Logo
Questo articolo ha più di 1 mese

Le teorie del complotto sono la più grave minaccia che incombe sulle elezioni statunitensi

Dopo i roghi di schede elettorali nel Paese, le agenzie federali sono preoccupate per le speculazioni infondate degli estremisti

29 ottobre 2024
Condividi

A una settimana dalle elezioni presidenziali statunitensi, alcune urne che contenevano le schede elettorali sono state bruciate a Vancouver e Portland – rispettivamente nello Stato di Washington e dell’Oregon.

Il danno più rilevante c’è stato a Vancouver: il rogo, appiccato intorno alle 4 di mattina del 28 ottobre 2024, ha distrutto centinaia di schede dentro l’urna al di fuori del Fisher’s Landing Transit Center, una stazione degli autobus.

A Portland, invece, il sistema antincendio dell’urna ha salvato la quasi totalità delle schede; ne sono state perse solo tre.

L’indagine per individuare i responsabili è affidata all’FBI. In una nota stampa la polizia di Portland ha dichiarato che i due attacchi non sono episodici, ma collegati tra loro. Greg Kimsey, il presidente della commissione elettorale della contea di Clark (dove si trova Vancouver), ha parlato di un «attacco diretto alla democrazia».

Oregon e Washington fanno parte di quei 27 Stati che, insieme al Distretto di Columbia, prevedono il voto per corrispondenza. All’elettore registrato viene infatti spedita per posta la scheda elettorale, che poi deve mettere fisicamente dentro le urne (ballot drop box) disseminate in punti strategici delle città – all’interno di edifici pubblici, ad esempio, oppure all’aperto in luoghi riconoscibili e facilmente accessibili.

Questa modalità di voto a distanza (per cui non serve recarsi fisicamente al seggio) ha registrato un netto aumento negli ultimi anni. Nel 2020, soprattutto a causa della pandemia, era stato scelto da ben 66,4 milioni di elettori – il 42 per cento dell’elettorato.

Come ricorda un articolo dell’Associated Press, sul voto per posta si sono concretate svariate teorie del complotto: secondo la destra repubblicana, e Donald Trump stesso, avrebbero ricoperto un ruolo chiave nei «brogli elettorali» dei democratici del 2020. Che in realtà, come accertato da varie inchieste, non sono mai esistiti: le elezioni si sono svolte regolarmente e non è stato segnalato alcun problema legato ai ballot drop box.

Simili speculazioni sono state ripetute anche dal documentario complottista del 2022 2,000 Mules, diretto dal polemista di estrema destra Dinesh D’Souza e anch’esso promosso dall’ex presidente repubblicano. Nel maggio del 2024 la pellicola è stata ritirata dal commercio dalla casa di produzione Salem, che ha transato una causa per diffamazione intentata da Mark Andrews – un cittadino della Georgia ingiustamente accusato di aver falsificato il suo voto.

Le preoccupazioni delle forze dell’ordine per il voto di novembre

A ogni modo, i roghi di Vancouver e Portland testimoniano quanto sia incandescente il clima politico statunitense, e soprattutto confermano le preoccupazioni delle forze dell’ordine alla vigilia delle presidenziali.

In un documento congiunto tra l’FBI e il dipartimento della sicurezza interna (DHS, Department of Homeland Security), reso pubblico il 28 ottobre del 2024 da NBC News, si legge che il processo elettorale potrebbe essere minacciato da «estremisti violenti che cercano di terrorizzare [gli elettori] e interferire nel voto» proprio sulla base di teorie del complotto elettorali, legate cioè a presunti brogli architettati dalla parte avversa.

Tra gli scenari di rischio elencati dalle agenzie federali ci sono atti di violenza ai seggi, agli uffici dove la cittadinanza si può registrare nelle liste elettorali e ai comizi politici, nonché atti di vandalismo contro le urne che contengono le schede elettorali.

La lista dei potenziali bersagli include inoltre candidati, scrutatori, giudici, giornalisti e pubblici ufficiali incaricati di supervisionare il corretto funzionamento del procedimento elettorale.

Secondo l’FBI, è quest’ultima categoria a essere presa di mira con minacce fisiche e online – in particolare nelle aree dove i risultati sono più in bilico. Nella contea di Maricopa in Arizona, che nel 2020 è stato l’epicentro di alcune teorie complottiste repubblicane sulle elezioni presidenziali, le autorità hanno drasticamente aumentato le misure di sicurezza: le guardie di sicurezza indosseranno giubbotti antiproiettile, mentre i seggi saranno sorvegliati da droni e cecchini della polizia.

Prima della pubblicazione del documento congiunto, il dipartimento della sicurezza interna aveva lanciato un altro allarme legato a possibili episodi di violenza legate alle elezioni.

In un rapporto interno, ottenuto da Wired il 23 ottobre del 2024, gli analisti del reparto di intelligence del DHS hanno parlato di «fantasie complottiste» sulla «possibilità di una guerra civile» in caso di un risultato elettorato sgradito. Gli estremisti ne starebbero discutendo nei loro circuiti online, nel tentativo di «spingere gli individui a mobilitarsi in modo violento».

Quello della «seconda guerra civile americana» è uno dei miti più longevi dell’estrema destra statunitense, ed era stato anche alla base dell’assedio al Congresso del 6 gennaio del 2021. Il timore delle agenzie federali, insomma, è che il prossimo novembre possa ripetersi uno scenario simile.

Immagine di copertina via @evanbellKATU/X

Potrebbero interessarti
Segnala su Whatsapp