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Non è vero che la Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato il governo italiano per «i gravissimi abusi perpetrati» nel 2020

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19 ottobre 2020
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Lunedì 19 ottobre 2020 la redazione di Facta ha ricevuto una segnalazione via WhatsApp che chiedeva di verificare le informazioni contenute in un testo circolato sulla app di messaggistica istantanea e parzialmente riportate in un post pubblicato il 18 ottobre su Facebook.

Il testo oggetto della segnalazione recita: «Un’ennesima notizia che nessun TG darà mai: la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo ha condannato l’operato di Conte, ribadito la piena vigenza della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani in Italia e sancito la propria giurisdizione anche sul suolo italico in seguito ai gravissimi abusi perpetrati dal Governo nel 2020. Quindi, i tentativi di imposizione forzata della mascherina tramite DPCM (norme di secondo livello) oppure ordinanze regionali (norme amministrative) non contraddicono solo il decreto-legge 125/2020, l’articolo 85 del TULPS e la legge 152/1975, ma anche la legge 848/1955, la legge 881/1977 e la legge 145/2001 (tutte norme di primo livello). Buona libertà a tutti!».

Si tratta di una notizia falsa.

La Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) è un organo giurisdizionale formato da 47 giudici (uno per ogni stato firmatario della Convezione europea dei diritti dell’uomo) al quale possono ricorrere Stati o singoli cittadini per denunciare la violazione di un diritto fondamentale dell’individuo; i cittadini possono tuttavia ricorrervi solo dopo aver esaurito tutti i possibili ricorsi all’interno dello Stato di appartenenza.

Il riferimento del testo oggetto di segnalazione è invece a un esposto presentato il 14 settembre 2020 al Consiglio d’Europa dal comitato Rodotà – un comitato civico «per la difesa dei beni pubblici e comuni» – contro la presunta violazione dell’articolo 15 della Convenzione commessa dal governo italiano durante l’emergenza legata alla pandemia da Covid-19. L’articolo in questione regola le deroghe alla Convenzione stessa che un governo nazionale può adottare in caso di «stato d’urgenza», ovvero «in caso di guerra o in caso di altro pericolo pubblico che minacci la vita della nazione» e solo «nella stretta misura in cui la situazione lo richieda e a condizione che tali misure non siano in conflitto con gli altri obblighi derivanti dal diritto internazionale».

Secondo l’esposto redatto dal comitato Rodotà, il governo Conte avrebbe violato l’articolo in questione, dal momento che lo stato d’emergenza per affrontare la pandemia di coronavirus sarebbe stato dichiarato il 31 gennaio 2020 «in spregio al principio di legalità proprio di ogni Stato di diritto, non riscontrandosi all’epoca alcuna emergenza (zero casi di Covid 19: l’epidemia era, infatti, in Cina!)» e non sarebbe stato inoltre notificato per tempo al Segretario generale del Consiglio d’Europa.

Il Consiglio d’Europa è un’organizzazione internazionale che si occupa di promuovere la tutela della democrazia e dei diritti umani e il suo compito principale è quello di favorire la stipulazione di convenzioni internazionali. Non è un organo dell’Unione europea (alla quale è spesso erroneamente associata) e non è sovrapponibile con la Corte europea dei diritti dell’uomo, sebbene questa sia stata istituita dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, redatta e adottata nell’ambito del Consiglio d’Europa.

Il 17 ottobre 2020 il comitato Rodotà ha pubblicato un comunicato stampa in cui veniva riportata la risposta ricevuta da «l’Ufficio del Segretario Generale del Consiglio d’Europa». Nella lettera di risposta, contenuta nell’allegato al comunicato stampa, si legge che l’Italia ha scelto di non attivare l’articolo 15 della Convenzione e che per questo «la Convenzione si applica in pieno». Il rispetto della Convenzione dovrà dunque essere «valutato dai tribunali nazionali» e (dopo l’eventuale esaurimento dei ricorsi interni) dalla Corte europea dei diritti dell’uomo.Per quanto riguarda la presunta notifica tardiva del provvedimento, si legge nella lettera, «la Convenzione non dà potere al Segretario Generale di accertare una possibile violazione».

In conclusione, non solo la Corte europea dei diritti dell’uomo non ha condannato l’operato del governo Conte – come invece erroneamente sostenuto nel testo oggetto della nostra verifica – ma il Consiglio d’Europa (al quale era stato richiesto un parere) ha stabilito che il segretario generale non ha competenza sul tema, dal momento che l’Italia ha scelto di non attivare l’articolo 15 della Convenzione. La giurisdizionalità sulla presunta violazione dei diritti umani commessa dal governo italiano spetterebbe invece alla Corte europea dei diritti dell’uomo, che potrà essere sollecitata solo dopo aver esaurito tutti i gradi di giudizio della giustizia italiana.

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