Logo
Questo articolo ha più di 1 mese

Le false profezie sulla fine del mondo affascinano l’umanità da secoli

Dal calendario dei Maya al pianeta Nibiru, le teorie apocalittiche continuano a catturare l’immaginario popolare

26 dicembre 2024
Condividi

Da profezie antiche a previsioni moderne, l’idea della fine del mondo ha sempre esercitato un fascino irresistibile sull’umanità. Alcuni vedono il cataclisma come un evento inevitabile, scritto nelle stelle o nei sacri testi, mentre altri lo interpretano come il risultato di complotti orchestrati da potenti forze nell’ombra. 

Dalle previsioni Maya del 2012 alle teorie sul controllo climatico, passando per scenari che includono alieni provenienti da altre galassie o scontri fatali con altri pianeti, i complotti sulla fine del mondo mescolano paura, mistero e una buona dose di immaginazione. Si tratta di una serie di teorie del complotto e false profezie che, fino ad ora, si sono evidentemente dimostrate prive di alcun fondamento, ma continuano a circolare, alimentando il fascino per l’ignoto e le ansie collettive di un’umanità in cerca di dare risposte a paure profonde e irrazionali.  

Il 21 dicembre 2012 e il calendario Maya

Tra le recenti teorie sulla fine del mondo, una delle più celebri è senza dubbio quella secondo cui i Maya avrebbero predetto la distruzione della Terra per il 21 dicembre 2012.​ 

Secondo alcune credenze e interpretazioni, questa data era stata indicata come cruciale per l’umanità, in cui avrebbe potuto verificarsi un evento di portata globale. Questo evento, la cui natura restava vaga, veniva descritto o come una profonda trasformazione spirituale o come la fine del mondo e la data era associata alla conclusione del tredicesimo ciclo del calendario Maya. Questo popolo, infatti, utilizzava tre calendari per misurare il tempo: il “Tzolk’in”, un calendario rituale di 260 giorni, l’“Haab”, un calendario che si avvicina all’anno solare, e il “Lungo Computo” che, invece, calcolava il tempo trascorso dalla mitica creazione del mondo, datata all’11 o 13 agosto 3114 a.C., a seconda di come il calendario Maya viene allineato con il calendario gregoriano.

I primi due calendari combinavano i loro cicli per formare periodi di circa 52 anni, mentre il Lungo Computo suddivideva il tempo in cicli progressivi detti “bak’tun”, un periodo equivalente a 394,52 anni solari o 144mila giorni. In una correlazione tra il “Lungo Computo” Maya e il calendario occidentale, la fine del tredicesimo “bak’tun”, sarebbe corrisposta al 21 (o 23 secondo altre interpretazioni) dicembre 2012. 

Nella mitologia del popolo Maya la fine di un ciclo era considerata un evento significativo e questa combinazione scatenò una serie di profezie in realtà basate sul niente o, meglio, su un fraintendimento. Negli anni che precedettero il 2012, scrittori e fautori di teorie New Age cominciarono a collegare questa data a presunti eventi apocalittici o trasformativi, dando vita a un fenomeno di enorme portata che ancora oggi continua a essere discusso.

Già alla fine del XIX secolo, Ernst Forstemann, bibliotecario tedesco a Dresda e uno dei primi a decifrare il calendario del “Lungo Computo” dei Maya, fece un primo accenno a una possibile profezia. Lavorando su un documento Maya noto come “codice di Dresda”, Forstemann ha interpretato una scena riportata nell’ultima pagina in cui appaiono degli dei con alcune armi in mano e un serpente, come simbolo della distruzione del mondo. Nonostante non collegò direttamente questo fatto alla fine del tredicesimo “bak’tun”, secondo alcuni studiosi creò comunque le premesse perché le persone pensassero che esistesse un mito Maya sulla fine del mondo. 

Nel 1966, Michael Coe, archeologo americano, nella prima edizione del suo libro “The Maya” avanzò delle ipotesi su come questo popolo potesse concepire la fine del tredicesimo “bak’tun”. Coe suggerì che una possibile interpretazione della fine di questo ciclo potesse essere la distruzione del mondo, un’idea che si basava principalmente sui miti aztechi riguardanti la creazione e la distruzione dei mondi. Tuttavia, egli stesso ammetterà più tardi che «allora come oggi, nessuna fonte Maya ha mai avanzato simili affermazioni riguardo al 2012». Queste interpretazioni, però, avevano dato il via a una serie di analisi successive che hanno collegato la fine del ciclo dei Maya con la fine del mondo. Nel 1975 Frank Waters, scrittore americano, riprese le speculazioni di Coe nel suo libro Mexico Mystique: The Coming Sixth Age of Consciousness, in cui ipotizzò che alla fine del tredicesimo “bak’tun” il mondo sarebbe stato distrutto da una serie di catastrofici terremoti, anche se aveva sbagliato a calcolare la data e definì il 2011 come l’anno della fine del mondo. 

Le fondamenta della cospirazione, così come si è diffusa in seguito, sono state gettate proprio in questo contesto, anche se probabilmente la figura che ha avuto il maggior ruolo nel diffondere il mito del 2012 è stato José Argüelles, scrittore e artista New Age, che nel 1987 scrisse The Mayan factor: path beyond technology. Secondo Argüelles il 2012 sarebbe stato un anno di cambiamenti catastrofici sulla Terra, seguito da una nuova età dell’oro. L’autore era convinto anche che i Maya fossero viaggiatori intergalattici che giunsero sulla Terra, vi rimasero per qualche secolo, lasciarono i loro indizi e poi se ne andarono. 

E da qui una serie di altre interpretazioni su come sarebbe finito il mondo nel 2012 si sono diffuse negli anni successivi. Una delle più famose è probabilmente quella che riguarda il pianeta X, o Nibiru, che sarebbe stato destinato a scontrarsi con la Terra o, comunque, le sarebbe passato molto vicino. Nel novembre 2012 la Nasa aveva smentito vari dei falsi miti che circolavano sulla fine del mondo, tra cui anche questo. Secondo gli scienziati dell’agenzia statunitense, infatti, se i movimenti di quel pianeta avessero previsto una collisione con la Terra, gli astronomi lo avrebbero seguito da almeno un decennio e in quel periodo sarebbe già stato visibile a occhio nudo. 

Stando alla Nasa gli unici due motivi astronomici importanti e reali per ricordare il 2012 erano due: da un lato il raro allineamento di Venere con il sole e la Terra, durato circa 6 ore e che si verifica a coppie di otto anni l’una dall’altra, separate da periodi che variano tra i 105 e i 121 anni (gli ultimi transiti sono avvenuti nel 2004 e, appunto, nel 2012 e il prossimo non avverrà prima del 2117); dall’altro un’eclissi solare totale che è stata visibile dall’Australia nel novembre di quell’anno. 

Nonostante le smentite degli scienziati che hanno preceduto il 21 dicembre 2012, le interpretazioni sulla fine del mondo, sostenute da un vasto sensazionalismo mediatico e pseudoscientifico, hanno generato un business di dimensioni mondiali negli anni e nei mesi precedenti, attraverso la produzione e la vendita di film, gadget, libri, fino addirittura alla promozione di kit di sopravvivenza per il presunto giorno della fine del mondo. 

Ad esempio in Messico l’agenzia di comunicazione Menosunocerouno aveva ideato e messo sul mercato un kit che conteneva block-notes, matita, fiammiferi, coltellino, acqua distillata, un liquore tipico della regione dello Yucatan e la cioccolata Abuelita, cioè il cibo degli dei secondo la tradizione Maya. Anche in Italia si era diffuso qualcosa di simile, anche se meno sullo stile “sopravvivere all’apocalisse”. Il tour operator romano Idee Per Viaggiare aveva creato il “Fine del mondo survival kit” in cui c’era una parte sigillata da aprire dopo il 22 dicembre nel caso in cui si fosse sopravvissuti, che conteneva quattro voucher sconto per vari viaggi, compresi alcuni tour del Messico. 

In realtà, secondo molti studiosi e studiose della cultura Maya, per questa popolazione la fine del “bak’tun” rappresenta semplicemente la fine di un vecchio ciclo e l’inizio di uno nuovo. Più che una fine definitiva, i Maya sembravano concepire il tempo come ciclico, quindi ogni “fine” era semplicemente un nuovo inizio.

Le numerose riapparizioni del pianeta Nibiru

Il pianeta Nibiru, tra i protagonisti della teoria sulla presunta fine del mondo predetta dai Maya, in realtà è tornato ciclicamente nel corso della storia ad alimentare false cospirazioni su catastrofici eventi che avrebbero distrutto la Terra e affonda le sue radici nel passato. 

La teoria che riguarda questo pianeta cominciò a circolare online nella metà degli anni ‘90, quando Nancy Lieder, una donna del Wisconsin, creò il sito web di cospirazione aliena ZetaTalk. Lieder sosteneva di essere un tramite per gli alieni del sistema stellare Zeta Reticuli, che si trovava a 39,17 anni luce dalla Terra, che l’avevano avvertita della catastrofe di Nibiru. Così nacque una delle teorie del complotto più durature degli ultimi decenni: quella, appunto, di Nibiru, un enorme pianeta nascosto ai confini del nostro sistema solare, destinato a distruggere la Terra, la cui esistenza sarebbe stata naturalmente occultata da governi e istituzioni mondiali.  

Le prime versioni della teoria prevedevano il 2003 come l’anno del disastro, ma, una volta che il presunto incontro fatale non si verificò, l’attenzione si spostò sul 2012, intrecciandosi questa volta con le previsioni catastrofiche dei Maya. Dopo aver superato anche il secondo presunto incontro con Nibiru, sembrava evidente che fosse necessario trovare un nuovo candidato. 

E non ci volle molto tempo prima che si presentasse l’occasione giusta, arrivata nel 2014, quando un articolo pubblicato sulla rivista Nature dagli astronomi Chad Trujillo e Scott Sheppard suggerì l’esistenza di un nono pianeta ai confini del nostro sistema solare. L’ipotesi, confermata nel 2016 da una seconda ricerca condotta dagli scienziati Mike Brown e Konstantin Batygin, parlava del cosiddetto “pianeta 9”: un gigante celeste nascosto in un’orbita estremamente distante dal Sole.

Ecco che per le teorie del complotto Nibiru altro non era che il nuovo Pianeta 9, nonostante gli scienziati non avessero, però, mai suggerito l’idea di un impatto con la Terra. A questo punto l’unico tassello mancante per una profezia sulla fine del mondo era una nuova data per l’impatto tra i due pianeti. E a questo pensò David Meade, autore di vari libri per lo più incentrati sulla fine del mondo o sul misterioso pianeta Nibiru. Nel suo libro Planet X – The 2017 arrival Meade calcolò la data della fine del mondo, che sarebbe stata causata dall’impatto tra la Terra e Nibiru, ora identificato come Pianeta 9. 

Secondo l’autore, ci sarebbero stati numerosi segnali che indicavano l’imminenza di questo cataclisma, facili da individuare se si sa dove guardare, a suo dire. I suoi calcoli prevedevano che il 23 settembre 2017 sarebbe arrivata una particolare configurazione astrale descritta nel Libro dell’Apocalisse, che avrebbe segnato l’inizio dell’arrivo di Nibiru. 

L’umanità passò indenne il 2017, ma Meade non si fermò, calcolando immediatamente una nuova fine del mondo prevista per l’anno successivo: il 23 aprile 2018. Pochi giorni prima di quella data si contraddisse da solo, dichiarando al giornale britannico The Guardian che in realtà non credeva che il mondo sarebbe finito il 23 aprile. Meade era convinto che il “rapimento il momento in cui Gesù apparirà e salverà i suoi seguaci ma respingerà gli altri, sarebbe avvenuto in un momento compreso tra maggio e dicembre di quell’anno. 

Vari scienziati avevano smentito questa teoria nelle sue varie versioni. Nel 2017 Giovanni Valsecchi, esperto di dinamica planetaria dell’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf), pochi mesi prima del presunto impatto aveva spiegato a la Repubblica che non esisteva alcuna possibilità che un oggetto di queste dimensioni raggiungesse le zone interne del sistema solare in tempi compatibili con la nostra vita, anche se l’ipotesi dell’esistenza del Pianeta 9 non era una teoria priva di valore. 

Ad esserlo era la profezia che lo collegava alla fine della Terra. Al momento in cui questo articolo viene scritto il “pianeta X” resta ancora un mistero, nonostante gli indizi si siano rafforzati ed esistano nuovi calcoli che forniscono le più alte probabilità statistiche finora raccolte che oltre l’orbita di Nettuno possa esistere un nuovo pianeta, ghiacciato e dalla massa cinque volte superiore a quella della Terra. Per ora, però, nessun allarme di schianto con il nostro pianeta, o almeno, non un allarme reale e concreto. 

L’eclissi solare totale dell’8 aprile 2024 e la profezia biblica su Ninive

Calendari, eclissi e pianeti sono i protagonisti principali delle teorie infondate sulla presunta fine del mondo, tra cui quella sull’eclissi solare totale di lunedì 8 aprile 2024 che ha attraversato il Nord America, passando sopra il Messico, gli Stati Uniti e il Canada. Il raro evento astronomico ha scatenato reazioni variegate da parte delle persone: da ricercatori e appassionati che per settimane si sono preparati per trovarsi nel posto giusto al momento giusto per immortalare il momento, fino a gruppi di cospirazionisti che hanno trovato terreno fertile per aggianciarci speculazione di ogni tipo

Vari estremisti di destra, in particolare, hanno sfruttato l’eclissi solare totale per sostenere la convinzione che un gruppo di “élite” starebbe usando l’evento come copertura per imporre nuovi controlli sulla popolazione. La teoria è stata promossa da personaggi come l’ex consigliere per la sicurezza statunitense Michael Flynn, già promotore di diversi complotti, e il cospirazionista Alex Jones, che aveva pubblicato numerosi video e commenti su questo tema sul suo account X, descrivendolo come un rituale massonico pianificato «in tutto il mondo per inaugurare il Nuovo Ordine Mondiale» e accumulando milioni di visualizzazioni.

Ma uno dei filoni più diffusi è stato quello che ha collegato l’evento alla fine del mondo e in particolare all’antica città biblica di Ninive, in Mesopotamia. Secondo il racconto biblico nell’ottavo secolo a.C. il profeta Giona visitò la città, profetizzando la sua distruzione se gli abitanti non si fossero pentiti dei loro peccati. Nel 763 a.C., quindi probabilmente nel periodo in cui secondo la Bibbia il profeta aveva visitato la città di Ninive predicendo la sua distruzione, si sarebbe verificata un’eclissi solare visibile proprio dalla città, conosciuta come “eclissi assira” o “eclissi di Bur-Sagale”. Una coincidenza perfetta per i complottisti con il tarlo della fine del mondo, che hanno diffuso sui social vari contenuti secondo cui l’evento del 2024 avrebbe avuto a che fare con questa predizione. 

Ad esempio, un video pubblicato su Facebook il 29 marzo 2024 mostrava una mappa degli Stati Uniti con i percorsi delle eclissi solari totali del 2017 e del 2024 e dell’eclissi anulare, cioè quando la luna copre il centro del sole, lasciando visibile un anello luminoso attorno ad esso, del 2023. Il filmato è accompagnato da un commento secondo cui «non solo l’eclissi solare dell’8 aprile attraversa 7 città chiamate NINEVE, ma incrocia anche quella del 2017 in una città chiamata LITTLE EGYPT, IL (Illinois, ndr)» e prosegue sostenendo che queste località mostrerebbero una connessione biblica con l’eclissi.  

In realtà, il tentativo di collegare l’eclissi a località bibliche presenta varie lacune. Prima di tutto, il sito web Eclipse2024.org elenca le località che hanno vissuto l’eclissi solare totale e include sette luoghi negli Stati Uniti denominati “Ninive”. Ma, come confermato anche dalla mappa del percorso pubblicata dalla Nasa, solo due rientrano nel percorso dell’evento totale: la città nello Stato dell’Indiana, e quella in Ohio. Le altre cinque città con lo stesso nome negli Stati di New York, Virginia, Pennsylvania, Texas e Kentucky hanno assistito solo a un’eclissi parziale. Inoltre, il post afferma erroneamente che il percorso dell’eclissi solare totale dell’8 aprile si sarebbe intersecato con quello dello stesso avvenimento del 2017 in una città chiamata Little Egypt, in Illinois. In realtà questa città non esiste, ma “Little Egypt” è il soprannome di una sezione dell’Illinois che comprende la città di Carbondale e la zona circostante. 

Dan McClellan, uno studioso della Bibbia molto popolare su TikTok, aveva spiegato in un video come la visita di Giona alla città di Ninive, avvenuta nell’ottavo secolo a.C. non fosse in alcun modo collegata all’eclissi solare dell’aprile 2024. Sia perché, appunto, l’eclissi totale sarebbe stata visibile solo da due città che portavano quel nome, contrariamente a quanto affermato sui social, sia perché l’interpretazione del testo sacro era errata.  

Le teorie che collegano il calendario Maya, pianeti sconosciuti o eclissi solari alla fine del mondo sono frutto di interpretazioni erronee e distorsioni. Ognuna di esse è stata smentita, sia prima che dopo le “date fatidiche” annunciate da presunte profezie. L’innegabile fascino che tali teorie esercitano, spesso alimentate dalla paura e dal desiderio di trovare significati nascosti, le ha rese e continua a renderle popolari tra molte persone, anche se il solo fatto di essere vivi e leggere questo articolo fa capire che solo la scienza e la storia forniscono una prospettiva più razionale su questi eventi.

Potrebbero interessarti
Segnala su Whatsapp