titolo “The origins of Bella ciao’s music” lo stesso Giovannardi, la canzone di Ziganoff è ispirata a un pezzo popolare della tradizione ebraica chiamato “Dus Zekele Koilen” (in italiano, “Una piccola borsa di carbone”). Proprio come altri canti della resistenza insomma – Fischia il vento si rifà alla canzone popolare sovietica Katjuša –, Bella ciao ha subito l’ispirazione di un’aria popolare pre-esistente. La parte testuale è invece originale, sebbene riprenda la struttura del canto Fior di tomba.

Venendo al quarto punto e ultimo, non è vero che le associazioni partigiane hanno iniziato a usare Bella ciao dopo il Festival di Spoleto del 1964. Per quanto la canzone non fosse unanimemente riconosciuta come l’inno dei partigiani durante la guerra, il canto è stato eletto a simbolo della lotta contro il nazi-fascismo prima della data indicata nel post. «Accade alla fine degli anni Cinquanta» ha spiegato nel 2016 al Fatto Quotidiano Carlo Pestelli, musicista, cantautore e dottore di ricerca in Storia della lingua, autore di un volume sul tema, «quando si ha la necessità di unificare le varie anime della Resistenza, quella comunista, socialista, cattolica, liberale, monarchica-badogliana. Non si poteva usare Fischia il vento o altri canti politicizzati. Bella ciao slega la Resistenza dalle appartenenze di partito e racconta qualcosa che può essere atemporale».

In conclusione, Bella ciao è certamente un canto utilizzato durante la Resistenza e che durante la Resistenza è nato, almeno nella sua forma compiuta. La musica del canto è ispirata a un’aria popolare ebraica e il suo testo a una canzone popolare italiana. Secondo Carlo Pistelli, autore di un volume dedicato a Bella ciao, l’elezione del canto a unico inno partigiano va fatta risalire alla fine degli anni Cinquanta.

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