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Da dove arriva la notizia falsa della “nube tossica” sui cieli europei

La Russia ha parlato di una nuvola radioattiva frutto del bombardamento di un deposito di uranio impoverito, ma la versione contiene numerose falle

24 maggio 2023
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La mattina del 19 maggio 2023, in concomitanza con l’inizio dei lavori del G7 a Hiroshima, Nikolai Patrushev, segretario del consiglio di sicurezza della Russia ed ex direttore dell’FSB dal 1999 al 2008, ha fatto scattare un allarme riguardo ad un pericolo di contaminazione radioattiva per l’intera Europa. L’evento è stato ripreso fin da subito da decine di media in tutto il mondo.

A riportare per prime le parole del segretario Patrushev sono due dei principali media russi più conosciuti all’estero, Tass e Sputnik, che durante la mattina del 19 maggio hanno scritto: «Una nube radioattiva formatasi dopo la distruzione delle munizioni britanniche con uranio impoverito in Ucraina si dirige verso l’Europa, ha detto il segretario del Consiglio di sicurezza della Federazione Russa Nikolai Patrushev in una riunione a Syktyvkar».

Così, mentre le agenzie di stampa concentravano le attenzioni sull’agenda G7, il consigliere Patrushev argomentava la tesi della nube tossica come conseguenza di un attacco russo su suolo ucraino ad un sito di stoccaggio di armi contenenti uranio impoverito, fornite da partner occidentali.

Queste le parole di Nikolai Patrushev: «Hanno aiutato anche l’Ucraina, facendo pressione sui loro satelliti e fornendo munizioni all’uranio impoverito. La loro eliminazione ha causato una nuvola radioattiva che ora si sta muovendo verso l’Europa occidentale. Un aumento dei livelli di radiazioni è già stato registrato in Polonia».

Da Varsavia è arrivata in poche ore la prima smentita. Si legge in un tweet delle ore 8.07 del 19 maggio sul profilo dell’Agenzia nazionale per l’energia atomica: «Attualmente, non vi è una minaccia per la salute umana, la vita e l’ambiente nella Repubblica di Polonia. L’agenzia non ha notato alcuna variazione dalle apparecchiature di misurazione».

La situazione ha incuriosito il dibattito pubblico, e mentre in Italia il panorama informativo fin da subito ha messo in dubbio ipotizzando un’operazione di disinformazione di Mosca, alcune agenzie come la turca Anadolu hanno diviso l’opinione pubblica, limitandosi a riportare la notizia.

I fatti dall’inizio
Successivamente alla dichiarazione del consigliere russo, siti web e gruppi Telegram fin dal mattino del 19 maggio hanno rilanciato i fotogrammi di una fortissima esplosione. Le immagini mostravano una nuvola nera incandescente a forma di fungo quale prodotto dell’esplosione.

Screenshot da video YouTube

Nello screenshot del video, si vedono in alto a destra le presunte data e ora di registrazione dell’incidente. È possibile quindi che l’evento si sia verificato sei giorni prima dell’accusa del ministro russo, arrivata solo durante la mattina del 19 maggio. Questi dati di per sé indicano un’informazione non corretta, poiché un tale pericolo sarebbe già stato registrato dalle agenzie europee che monitorano i fenomeni atmosferici e la qualità dell’aria.

A testimoniare la data e l’ora dell’incidente è il canale Telegram di informazioni per la regione di Khmelnytskyi, circa 300 km a sud-ovest di Kiev. Il canale, a venti minuti dall’attacco, all’alba del 13 maggio, invia un messaggio in cui informa che un’infrastruttura critica è stata colpita nei pressi di Khmelnytskyi, riferendo che la stessa si trova al di fuori del centro abitato.

Alle ore 7.30 dello stesso giorno è arrivato anche il messaggio dal sindaco della regione di Khmelnytskyi, Oleksandr Symchyshyn, che ha confermato l’attacco russo sulla città.

Cinque ore dopo, The Kyiv Independent scriveva che almeno 21 persone sono rimaste ferite in seguito ad un attacco con droni russi sulla città di Khmelnytskyi.

Infine, ad una settimana di distanza è arrivato un altro aggiornamento sul canale del sindaco della città utile a comprendere lo scenario. Ha scritto il sindaco su Telegram: «Sono state colpite anche 39 istituzioni educative: 6 scuole professionali, 24 scuole, 9 asili, 402 finestre, 34 porte, soffitti di 9 stabilimenti, tetti di 5 stabilimenti sono stati danneggiati. Più di 100 finestre sono saltate. 7 locali degli stabilimenti di club e 2 biblioteche sono stati danneggiati a vari livelli».

Questi dati mostrano come le onde d’urto dell’esplosione abbiano realmente avuto un effetto distruttivo. In nessuno dei gruppi telegram analizzati da Facta.news vi sono, però, riferimenti a possibili pericoli di radioattività e le stesse fotografie postate nei giorni successivi all’attacco mostrano che nessuna persona coinvolta nelle operazioni sul luogo dell’incidente indossa particolari protezioni in riferimento a pericoli di contaminazione radioattiva.

Geolocalizzazione del sito colpito dal bombardamento
Dopo aver analizzato attentamente le immagini ed averle confrontate con diverse discussioni della comunità open source su Twitter in riferimento all’attacco del 13 maggio scorso, siamo riusciti a localizzare il luogo esatto colpito dai droni russi che ha provocato la forte esplosione visibile in video.

Ricostruzione a cura di Facta.news

L’immagine in alto mostra una ricostruzione grafica dell’evento. Tale ricostruzione è stata possibile grazie a un’analisi dettagliata delle immagini dell’esplosione, incrociate con le foto satellitari di Planet Labs.

Dalla ricostruzione è possibile focalizzare l’area in cui il video è stato registrato (sulla destra dell’immagine). L’ipotesi è che le immagini siano state acquisite da una telecamera di sicurezza posta sul tetto di un palazzo collocato nel centro città di Khmelnytskyi e puntata verso la parte ovest della città. Il luogo dell’esplosione, invece, è da localizzarsi nell’immediata periferia della città, a pochi chilometri dal centro cittadino, come lo stesso sindaco ha riferito nel primo comunicato poche ore dopo l’attacco.

Le coordinate del sito colpito sono 49.45165, 26.876136. A mostrare la situazione del sito colpito prima e dopo sono state le immagini provenienti da Planet Labs poi riprese da TheWarZone, che hanno confermato un imponente bombardamento al sito tra il 12 e il 14 maggio 2023.

Ad essere state colpite, però, non sono le munizioni all’uranio impoverito come sostenuto dal segretario Patrushev, ma un deposito di stoccaggio di armi sovietiche.

Abbiamo identificato il sito come il 649° deposito di armi missilistiche e munizioni vicino al villaggio di Gruzevytsia. In questo video è possibile vedere gli interni del sito di stoccaggio, che contiene interi scaffali di arsenali datati risalenti al periodo dell’Unione Sovietica. Nel deposito – si legge in una descrizione in ucraino del 2010 – sono stoccate oltre 30 mila tonnellate di munizioni, rendendo il sito il più grande deposito dell’armata aerea ucraina.

Munizioni all’uranio impoverito
La fornitura di munizioni all’uranio impoverito all’Ucraina citate dal consigliere russo sono state annunciate il 20 marzo scorso da Annabel Goldie nel corso di un’udienza alla camera dei Lord. La baronessa Goldie, vice-ministra della Difesa nell’attuale governo britannico, ha dichiarato: «Oltre alla nostra concessione di uno squadrone di carri armati Challenger 2 all’Ucraina, forniremo munizioni tra cui proiettili perforanti che contengono uranio impoverito. Tali proiettili sono molto efficaci nello sconfiggere i carri armati moderni e i veicoli blindati».

L’uranio impoverito è un sottoprodotto del procedimento di arricchimento dell’uranio. Questa rimanenza dell’uranio, usato nelle centrali nucleari, si utilizza sia in ambiti civili che militari, poiché ha costi bassi ed è facilmente reperibile. In campo militare si utilizza principalmente nelle munizioni anticarro e nelle corazzature. L’utilizzo dell’uranio impoverito si deve alle sue specificità: diventa duro e resistente come l’acciaio e ha un’elevata densità, risultando quindi molto efficace nella perforazione del metallo.

È l’Agenzia internazionale per l’energia atomica a chiarire l’utilizzo dell’uranio impoverito nell’industria delle munizioni: «Le proprietà fisiche e chimiche dell’uranio lo rendono molto adatto ad usi militari» spiega l’agenzia, «L’uranio impoverito è utilizzato nella produzione di munizioni per perforare l’armatura, come quelle che si trovano sui carri armati, nei coni dei missili e come componente dell’armatura dei carri armati»,

In ultima battuta, l’agenzia ha commentato anche sulla pericolosità del prodotto, descrivendolo «considerevolmente meno radioattivo dell’uranio naturale». L’uranio impoverito è insomma utilizzato in forma solida per rinforzare proiettili e armature per una migliore perforazione degli obiettivi strategici nemici e non come agente nucleare avendo, oltretutto, una radioattività relativamente bassa. Le munizioni ad uranio impoverito non sono quindi da considerare armi nucleari.

Per quanto riguarda i rischi, invece, sempre l’International atomic energy agency ha spiegato che l’uranio impoverito, essendo un metallo pesante, se ingerito in quantità significative può causare danni ai reni come accade per tutti i metalli pesanti come mercurio o cadmio. A questo link è possibile leggere una breve guida a tutti i rischi connessi al contatto con uranio impoverito.

Situazione della qualità dell’aria sulle regioni colpite dall’attacco del 13 maggio al 23 maggio 2023 da World Air Quality Index.

Nessuna evidenza di nube tossica e/o livelli di allerta radiazioni
A smentire la veridicità delle affermazioni del consigliere Nikolai Patrushev è intervenuto il canale Telegram della regione di Khmelnytskyi, che la sera del 15 maggio (2 giorni dopo lo scoppio e 4 giorni prima del discorso del consigliere russo) ha annunciato: «Le autorità locali hanno smentito la presenza di livelli di radiazione pericolose»

A due giorni dall’attacco, diverse testate ucraine hanno continuato a riferire di controlli per monitorare la situazione circa la presenza di elementi di radioattività nell’aria. È anche possibile seguire in maniera autonoma e gratuita la qualità dell’aria in modalità real time. Dal sito si osserva come alla data di scrittura di questa analisi, le misurazioni della qualità dell’aria nelle regioni circostanti il luogo dell’incidente rimangono su livelli normali e non sono presenti allarmi di pericoli radioattività.

Tra le diverse agenzie che controllano e monitorano la qualità dell’aria in Europa, è l’European environment agency a raccogliere i dati attraverso l’European air quality index. La cartina interattiva mostra in tempo reale i risultati provenienti dalle migliaia di stazioni di raccolta dati sparse nei diversi Paesi.

In Italia a smentire l’allarme russo è intervenuto l’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione che scrive sul proprio sito: «La stazione REMRAD ad altissima sensibilità, situata a Sgonico (Trieste), non ha registrato alcuna anomalia in termini di radioattività».

Secondo l’Istituto italiano, infatti, da un confronto delle rilevazioni del 12 e del 17 maggio non si sono rilevate variazioni significative. L’Istituto ha poi aggiunto anche un dettaglio che avvalora maggiormente le verifiche: «I venti stanno soffiando proprio nella direzione di Trieste, per cui se nessuna anomalia è stata rilevata dalla stazione, tecnologicamente avanzata, si può ritenere che non sussistano motivi di preoccupazione».

È stata poi la stessa agenzia polacca a smentire l’esistenza di una nube radioattiva sui cieli della Polonia.

Tra le diverse voci che hanno fatto circolare la notizia di radiazioni in atto nella regione di Khmelnitsky, vi è questo tweet attribuito alla pagina pro-Russia “Slavyangrad”, attualmente bloccata da Twitter per disinformazione ma attiva su Telegram, che fornisce notizie e aggiornamenti sulle operazioni di Mosca.

Nel grafico la curva del picco di radiazioni inizia a salire l’11 maggio e scende la mattina del 13 maggio. Il post, invece, viene pubblicato la sera del 14 maggio alle 21.25. L’immagine è fuorviante e non può in alcun modo riferirsi all’attacco del 13 maggio al deposito di munizioni di Khmelnitsky poiché, come ricostruito in questa analisi, l’attacco è avvenuto intorno alle ore 6:00 del 13 maggio mentre la curva di allerta radiazioni, in questo tweet, inizia a salire dall’11 maggio per poi arrestarsi e scendere proprio la mattina del 13 maggio, momento apice del livello di fumi derivanti dall’esplosione in atmosfera.

In conclusione
In definitiva, il consigliere russo Nikolai Patrushev il 19 maggio 2023 ha lanciato un allarme per una nube tossica. Allarme che, da questa analisi, si è rivelato essere il prodotto di un’esplosione avvenuta sei giorni prima in Ucraina, nei pressi della città di Khmelnytskyi.

È corretto quindi dire che il bersaglio dell’attacco citato dal consigliere Patrushev sia un deposito di armi, non è corretto dire che il deposito in questione conteneva, al momento dello scoppio, armi all’uranio impoverito, come è stato possibile evincere dagli osservatori che sorvegliano e raccolgono i dati sulla qualità dell’aria.

Inoltre questa stessa analisi ha mostrato che in almeno un video YouTube ed un articolo di giornale, il deposito in questione conteneva armi e munizioni del periodo sovietico.

L’operazione di disinformazione ha seguito le dinamiche classiche della macchina disinformativa russa, dove un politico di spicco rilascia una dichiarazione dirompente con termini quali «occidente» o «armi nucleari» e testate, gruppi Telegram e thread di twitter pro-Russia si riempiono di informazioni false e di circostanza.

Questa analisi non ha trovato alcun riscontro circa una variazione nei livelli di radiazione per il 19 maggio e la stessa variazione non è stata osservata nemmeno per i giorni immediatamente precedenti e successivi.

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