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Trump vuole smantellare l’agenzia climatica e a rimetterci saranno tutti
Le politiche della nuova Amministrazione americana minacciano la NOAA, un punto di riferimento della ricerca scientifica sul cambiamento climatico
C’è un’agenzia governativa che Trump e i suoi seguaci vedono come un nemico da distruggere. È la National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA), una specie di NASA degli oceani e del clima.
La NOAA è una delle istituzioni scientifiche che ogni anno comunicano i dati sull’andamento della temperatura globale. Sotto la sua direzione si dirama una rete di uffici, tra cui il servizio meteorologico nazionale che con i suoi centri di controllo degli uragani nell’Oceano Atlantico e Pacifico svolge una funzione vitale per un Paese che ogni anno viene raggiunto da cicloni tropicali potenzialmente distruttivi; si occupa del monitoraggio delle siccità, di meteorologia spaziale (fenomeni come le tempeste geomagnetiche), della gestione delle risorse marine e della conservazione degli habitat oceanici; gestisce una rete di satelliti per le previsioni meteorologiche e il monitoraggio ambientale e alcuni suoi centri custodiscono un enorme archivio di dati atmosferici, oceanici, geofisici, tra cui il più grande database di informazioni sul clima attuale e quello passato.
Project 2025, un piano preparato da un’organizzazione di destra in vista di un possibile ritorno dei Repubblicani alla Casa Bianca, aveva messo nero su bianco quale dovrebbe essere il destino della NOAA. I suoi autori, alcuni dei quali funzionari della prima presidenza Trump, avevano scritto che la NOAA è diventata «uno dei principali motori dell’industria dell’allarmismo sul cambiamento climatico», che «dovrebbe essere smantellata» e molte delle sue funzioni eliminate, trasferite ad altre agenzie o privatizzate.
Quello che la propaganda negazionista chiama ”allarmismo” è la scienza che ha dimostrato la realtà del riscaldamento globale di origine umana. Quelle parole rispecchiano l’ideologia di Donald Trump, che a poche ore dal suo insediamento aveva già tirato fuori gli Stati Uniti dall’Accordo di Parigi sul clima.
Nelle ultime settimane i segnali minacciosi si sono moltiplicati. Ex funzionari della NOAA hanno riferito all’emittente radiotelevisiva CBS che ai dipendenti è stato detto di aspettarsi una riduzione del 50 per cento del personale e tagli di bilancio del 30 per cento. L’agenzia è già entrata nel mirino di Elon Musk e del suo cosiddetto “dipartimento per l’efficienza governativa” (DOGE). All’inizio di febbraio uomini di Musk sono entrati nel suo quartier generale pretendendo di accedere ai sistemi informatici.
Tutto sta avvenendo con modalità arbitrarie e confusionarie e questo basta per intimorire un’intera comunità scientifica che non sa più quale sarà il suo futuro nei prossimi mesi. Alcuni dipendenti della NOAA a Seattle hanno già protestato con lo slogan “Salviamo la nostra scienza” e un gruppo di scienziati ha inviato una lettera al Congresso.
L’importanza del lavoro che svolge la NOAA va oltre i confini degli Stati Uniti. Anche dagli scienziati europei trapela una certa preoccupazione per il futuro dell’agenzia e per quello delle collaborazioni tra le comunità scientifiche dei due continenti. Le politica di Trump potrebbe ripercuotersi sulla disponibilità dei dati della NOAA anche all’estero. «La crisi climatica non conosce confini e fermare la collaborazione scientifica internazionale può solo minare la nostra capacità di comprenderla e contrastarla», ha detto al Guardian uno scienziato del programma europeo Copernicus.
Ma la crisi climatica è proprio ciò che Trump nega. Eppure è stato un altro presidente repubblicano, Richard Nixon, nel 1970, a creare la NOAA accorpando alcuni enti. Uno di questi, lo United States Coast and Geodetic Survey, fu fondato nel 1807 quando il presidente degli Stati Uniti era Thomas Jefferson. All’inizio si chiamava Survey of the Coast e aveva il compito di mappare le coste del Paese e disegnare le carte nautiche. È stata la prima agenzia scientifica del governo americano.
Alcuni degli scienziati della NOAA sono stati protagonisti della ricerca scientifica sul clima. Tra questi c’è il meteorologo e climatologo Syukuro Manabe, nato in Giappone nel 1931. Dopo aver completato gli studi all’Università di Tokyo, alla fine degli anni ‘50 Manabe andò negli Stati Uniti per lavorare come ricercatore nel servizio meteorologico americano. Erano gli anni in cui lo sviluppo dei modelli climatici stava compiendo i primi, significativi, passi.
Un modello climatico è una rappresentazione matematica degli elementi che compongono il sistema climatico della Terra – atmosfera, superficie terrestre, oceani, ghiaccio marino – e delle loro interazioni. I primi tentativi di elaborare una matematica per le previsioni meteorologiche e lo studio del clima risalgono agli anni ‘20 e consistevano di equazioni scritte su carta. Lo sviluppo dei computer, nel secondo dopoguerra, ha dato un decisivo impulso a questo settore che in pochi decenni ha fatto rapidi progressi.
Manabe fu chiamato negli Stati Uniti da Joseph Smagorinsky, un pioniere dell’uso dei computer per la simulazione dei processi atmosferici insieme ad altri scienziati tra cui il matematico John von Neumann, uno dei padri del computer. In questi anni, alla metà degli anni ‘50, Smagorinsky diventò il capo di una nuova unità di ricerca, istituita all’interno del servizio meteorologico americano, la cui missione era lo studio dei modelli atmosferici. Era l’inizio di quello che sarebbe diventato il Geophysical Fluid Dynamics Laboratory, che tuttora è il cuore della ricerca climatologica della NOAA. Smagorinsky lo diresse fino al 1983 e Manabe vi rimase fino al 1997 come uno dei suoi scienziati di punta.
Nel 1967, insieme a Richard Wetherald, Manabe pubblicò quello è considerato uno dei più importanti articoli della storia della climatologia. Descriveva un modello dell’atmosfera che mostrava come, al raddoppiare della concentrazione di anidride carbonica, tenuto conto dell’effetto del vapore acqueo, la temperatura della Terra aumentava di 2.3 gradi centigradi, un valore che rientra nelle stime più recenti. Inoltre evidenziava per la prima volta che la temperatura superficiale della Terra aumentava nella parte inferiore dell’atmosfera, la troposfera, ma diminuiva in quella superiore, la stratosfera.
Questo fenomeno è stato realmente osservato negli ultimi decenni ed è una delle impronte digitali del riscaldamento globale antropico, una delle prove che dimostrano che non può essere causato da una qualche variazione dell’attività del Sole. Manabe sviluppò altri modelli, tra cui uno che accoppiava l’atmosfera all’oceano e un altro che inseriva nel sistema il ciclo globale dell’acqua. Questi suoi lavori sono stati pietre miliari nella strada scientifica che ha portato a comprendere il funzionamento del clima e a scoprire cosa stava accadendo sul pianeta a causa delle emissioni di gas serra. Nel 2021 Manabe ha ricevuto il premio Nobel per la Fisica per la ricerca sui modelli climatici, che hanno reso possibile prevedere «in modo affidabile il riscaldamento globale».
Da quando è nata la NOAA, nel 1970, molta acqua è passata sotto i ponti lungo il fiume della politica americana. Il cambiamento climatico è stato trascinato nel fango delle “guerre culturali”, il partito di Nixon ha subito una deriva estremista e la climatologia è diventata una scienza eversiva.
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