Logo

L’inquietante ritorno del razzismo “scientifico”

Il razzismo fondato sulla pseudoscienza sta tornando nelle sue forme più esplicite e ripugnanti

2 dicembre 2024
Condividi

Dopo la Seconda guerra mondiale e gli orrori della Shoah, il cosiddetto «razzismo scientifico» – basato su classificazioni biologiche del tutto inventate e pratiche antiscientifiche – è universalmente screditato e inaccettabile nel discorso pubblico dei Paesi occidentali.

Tuttavia, come ha rivelato un’inchiesta sotto copertura della ONG britannica anti-estremismo Hope Not Hate, una rete internazionale di estremisti di destra sta cercando di sdoganare e normalizzare idee sulla «superiorità genetica» della «razza bianca» attraverso podcast, social network, newsletter e paper accademici.

Il nodo principale della rete è la Human Diversity Foundation (HDF), un’organizzazione nata nel 2022 sulle ceneri del Pioneer Fund – un’associazione suprematista e razzista statunitense fondata nel 1937 e attiva fino a pochi anni fa.

Il primo atto del Pioneer Fund, sempre nel 1937, è stato quello di distribuire negli Stati Uniti Erbkrank, un corto realizzato dalla propaganda nazista per promuovere la Aktion T4, il programma di eutanasia forzata delle persone con disabilità che ha causato tra le 275mila e le 300mila vittime.

Le figure principali di HDF sono tre: il direttore Emil Kierkegaard, che ha espresso posizioni antifemministe, omolesbobitransfobiche (in un post su X ha scritto che «l’omosessualità è una malattia mentale») e negazioniste del cambiamento climatico. Sul suo blog ha anche caldeggiato la depenalizzazione della detenzione di materiale pedopornografico.

Poi c’è Matthew Frost, responsabile della newsletter Aporia che conta 15mila iscritti e centinaia di abbonati sulla piattaforma Substack. Il sito si occupa di «biodiversità umana» e adotta una linea editoriale improntata al «realismo razziale», sostenendo che esistono differenze tangibili e misurabili tra le varie «razze» – soprattutto per quanto riguarda il quoziente intellettivo.

Infine, la terza figura chiave è quella di Erik Ahrens. È un estremista di destra tedesco legato agli identitari austriaci guidati da Martin Sellner, e ha svolto il ruolo di consulente per i social media per il partito Alternative für Deutschland (AfD).

Hope Not Hate ha scoperto che la Human Diversity Foundation ha ricevuto oltre un milione di dollari di finanziamento da parte di Andrew Conru, un ricco imprenditore statunitense che nel 1996 ha creato il sito d’incontri Adult FriendFinder.

Dopo la pubblicazione dell’inchiesta Conru ha però fatto sapere al Guardian di aver ritirato il suo appoggio alla HDF, poiché il gruppo si sarebbe allontanato dalla sua «missione originaria» – ossia quella di condurre «ricerche accademiche imparziali».

Normalizzare il «razzismo scientifico» con la pseudoscienza

In realtà, la Human Diversity Foundation è sempre stata fedele alla sua missione: normalizzare il razzismo attraverso pubblicazioni e paper pseudoscientifici.

In questo, la continuità con il Pioneer Fund è totale. Per decenni, come ha ricostruito la giornalista britannica Angela Saini nel saggio Superiori: il ritorno del mito della razza, l’associazione ha finanziato riviste come il Mankind Quarterly (ora gestita da Kierkegaard) nonché antropologi e genetisti razzisti.

Tra questi c’erano scienziati nazisti come Otmar Freiherr von Verschuer, che durante la Seconda guerra mondiale aveva condotto esperimenti sui corpi dei bambini uccisi ad Auschwitz; e Roger Pearson, fondatore di diverse riviste pseudo-accademiche attraverso le quali promulgava idee legate al razzismo biologico e all’eugenetica.

Le ricerche sovvenzionate dal Pioneer Fund sono state alla base di The Bell Curve, un saggio del 1994 scritto dal politologo conservatore Charles Murray e dallo psicologo Richard Hernstein che ha avuto un enorme successo di vendite e generato parecchie controversie.

Utilizzando anche alcuni “studi” del Mankind Quarterly, gli autori erano arrivati a sostenere che la popolazione nera ha un quoziente intellettivo inferiore di quella bianca. Di conseguenza la diseguaglianza negli Stati Uniti sarebbe causata da fattori genetici, e non dalla discriminazione e dal razzismo sistemico.

Anche la Human Diversity Foundation punta a pubblicare paper su riviste scientifiche legittime – sottoposte a peer review, ossia alla revisione dei pari – o comunque raggiungere un pubblico più ampio.

Per fare ciò, ha scoperto l’inchiesta di Hope Not Hate, Kirkegaard gestisce una sorta di «gruppo di ricerca clandestino» formato da una decina di «ricercatori indipendenti» che ogni settimana fanno una riunione online per aggiornarsi sui rispettivi lavori.

Uno di questi è Davide Piffer, un italiano che fa parte dell’Ulster Institute for Social Research, un think tank fondato dallo psicologo razzista britannico Richard Lynn. Un paper di Piffer del 2013 è stato citato nel manifesto di Payton Gendron, il terrorista di estrema destra che ha ucciso dieci persone nere in un supermercato a Buffalo, negli Stati Uniti.

Un altro suo paper, scritto insieme a Kirkegaard, è stato invece pubblicato nel marzo del 2024 sulla rivista Twin Research and Human Genetics, edita dalla Cambridge University Press, a marzo del 2024.

La newsletter Aporia serve invece a veicolare le stesse idee, ma con un linguaggio più accessibile. Come annotano i giornalisti Harry Shukman e Patrik Hermansson di Hope Not Hate, «le idee razziste sono nascoste sotto strati di numeri, statistiche ed espressioni che servono a dare la parvenza di un rigore accademico, mentre in realtà sono distorsioni, travisamenti e manipolazioni della scienza».

Per il resto l’obiettivo di Aporia è quello di «spostare la finestra di Overton», ossia rendere nuovamente accettabile il razzismo scientifico e il suprematismo bianco.

In un articolo scritto nel giugno del 2024 da Bo Winegard, un editor della newsletter, si legge ad esempio che «i bianchi non dovrebbero vergognarsi della loro identità e delle loro conquiste culturali. Al contrario, dovrebbero esserne fieri».

Senza «l’identità bianca», continua Winegard ammiccando alla teoria del complotto della sostituzione etnica, «la cultura europea è destinata a disgregarsi e finire annacquata dentro una pappa insipida e insignificante».

L’attivismo politico e mediatico dei «razzisti scientifici»

L’altro ambito in cui si muove la Human Diversity Foundation è quello più squisitamente politico-mediatico.

Erik Ahrens, per l’appunto, è legato agli identitari austriaci e ad Alternative für Deutschland. Ha seguito la strategia social di Maximilian Krah, il politico espulso da AfD dopo aver minimizzato i crimini delle SS naziste in un’intervista con la giornalista di Repubblica Tonia Mastrobuoni.

Una manifestazione contro AfD tenutasi nel gennaio del 2024, dopo le rivelazioni della testata Correctiv.

Soprattutto, Ahrens ha partecipato all’incontro segreto tra estremisti di destra extraparlamentari ed esponenti di AfD, tenutosi a Potsdam nel novembre del 2023 e scoperto dalla testata Correctiv. In quella riunione si era discusso apertamente di «remigrare» – una parola in codice che significa «deportare» – due milioni di persone tra migranti irregolari e cittadini tedeschi «non assimilati», cioè di seconda o addirittura terza generazione.

Parlando a ruota libera con il giornalista sotto copertura di Hope Not Hate, Ahrens ha caldeggiato la creazione di un etno-stato – «idealmente nella Germania dell’Est», un’area dove AfD è ormai il primo partito – che dovrebbe proteggere i «bianchi cristiani […] come Israele protegge gli ebrei».

Negli Stati Uniti, le teorie e le personalità legate alla Human Diversity Foundation – e più in generale al «razzismo scientifico» – stanno acquisendo sempre più rilevanza all’interno dell’estrema destra e del mondo MAGA, il movimento pro-Trump che prende il nome dallo slogan «Make America Great Again».

Lo scrittore suprematista Steve Sailer, uno dei più accaniti sostenitori del «razzismo scientifico», è stato invitato nella trasmissione su X dell’ex conduttore di Fox News Tucker Carlson e nel podcast di Charlie Kirk, il fondatore dell’associazione estremista Turning Point USA.

In quest’ultima apparizione Sailer, tra le varie cose, ha falsamente affermato che negli Stati Uniti «i neri tendono a commettere omicidi con una frequenza circa dieci volte superiore a quella dei bianchi, e questo non si spiega solo con la povertà».

Argomentazioni simili sono state avanzate dall’influencer estremista Bronze Age Pervert, pseudonimo del politologo romeno-statunitense Costin Vlad Alamariu. Nel suo libro del 2018 Bronze Age Mindset, che ha riscontrato una certa popolarità all’interno degli ambienti trumpiani, Alamariu scrive che il mondo è retto su un «ordine naturale» inscalfibile e immutabile, in fondo al quale si trovano (e devono restare) i neri.

Su X sono poi attivi diversi account di «razzisti scientifici», con cui interagisce spesso il proprietario Elon Musk. Uno di questi è @cremieuxrecueil, elogiato da Aporia come un coraggioso ricercatore indipendente che «ricostruisce le vie genetiche del crimine, dimostrando che la povertà non è una buona spiegazione causale».

Per quanto queste affermazioni rimangano in larga parte marginali, è innegabile che negli ultimi anni – grazie al lavoro di gruppi come la Human Diversity Foundation – si stiano nuovamente incistando nel dibattito pubblico.

Dopotutto, ha sottolineato il giornalista Ali Breland su The Atlantic, il «razzismo scientifico» è un vero e proprio «grimaldello» utilizzato dagli estremisti di destra per scardinare l’idea che il razzismo sia un costrutto sociale, e far rientrare dalla finestra pericolose teorie che negli ultimi secoli hanno causato discriminazioni, sofferenze e genocidi.

Potrebbero interessarti
Segnala su Whatsapp