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Con la grazia agli assalitori del Congresso Trump ha legittimato l’attacco alla democrazia

Il nuovo presidente ha liberato le oltre 1500 persone condannate o imputate per il 6 gennaio 2021, lanciando un chiaro messaggio politico

23 gennaio 2025
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Come aveva ampiamente annunciato nei mesi scorsi, il presidente Donald Trump ha graziato circa 1.500 persone condannate o imputate per reati connessi al violento assedio al Congresso statunitense del 6 gennaio del 2021, che ha causato cinque morti e centinaia di feriti tra le forze dell’ordine.

Il provvedimento di grazia, si legge sul sito ufficiale della Casa Bianca, «fa cessare un grave ingiustizia commessa ai danni del popolo statunitense negli ultimi quattro anni e fa partire un processo di riconciliazione nazionale».

Trump ha anche ordinato al dipartimento di giustizia di non portare avanti le indagini ancora in corso, facendo così finire una delle più lunghe, vaste e complesse inchieste penali della storia degli Stati Uniti.

Il 47esimo presidente ha inoltre commutato la pena a 14 membri delle milizie di estrema destra Proud Boys e Oath Keepers condannati per gravi reati, tra cui la sedizione – ossia un complotto tra due o più persone per «rovesciare, abbattere o distruggere con la forza il governo degli Stati Uniti».

Di quest’ultimo gruppo fa parte Stewart Rhodes, capo degli Oath Keepers, che doveva scontare una pena a 18 anni di carcere per sedizione.

Prima di emettere la sentenza nel 2023, il giudice distrettuale Amit Mehta aveva detto che «non possiamo assolutamente consentire» che «un gruppo di cittadini fomenti una rivoluzione perché non hanno gradito il risultato di un’elezione». Il magistrato aveva poi aggiunto, rivolgendosi a Rhodes, che «lei rappresenta una minaccia e un pericolo continuo per la nostra democrazia».

Oltre a Rhodes è stato liberato anche il leader dei Proud Boys Enrique Tarrio, condannato a 22 anni di carcere sempre per sedizione. Sebbene Tarrio non fosse fisicamente presente a Washington D. C. durante l’assedio, quel giorno ha dato istruzioni ai militanti estremisti – dicendo ad esempio di «non andarsene» una volta dentro il Campidoglio – e ha rivendicato l’attacco in una serie di messaggi privati.

«Diciamolo chiaramente», ha scritto, «siamo stati a noi farlo».

Gli estremisti violenti e i picchiatori di poliziotti graziati da Trump

A differenza di quanto aveva suggerito il vicepresidente JD Vance in un’intervista a Fox News, secondo il quale dovevano essere fatte delle «eccezioni», sono stati graziati anche gli assalitori più estremi e violenti.

Tra questi, giusto per fare qualche esempio, c’è Eric Munchel. Il 32enne di Nashville era stato fotografato mentre si aggirava per l’aula del Senato occupata con una giubbetto antiproiettile, una toppa con il teschio del Punitore (un personaggio dei fumetti divenuto un feticcio dell’estrema destra statunitense) e diverse fascette di plastica.

Secondo il giudice distrettuale Royce Lamberth, che l’ha condannato a cinque anni di carcere insieme alla madre Lisa Marie Eisenhart (presente anche lei), Munchel voleva «arrestare e tenere in ostaggi i senatori» ma fortunatamente non ci è riuscito perché «erano già stati evacuati insieme ai loro staff».

Poi c’è David Dempsey, definito dai procuratori come «uno degli assalitori più violenti nelle fasi più concitate e violente dell’assedio al Campidoglio». Durante il 6 gennaio 2021 aveva infatti attaccato svariati agenti di polizia con spray al peperoncino, bastoni, sbarre di metallo e calci in testa. È stato condannato nell’agosto del 2024 a vent’anni di carcere, una delle pene più alte.

Subito dopo la sentenza aveva parlato al telefono con dei sostenitori radunati fuori dal carcere di Washington D. C. in cui era rinchiuso. In quell’occasione Dempsey aveva minacciato agenti dell’FBI, procuratori e attivisti antifascisti con queste parole: «non esultate troppo, perché la condanna durerà qualche mese e poi vi cagheremo in testa per i prossimi quattro anni».

E ancora: è stata estinta la pena di Keith Packer, condannato a 75 giorni di carcere per manifestazione non autorizzata. Nel corso dell’assedio l’uomo, un 57enne pluripregiudicato, indossava una felpa con la scritta «Camp Auschwitz» davanti e «STAFF» dietro; sotto aveva un’altra maglietta con il simbolo delle SS naziste.

Al processo, la procuratrice Mona Furst ha detto che Packer «voleva il rovesciamento della nostra repubblica e l’instaurazione di una dittatura attraverso la forza e la violenza».

Anche Jacob Chansley, il famigerato «Sciamano di QAnon», è stato graziato. L’uomo era stato condannato a tre anni e mezzo di carcere per ostruzione del procedimento elettorale, ma è stato scarcerato nel marzo del 2023 per buona condotta.

Poco dopo l’ufficializzazione della grazia, Chansley ha ringraziato Trump su X aggiungendo che «ORA VADO A COMPRARMI DELLE CAZZO DI PISTOLE!!!»

La scelta di graziare anche gli individui condannati per reati violenti è stata fortemente criticata da alcuni agenti in servizio il 6 gennaio. In un’intervista al New York Times, l’ex agente della polizia del Campidoglio Harry Dunn ha riferito che «siamo tutti quanti arrabbiati, tristi e devastati».

Il collega Aquilino Gonell ha ribadito che si tratta di «un’ingiustizia, un tradimento, una beffa e un insulto per tutti gli uomini e le donne che hanno rischiato la loro vita per difendere la democrazia». L’ex poliziotto Michael Fanone, che è stato uno dei testimoni chiave della Commissione parlamentare d’inchiesta sul 6 gennaio, ha detto di «sentirsi tradito dal mio Paese».

Anche i due principali sindacati di polizia degli Stati Uniti, il Fraternal Order of Police e l’International Association of Chiefs of Police, hanno criticato la mossa di Trump dicendosi «profondamente costernati».

Il definitivo ribaltamento della realtà sull’assedio al Campidoglio

Per il resto, la grazia agli assalitori è l’atto finale di un revisionismo storico che va avanti da quattro anni.

Da un lato, sul 6 gennaio si sono addensate numerose teorie del complotto che puntano a negare le responsabilità dei sostenitori di Trump e dello stesso presidente – che secondo il procuratore speciale Jack Smith poteva essere condannato per aver provato a rovesciare il risultato elettorale del 2020, se non avesse vinto le ultime presidenziali.

Quelle più gettonate sostengono che l’assalto è stato orchestrato da agenti dell’FBI sotto copertura oppure da militanti antifascisti travestiti da trumpiani per screditare il movimento MAGA (dallo slogan «Make America Great Again»).

Dall’altro lato, l’assedio è stato costantemente minimizzato e distorto da numerosi membri del Partito Repubblicano; persino da persone che si trovavano dentro il Parlamento e hanno rischiato il linciaggio da parte della folla.

Il deputato Andrew Clyde, ad esempio, nel maggio del 2021 ha paragonato l’attacco a una «normale gita turistica». Quel giorno, tuttavia, aveva aiutato gli agenti a bloccare l’ingresso della Camera per non far entrare gli assalitori.

Nel marzo del 2023, la deputata ultratrumpiana Marjorie Taylor Greene ha visitato i detenuti condannati per il 6 gennaio nel carcere di Washington D. C., definendoli «prigionieri politici» e denunciando un «sistema giudiziario a due livelli» che colpisce i conservatori per le loro convinzioni.

Anche Donald Trump ha contribuito a riscrivere la storia. Durante la sua campagna elettorale ha descritto il 6 gennaio come una «giornata d’amore», gli scontri come «piccoli tafferugli» e gli assalitori come degli «ostaggi», promettendone la liberazione nel caso in cui fosse tornato alla Casa Bianca, come poi è effettivamente avvenuto.

Sebbene non sia stata apprezzata dalla maggioranza della popolazione statunitense, almeno stando a due sondaggi di Reuters/Ipsos e YouGov, la decisione di Trump di liberare gli assalitori lancia un messaggio politico chiarissimo – e decisamente inquietante.

Come ha scritto il giornalista Ali Breland su The Atlantic, «le milizie più radicali ora sono libere di agire nell’impunità più totale, a patto di essere fedeli a Trump». Per la professoressa ed ex procuratrice Joyce Vance, nonché esponente dell’ONG Brennan Center for Justice, concedere la grazia a chi ha «attaccato il cuore della nostra democrazia» è un atto fondamentalmente «autoritario».

Secondo il politologo Robert Pape, direttore del Chicago Project on Security & Threats dell’Università di Chicago, l’effetto più pericoloso sarà quello di «legittimare futuri assalti in stile 6 gennaio» e «normalizzare la violenza politica».

Molti degli assalitori liberati, ha detto al Guardian, sono infatti «una minaccia» per la tenuta democratica del Paese.

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