Nel 2011 Kamala Harris, alla guida della sua auto per le strade di San Francisco, avrebbe investito e ferito gravemente una ragazzina di 13 anni per poi fuggire senza prestare soccorso. La clamorosa notizia è apparsa online il 2 settembre 2024 sul sito di un presunto media locale: KBSF – San Francisco News. Nell’articolo è presente anche un servizio video in cui una donna in sedia a rotelle afferma di chiamarsi «Alisha Brown» e di essere la persona investita tredici anni prima dall’attuale vicepresidente degli Stati Uniti e candidata democratica alle prossime elezioni presidenziali. Brown descrive precisamente la dinamica dell’incidente e il punto esatto dove è accaduto («all’angolo tra Post Street e Jones Street»). Nel servizio una voce fuori campo afferma che la donna «a seguito dell’incidente, ha riportato lesioni al bacino, alle costole e alla spina dorsale». Vengono mostrate anche due lastre delle ferite riportate come prova del racconto.
Sarebbe stato uno scoop mondiale, se non fosse che tutta la storia è in realtà un’invenzione. Come documentato e verificato da diversi progetti di fact-checking statunitensi e internazionali, la notizia è totalmente infondata: non esiste prova dell’esistenza di una donna residente a San Francisco di nome «Alisha Brown», la polizia della città californiana ha detto che non ci sono riscontri di incidenti per l’anno 2011 nel luogo indicato dalla donna nel video e le immagini delle lastre mostrate nel servizio non hanno alcun legame con la (falsa) scena descritta: una è stata fatta nel 2010 in un ospedale nella provincia di Jiangsu, in Cina, e un’altra si trova in un articolo del 2017 pubblicato su una rivista medica pediatrica. Anche il sito, dove la notizia falsa è comparsa, in realtà non è reale: KBSF – San Francisco News (che ora risulta non più attivo) è stato creato due settimane prima della diffusione dell’articolo e la società – indicata nel sito come proprietaria – non esiste.
La falsa notizia su Kamala Harris e «Alisha Brown» è diventata comunque virale su più social media (e in più lingue), anche grazie a vari influencer di destra statunitensi con migliaia di follower (in particolare su X), complottisti e profili filo-russi che le hanno permesso di ottenere milioni di visualizzazioni.
L’interesse verso questa bufala che ha colpito una candidata alle presidenza degli Stati Uniti non si limita però ai suoi elementi falsi smascherati e alla sua ampia condivisione. Secondo infatti un nuovo report sulle minacce informatiche elaborato da ricercatori di Microsoft, la storia inventata contro Kamala Harris è un’operazione di disinformazione proveniente da una troll farm legata al Cremlino. Gli esperti che hanno redatto il report hanno affermato che questa scoperta è un segnale del fatto che la Russia sta intensificando i suoi sforzi di influenza estera in vista delle elezioni presidenziali che si terranno a novembre negli Stati Uniti.
Nelle ultime settimane sono infatti varie le strategie segrete di influenza e disinformazione attribuite alla Russia ed emerse da indagini e inchieste giornalistiche. Vediamole insieme.
L’evoluzione delle guerra informativa russa: il caso Tenet Media Pochi giorni fa RT, canale televisivo televisivo finanziato direttamente dal Cremlino,è finito al centro dell’attenzione mediatica dopo che Meta – che possiede Facebook, Instagram, Threads e WhatsApp – ha comunicato di aver bannato dalle proprie piattaforme gli account del canale russo e di altri media russi sostenendo che avevano condotto campagne di influenza segrete sui social media per manipolare il dibattito online.
Come riportato su The Daily Beast da Julia Davis, giornalista esperta di propaganda russa, Margarita Simonyan, a capo di RT, non ha mai fatto segreto di simili operazioni, vantandosi spesso durante le sue apparizioni televisive in Russia del lavoro della sua rete per creare «un intero impero di progetti segreti» utilizzati per spacciare propaganda russa, mentre ne mascherava l’origine.
Proprio uno di questi «progetti segreti» sarebbe stato recentemente scoperto negli Stati Uniti. Secondo un atto di accusa del dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti (DOJ) diffuso a inizio settembre, RT e i suoi dipendenti hanno «attuato un piano di circa 10 milioni di dollari per finanziare e dirigere un’azienda con sede in Tennessee affinché pubblicasse e diffondesse contenuti ritenuti favorevoli al governo russo». Per attuare questo schema, l’azienda era stata incaricata di stipulare contratti con influencer statunitensi per condividere sui loro profili questi contenuti, continua il DOJ. RT ha commentato l’indagine con un comunicato stampa in cui ironizza sulle accuse.
Come riscontrato dai media american, la società con sede nello Stato del Tennessee al centro di questa operazione di influenza è Tenet Media, fondata a novembre 2023 dalla commentatrice canadese di estrema destra Lauren Chen e da suo marito Liam Donovan, e collegata a opinionisti di destra e pro-Trump, come Benny Johnson, Tim Pool e Dave Rubin, con milioni di iscritti su YouTube e su altre piattaforme di social media. Secondo l’indagine, ancora in corso, questi influencer non sapevano che l’azienda avesse legami con RT e il governo russo. Johnson, Pool e Rubin hannopoi rilasciatodichiarazioni pubbliche sostenendo di essere stati ingannati da Tenet e di essere “vittime” di un’operazione di influenza straniera. Il DOJ afferma che l’argomento e il contenuto di molti dei video pubblicati da Tenet Media «erano spesso coerenti con l’interesse della Russia nell’amplificare le divisioni interne degli Stati Uniti per indebolire l’opposizione degli Stati Uniti ai principali interessi russi, in particolare alla guerra in corso in Ucraina».
Su The Atlantic Charlie Warzel ha scritto che questa vicenda «descrive un’evoluzione nelle tattiche della guerra informativa russa, in cui, invece di creare account falsi o elaborate reti di bot e troll pagati, gli attori statali russi stanno semplicemente attingendo a una comunità esistente di opinionisti scandalistici già popolari che potrebbero non fare troppe domande sulla provenienza dei soldi». Nel 2018 era infatti stata scoperta l’operazione condotta dalla Internet Research Agency (IRA), un’agenzia di San Pietroburgo, in Russia, che tramite l’utilizzo di troll pagati e la pubblicazione di milioni di tweet aveva portato avanti una campagna coordinata per diffondere disinformazione attraverso i social media e inquinare il dibattito riguardo la politica americana.
L’operazione “Doppelganger” e le elezioni USA Il dipartimento di giustizia degli Stati Uniti oltre all’indagine su Tenet Media, ha comunicato nello stesso giorno una seconda operazione di contrasto a un’altra operazione segreta di disinformazione russa, nota come “Doppelganger”. A settembre del 2022, EU DisinfoLab, organizzazione no-profit indipendente che analizza la disinformazione in Europa, aveva scoperto una campagna denominata “Doppelganger” attiva in Europa almeno da maggio dello stesso anno e con sede in Russia. Utilizzando molteplici “cloni” di media europei (tra cui Bild, 20minutes, Ansa, The Guardian o RBC Ucraina), venivano diffusi articoli, video e sondaggi falsi per promuovere le narrazione del Cremlino sulla guerra in Ucraina, utilizzando anche profili sui social media per amplificare questi messaggi.
Il DOJ ha affermato di aver sequestrato 32 domini Internet legati a questa operazione e utilizzati dal «governo russo e da attori sponsorizzati dalla Russia» per avviare una «campagna segreta volta a interferire e influenzare l’esito delle elezioni del nostro Paese». In base ai documenti dell’indagine, questo programma è stato seguito e curato da persone della cerchia ristretta di Vladimir Putin, tra cui Sergei Kiriyenko. Kiriyenko è stato primo ministro della Russia durante la presidenza di Boris El’cin e attualmente lavora come alto funzionario dell’amministrazione del presidente russo, dove svolge un ruolo di primo piano nell’amministrazione del territorio ucraino occupato militarmente, riportaPolitico.
Nel comunicato stampa del DOJ si legge che l’infrastruttura online utilizzata dalle società russe dietro a questa operazione era formata da domini definiti “cybersquat”. Il cybersquatting è un’attività illegale che consiste nel registrare un nome di dominio identico o simile a un dominio esistente, ad esempio di noti marchi o nomi importanti, per ricavarne un qualche profitto.
I siti web sequestrati erano stati progettati «per apparire ai lettori americani come se fossero importanti siti di notizie statunitensi come il Washington Post o Fox News, ma in realtà erano siti falsi» spiega il dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti, «pieni di propaganda del governo russo creata dal Cremlino per ridurre il sostegno internazionale all’Ucraina, rafforzare le politiche e gli interessi filo-russi e influenzare gli elettori negli Stati Uniti e in altri Paesi». Per indirizzare gli utenti verso questi siti, una delle società russe dietro l’operazione ha utilizzato influencer e pubblicità a pagamento sui social media, continua il DOJ. Dai documenti dell’accusa è emerso che questa operazione prevedeva anche il monitoraggio di quasi 3mila influencer dei social media americani per proporre possibili collaborazioni su tematiche divisive che potevano tornare utili al Cremlino favorendo tensioni interne nel Paese.
Oltre“Doppelganger” I contenuti di disinformazione russa di Doppelganger non hanno riguardato quindi solo il pubblico americano, ma sono stati diversificati, puntando, come detto, a influenzare l’opinione pubblica in diversi continenti e Paesi.
Documenti della Social Design Agency (SDA, una delle organizzazioni con sede a Mosca dietro all’operazione e per questo soggetta a sanzioni nell’Unione Europea e negli Stati Uniti) ottenuti e verificati da un consorzio di diverse testate europee rivelano infatti come Mosca abbia cercato di screditare l’Ucraina e i governi occidentali che la sostengono, tentando al contempo di promuovere il sostegno ai partiti politici nell’Unione Europea con posizioni politiche vicine a quelle russe.
Come spiega un’analisi di questi documenti trapelati pubblicata da Radio Liberty, il lavoro di SDA si svolgeva in tre direzioni: il monitoraggio quotidiano di articoli e post filorussi e anti-russi di oltre 1.000 opinion leader in sei lingue; l’analisi del pubblico target verso cui indirizzare i propri contenuti; la creazione vera e propria degli articoli tenendo conto dello stile giornalistico inerente al Paese selezionato. Da gennaio ad aprile 2024, il team di SDA avrebbe prodotto quasi 40mila contenuti, tra cui post social, video, grafiche, meme e articoli lunghi e brevi. La SDA, sempre in base a questi documenti, è risultata essere coinvolta anche nella distribuzione di documenti ufficiali falsi governativi, come ad esempio i comunicati stampa del ministero degli Interni tedesco, del Servizio doganale polacco e del ministero della Difesa ucraino.
La società aveva anche dei bot attivi sui social media impegnati a lasciare commenti (testi e meme) sotto i post delle istituzioni statali ucraine, delle forze dell’ordine, di personaggi politici e dei media ucraini. In totale da gennaio a marzo 2024 sarebbero stati pubblicati oltre 34 milioni di commenti con questa modalità.
Almeno una falsa storia creata da SDA è state rilanciata anche dalla deputata repubblicana Marjorie Taylor Greene, complottista e contraria agli aiuti militari all’Ucraina. Questa condivisione da parte di una politica americana, secondo documenti interni della società russa, sarebbe stata definita “un successo” in una riunione tra dipendenti. E le condivisioni di questi contenuti da parte di importanti personalità occidentali non sono finite qui. Un meme contro il presidente ucraino Volodymyr Zelensky prodotto da questa operazione di influenza russa è stato pubblicato su X dallo stesso proprietario del social, Elon Musk, che come abbiamo ricostruito in questo articolo è diventato un megafono social dell’estrema destra globale.
Questo non significa che Greene e Musk fossero a conoscenza della provenienza di questi contenuti manipolatori, ma che queste notizie diventano virali perché – seppur false – fanno il gioco di personalità importanti e aiutano a portare avanti le proprie narrazioni propagandistiche.
I documenti trapelati mostrano poi che tra gli obiettivi c’era anche il panorama politico europeo, comprese le elezioni del Parlamento europeo dello scorso giugno, con l’obiettivo di aiutare le forze di estrema destra, come Alternative für Deutschland (AfD) in Germania e National Rally in Francia, che avrebbero promosso narrazioni filo-russe, raccontaRadio Liberty.
La campagna contro l’Europa si snodava in quattro punti chiave: alimentare allarmismo ingiustificato, in particolare, riguardo a un possibile attacco russo all’UE; criticare il sostegno all’uguaglianza di genere e ai diritti LGBTQ+ perché creerebbero problemi mentali nei minori; indebolire l’attuale politica economica utilizzando gli esempi dell’elevata inflazione e della disoccupazione e accusare i liberali dell’UE di totalitarismo e militarizzazione.
Nello specifico in Germania, ad esempio, sono stati diffusi contenuti che puntavano a diffondere nel pubblico un sentimento anti-ucraino e anti-americano, promuovendo narrative per far sì che i cittadini tedeschi non fossero disposti a sacrificare il proprio benessere per sconfiggere la Russia e diffondendo tesi infondate secondo cui gli Stati Uniti avrebbero molto probabilmente utilizzato la Germania in una guerra economica e ibrida contro la Russia, mentre il Paese è senza armi per difendersi perché le ha consegnate tutte all’Ucraina.
Il quadro che emerge, commenta la giornalista esperta di sicurezza informatica Sam Sabin, sembra dunque mostrare che queste operazioni segrete sono diventate sempre più raffinate, poiché impiegano strategie che richiedono ingenti investimenti finanziari e una pianificazione a lungo termine che punta a coinvolgere anche organi di stampa e attori legittimi (ignari) nei Paesi colpiti.
Come si può vedere dagli scatti e dai video ufficiali, i colori delle scie lasciate in cielo dagli aerei rappresentano la bandiera francese non quella russa