“Remigrazione”, il piano razzista dell’estrema destra che è finito al centro del dibattito politico europeo
Nato in Francia all’inizio degli anni Dieci, il concetto di “remigrazione” si è diffuso in tutta Europa ed è stato adottato da membri del partito tedesco AfD
Questo fine settimana, in molte città della Germania si sono svolte grandi manifestazioni contro il partito di destra radicale Alternative für Deutschland (AfD). Da Berlino a Francoforte, centinaia di migliaia di persone sono scese in piazza per contestare un piano segreto di deportazione di massa, scoperto il 10 gennaio del 2024 daCorrectiv.
Secondo quando riportato dal sito investigativo tedesco, lo scorso 25 novembre alcuni esponenti di AfD si sono incontrati in un hotel di Potsdam (vicino a Berlino) con membri di movimenti neonazisti, identitari ed extraparlamentari, nonché con dei finanziatori del partito.
In quell’occasione si è discusso, per l’appunto, di un piano di espulsione di richiedenti asilo, persone immigrate e addirittura cittadini con passaporto tedesco ma «non assimilati» – ossia quelli di seconda o terza generazione.
Tale progetto sarebbe stato presentato durante l’incontro da Martin Sellner, un attivista di 35 anni che ha fondato la sezione austriaca di Generazione Identitaria, un movimento estremista nato in Francia nel 2012 e sciolto nel 2021 per «istigazione alla discriminazione, all’odio e alla violenza».
Sellner è stato definito dallaBBC «il volto moderno dell’estrema destra europea» per la sua abilità con i social network e i suoi stretti legami con il suprematismo bianco anglosassone. Nel 2019, ad esempio, è emerso che Brenton Tarrant – l’autore della strage a due centri islamici di Christchurch, in Nuova Zelanda – gli aveva donato 1.700 dollari.
Il suo nome è comparso anche nelle cronache italiane. Nel 2017 era stato il capitano della missione navale «Defend Europe», che con la nave C-Star cercava di ostacolare le operazioni di soccorso delle ONG nel Mediterraneo centrale. Non era finita benissimo: un’imbarcazione dell’ONG Sea Eye era stata chiamata dal Centro di coordinamento per il soccorso in mare (Mrcc) per soccorrere gli identitari, rimasti bloccati per un’avaria.
Per Sellner, comunque, le deportazioni dalla Germania si dovrebbero svolgerebbero nell’arco di svariati anni e dovrebbero coinvolgere almeno due milioni di persone, da trasferire in qualche «Stato modello» del Nord Africa ancora da individuare. Questo preciso riferimento geografico – hanno scritto i giornalisti di Correctiv – ricorda in maniera inquietante il cosiddetto «piano Madagascar» dell’epoca nazista, che prevedeva il trasferimento forzoso di quattro milioni di ebrei europei in Madagascar.
L’inchiesta sottolinea inoltre che Sellner non ha mai usato la parola «deportazione» o «espulsione», ma un termine apparentemente più neutro e meno conosciuto: «remigrazione».
Cosa si intende per “remigrazione” Questa espressione indica il ritorno – forzato o meno – delle persone «non europee» ai loro Paesi d’origine, ed è stataconiata dall’estrema destra francese negli anni Novanta. Nel 1992, ad esempio, il Front National stampava sui propri manifesti elettorali lo slogan «Quand nous arriverons, ils partiront! » (in italiano «Quando arriveremo, loro partiranno»).
All’inizio degli anni Dieci il concetto è stato adottato e reso popolare dal movimento identitario, che pratica una forma di razzismo detto «differenzialista», volto a tenere rigidamente separata la superiore «cultura europea» (intesa in realtà come “razza bianca”) da tutte le altre.
Nel 2014 il militante di estrema destra – nonché ex consulente di Marine Le Pen – Laurent Ozon ha lanciato il «Movimento per la remigrazione». Nello stesso anno il Bloc Identitaire (da cui è nata Generazione Identitaria) ha organizzato un «convegno per la remigrazione» in cui è stato presentato un piano in 26 punti contro «l’immigrazione di massa», che tra le varie cose contemplava la creazione di un «alto commissariato per la remigrazione», un fondo apposito per le espulsioni e una «campagna mediatica per convincere i migranti a tornare in patria».
Il concetto si è poi allargato ad altre parti dell’estrema destra francese: sia tra i movimenti (come la formazione ultracattolica Civitas), sia tra intellettuali e polemisti – su tutti Eric Zemmour, candidato alle presidenziali del 2022, che durante la campagna elettorale ha promesso la creazione di un «ministero per la remigrazione».
Come ha spiegato il politologo Jean-Yves Camus in un’intervista del 2017, la «remigrazione» è strettamente collegata alla teoria del complotto razzista della «grande sostituzione», secondo la quale l’immigrazione sarebbe in realtà una forma mascherata di genocidio delle popolazioni «autoctone» (ossia bianche e cristiane).
La «remigrazione», secondo il ragionamento degli identitari, sarebbe dunque una soluzione “pacifica” per invertire il flusso migratorio e “salvare” l’Europa e i suoi valori. Il punto è che in questa «inversione migratoria» ci finirebbero anche persone nate e cresciute in Europa, la cui unica colpa è quella di avere la pelle (o la religione) sbagliata.
Le proposte di bandire AfD Ma torniamo alla pubblicazione dell’inchiesta di Correctiv e alle sue conseguenze politiche. Il cancelliere Olaf Scholz ha parlato di «grave minaccia per la democrazia», mentre il vice-cancelliere Robert Habeck ha detto che AfD vuole «trasformare la Germania in uno stato autoritario».
Dal canto loro, i vertici del partito hanno preso le distanze dall’incontro di Potsdam. E pure coloro che vi hanno preso parte si sono affrettati a dire che l’avevano fatto a titolo personale, una circostanza messa in forte dubbio dalla stampa tedesca.
Il dibattito pubblico nel Paese si sta anche concentrando sulla possibilità di bandire AfD sulla base dell’articolo 21 della Costituzione tedesca, che definisce «incostituzionali» i partiti che «con i loro obiettivi o con il comportamento dei loro aderenti, cercano di indebolire o abolire l’ordine fondamentale democratico libero o di mettere in pericolo l’esistenza della Repubblica federale tedesca».
Non è la prima volta, infatti, che AfD viene considerata una potenziale minaccia per la democrazia tedesca. Le sezioni locali nei Land della Sassonia, Sassonia-Anhalt e Turingia sono state classificate come «organizzazioni di estrema destra» da parte dell’Ufficio per la protezione della Costituzione (Verfassungsschutz). In altri cinque Stati il partito è sotto osservazione come «caso sospetto di estremismo».
Ad ogni modo, nel dopoguerra tedesco soltanto due partiti sono stati sciolti sulla base dell’articolo 21: il Partito Socialista del Reich (SRP) nel 1952 e il Partito Comunista di Germania (KPD) nel 1956. Nel 2017 la Corte costituzionale tedesca ha respinto la richiesta di mettere al bando il Partito Nazionaldemocratico Tedesco (NPD) – il più noto partito neonazista tedesco – perché ritenuto troppo marginale per minacciare la tenuta democratica del Paese.
Nel caso di AfD, per l’appunto, la situazione è decisamente più complicata. Stando ai sondaggi il partito si attesta al 24 per cento dei consensi su base nazionale, secondo solo a Cdu-Csu, ossia i partiti di centrodestra Unione Cristiano-Democratica di Germania e Unione Cristiano-Sociale in Baviera. In alcuni Land della Germania dell’Est AfD oscilla addirittura tra il 34 e il 36 per cento. La richiesta di sciogliere il secondo partito tedesco avrebbe conseguenze del tutto imprevedibili, sia sul piano politico che su quello sociale.Di sicuro, la presenza di un partito come AfD contribuisce a sdoganare termini e teorie di estrema destra che fino a poco fa erano confinate in un ristretto recinto ideologico. E all’interno del partito c’è pure chi rivendica esplicitamente il progetto di «remigrazione». Come ha scritto su X René Springer, deputato del Bundestag (il parlamento federale tedesco), «spediremo a casa loro milioni di stranieri. E non è un piano segreto. È una promessa».