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Alieni, nazisti e negazionismo climatico: i tanti volti delle teorie del complotto sulle “civiltà antiche”

I miti sulle “civiltà perdute” sono da sempre molto popolari, ma hanno un lato oscuro fatto di razzismo e negazionismo climatico

17 gennaio 2024
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All’alba dei tempi il mondo era dominato da una singola civiltà, che non aveva nulla da invidiare alla nostra sotto l’aspetto culturale, sociale e tecnologico. Anzi: era persino più evoluta di noi.

All’improvviso, però, quella gloriosa società venne spazzata via da un immenso cataclisma naturale. Fortunatamente qualcuno riuscì a sopravvivere al disastro, tramandando il proprio sapere e lasciando maestose opere architettoniche in giro per il mondo.

Tracce di questa civiltà superiore – probabilmente proveniente da mondi extraterrestri – si possono trovare nelle piramidi in Egitto o in Bosnia; nei Teocalli (le piramidi mesoamericane) in Messico; nelle linee di Nazca in Perù; nel sito di Stonehenge nel Regno Unito; nel tempo di Göbekli Tepe in Turchia; nelle rovine di Grande Zimbabwe in Zimbabwe; e così via.

O almeno, questo è ciò che sostengono le innumerevoli teorie e leggende sulle antiche civiltà. I nomi sono tanti: Atlantide, Iperborea, Thule, Lemuria, Tartaria – e chi più ne ha, ne metta. Si tratta infatti di uno dei filoni complottisti più floridi di sempre, oggetto di un numero incalcolabile di libri, trasmissioni televisive, film, documentari, videogiochi e video virali su TikTok.

Una tale popolarità è dovuta al loro carattere onnicomprensivo, nel senso che mescolano elementi di altre teorie (su tutte l’ufologia) con la fantascienza e varie pseudoscienze, tra cui la pseudoarcheologia e la pseudoarchitettura.

Ma per quanto possano sembrare innocui e persino affascinanti, i miti sulle civiltà perdute nascondono un lato oscuro fatto di razzismo, estremismo e – nella loro versione più recente – negazionismo climatico.

Le radici razziste, naziste e suprematiste delle teorie sulle antiche civiltà
Anzitutto, va detto che ogni teoria parte da un dato incontrovertibile di realtà: le piramidi, ad esempio, esistono veramente e nessuno può negarlo. Il problema sta tutto nell’interpretazione. Come ha sottolineato il coordinatore nazionale del CICAP Andrea Ferrero sulla rivista Query, «i fantarcheologi descrivono immagini reali, che però fanno parte di una cultura a loro estranea».

La mancata conoscenza dei contesti religiosi, artistici e storici delle culture che hanno realizzato queste opere, insomma, «ci dice molto di più su quello che sta nella loro testa [degli pseudoarcheologi] piuttosto che in quella degli antichi artisti che le produssero».

Le speculazioni, infatti, non riguardano mai l’antica Roma o l’antica Grecia. Ma riguardano sempre –  sottolinea la ricercatrice Stephanie Halmhofer in un articolo sul sito Sapiens – «le popolazioni nere, indigene e di colore», alle quali viene retroattivamente negata la capacità di produrre costruzioni complesse. Capacità che invece avevano eccome, stando alle moderne scoperte archeologiche.

Se si gratta appena la patina della curiosità, insomma, la pseudoarcheologia risulta essere un concentrato di etnocentrismo europeo, razzismo biologico, colonialismo e suprematismo bianco. In altre parole, le antiche civiltà superiori sarebbero un’allegoria – nemmeno troppo velata – della «razza bianca». E non è affatto un caso che il regime nazista abbia incorporato alcune leggende sulla civiltà antiche nella propria ideologia politica.

Nel 1935 il capo delle SS Heinrich Himmler aveva creato un’unità speciale, la Ahnenerbe, con il preciso compito di trovare una conferma «scientifica» alle teorie razziste del Terzo Reich. Una di queste sosteneva che gli ariani erano i discendenti diretti degli abitanti di Atlantide, rifugiatisi sulle montagne dell’Himalaya dopo la sommersione della città-stato.

Himmler era un accanito fautore di questa teoria e pensava che gli «ariani di Atlantide» esistessero davvero. Nel 1938 arrivò addirittura a organizzare una spedizione segreta in Tibet a cui presero parte cinque uomini, ma che fu interrotta nel 1939 con lo scoppio della Seconda guerra mondiale.

Alcuni membri della spedizione tibetana della Ahnenerbe. Foto via Wikimedia Commons.

La forma contemporanea delle teorie sulle antiche civiltà – quella arricchita con gli elementi ufologici – risale invece agli anni Sessanta del secolo scorso.

Nel 1968 esce il libro “Erinnerungen an die Zukunft” (in italiano, “Gli extraterrestri torneranno”), in cui lo scrittore svizzero Erich von Däniken afferma che le piramidi – e altre grandi opere dell’antichità – sarebbero state costruite dagli «astronauti alieni». La prima edizione viene pubblicata in Germania, ma è la traduzione in inglese che lo fa diventare un bestseller: a oggi quel libro ha venduto più di sette milioni di copie in tutto il mondo.

Una spinta decisiva al suo successo, ha ricostruito la professoressa di storia Sarah E. Bond sul sito Hyperallergic, è arrivata dai tabloid e dalle televisioni. I media, argomenta Bond, hanno però totalmente ignorato l’ideologia razzista di von Däniken, emersa in modo plateale in altri libri. Per intenderci, lo scrittore svizzero ha scritto che «i ne*gri hanno il ritmo nel sangue» e che «la razza nera è stata un fallimento» degli extraterrestri (che sarebbero stati pure in grado di creare le «razze umane»).

Negli Stati Uniti – si legge in un articolo del giornalista Alexander Zaitchik sul sito del Southern Poverty Law Center – il principale veicolo di diffusione di queste teorie è stata la televisione, in particolare la rete History Channel. In alcuni programmi sono stati persino usati testi curati da Frank Collin, fondatore del National Socialist Party of America (Partito Nazional Socialista Americano).

Per il ricercatore indipendente Jason Colavito, intervistato sul tema da Zaitchik, questi programmi «indirizzano gli spettatori verso fonti estremiste e pseudo-accademiche», con il risultato di «portare i più giovani a frequentare siti» neonazisti in cui le piramidi lasciano il posto «alle camere a gas e gli alieni vengono sostituiti dagli ebrei».

Le civiltà antiche e il negazionismo climatico
Più recentemente, le teorie sulle antiche civiltà si sono fuse con il negazionismo climatico. Anche in questo caso il punto di partenza è un oscuro libello pubblicato negli anni Sessanta – più precisamente nel 1963 – intitolato “The Adam and Eve Story(in italiano, “La storia di Adamo ed Eva”). L’autore è lo statunitense Chan Thomas, un dipendente dell’azienda aerospaziale McDonnell Douglas con la passione per gli Ufo.

La tesi centrale del testo – una tesi scientificamente inesatta, come vedremo in seguito – è che ogni 6500 anni la Terra è sottoposta a devastanti inversioni del campo magnetico che causano terremoti, alluvioni, tsunami e altri disastri naturali. Ciclicamente, dunque, una civiltà umana viene spazzata via a prescindere dal suo avanzamento tecnologico.

Il libro contiene altre tesi decisamente bizzarre. Secondo Thomas, ad esempio, il vero ruolo di Gesù Cristo era quello di studiare questi fenomeni. Per farlo si era specializzato in India, in un tempio gestito dalla popolazione Naga dove avrebbe vissuto segretamente per anni. E non è finita qui: Cristo era pure in contatto con gli alieni, e dopo la crocifissione sarebbe stato portato via da una navicella spaziale.

Per decenni il testo è rimasto pressoché sconosciuto. È diventato noto soltanto nel 2013, quando una copia è comparsa tra alcuni documenti declassificati dalla CIA, il servizio segreto statunitense. Da allora si è guadagnato la nomea di «libro censurato dalla CIA» – una circostanza non veritiera, visto che è stato pubblicato in varie edizioni nel corso degli anni – e ha conquistato ufologi, complottisti, youtuber, tiktoker e il podcaster più famoso e seguito del mondo: Joe Rogan.

Nell’episodio #1928 del suo podcast, andato in onda il 18 gennaio del 2023, uno degli ospiti è lo youtuber complottista Jimmy Corsetti, che prende per buona la teoria di Thomas e la racconta come se fosse una verità assoluta. Ogni settemila anni – racconta Corsetti a un Rogan stupefatto e incuriosito – la Terra si rovescerebbe di 90 gradi, esponendosi al sole «in modo diretto»; in quella posizione i raggi provocherebbero il surriscaldamento e, a cascata, altri eventi catastrofici.

Dal momento che l’umanità finirà inevitabilmente in uno scenario del genere, Corsetti afferma che «dovremmo essere grati» di trovarci in un periodo in cui «si può vivere anche se fa caldo». Rogan si dice d’accordo con lui, e aggiunge che «non è il riscaldamento globale a far paura, è il raffreddamento globale». Come ha riportato il sito Media Matters, le clip di quella discussione sono finite su TikTok e hanno raggiunto decine di milioni di visualizzazioni.

Le affermazioni di Corsetti (e dunque di Thomas) non hanno però la minima base scientifica. Come ha spiegato la NASA sul proprio sito ufficiale, i campi magnetici della Terra sono in costante movimento e l’inversione dei poli non equivale al rovesciamento fisico del pianeta, come ha suggerito lo youtuber statunitense. È un fenomeno reale, certo, ma che avviene molto lentamente: in 83 milioni di anni è avvenuta 183 volte, in modo del tutto impercettibile. Di sicuro, ribadisce la NASA, l’inversione dei poli non ha nulla a che vedere con il cambiamento climatico causato dall’uomo.

Questa variante climatica delle teorie sulle antiche civiltà è particolarmente subdola perché rientra nell’iper-catastrofismo, ossia una delle nuove tattiche usate dal negazionismo. Siccome il disastro è inevitabile e sfugge al nostro controllo – questo è il ragionamento – tanto vale disinteressarsi dell’emergenza in corso. Se non ce l’hanno fatta i superuomini ariani di Atlantide, figuriamoci gli esseri umani del Ventunesimo secolo.In realtà, come ha ricordato il giornalista Ferdinando Cotugno in una puntata della newsletter A Fuoco, non è mai troppo tardi per intervenire con azioni di mitigazione e adattamento. Siamo noi a scrivere il nostro futuro climatico, insomma. E non lo faremo di certo fantasticando su civiltà perdute, piramidi aliene o Gesù Cristo a bordo di un Ufo.

 

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