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Un’agenzia USA ha revocato i finanziamenti alla ricerca sulla disinformazione nel nome della libera espressione

La mossa della NSF avvantaggerà chi vuole manipolare il dibattito pubblico e le piattaforme che lo rendono possibile

24 aprile 2025
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Alexios Mantzarlis è il direttore della Security, Trust, and Safety Initiative (SETS) presso l’università Cornell Tech di New York. Questo articolo è stato pubblicato originariamente in inglese nella newsletter Faked Up, curata da Mantzarlis e ripubblicata da Facta con il permesso dell’autore. Lettrici e lettori di Facta possono abbonarsi alla versione inglese con uno sconto del 20 per cento cliccando a questo link.

Il 18 aprile, la National Science Foundation (NSF) – un’agenzia governativa degli Stati Uniti che sostiene la ricerca – ha annunciato che revocherà i finanziamenti precedentemente assegnati a ricercatori impegnati nello studio della disinformazione. Questa la giustificazione ufficiale fornita: 

«In conformità con l’azione presidenziale annunciata il 20 gennaio 2025, la NSF non darà priorità a proposte di ricerca che comportino o facilitino condotte che potrebbero limitare incostituzionalmente la libertà di espressione di cittadini americani. La NSF non sosterrà ricerche con l’obiettivo di combattere “misinformation”, “disinformation” o “malinformation” se ciò può essere utilizzato per violare i diritti costituzionalmente protetti alla libertà di espressione dei cittadini americani, promuovendo una narrativa preferita su temi rilevanti del dibattito pubblico».

La NSF non ha pubblicato un elenco completo dei finanziamenti interessati, né ha risposto alle richieste di commento. Per comprendere l’impatto di questa decisione, ho consultato il database delle assegnazioni della NSF, dal quale risultano 136 finanziamenti per un valore complessivo di 93,9 milioni di dollari che potrebbero essere stati colpiti*. Ho contattato tutti i ricercatori principali (PI) – principal investigator – associati a questi progetti, e al momento della pubblicazione 24 di questi hanno risposto.

Dalle loro risposte e da comunicazioni pubbliche, risulta confermata la revoca di almeno 22 finanziamenti per un valore di 19,1 milioni di dollari. I progetti spaziavano dalla psicologia alla cybersicurezza, dall’educazione alla data science. Poiché molti erano già in corso, la maggior parte dei fondi è stata probabilmente già spesa**, ma circa 6,4 milioni di dollari potrebbero essere recuperati. Considerando che ha risposto circa il 20 per cento dei PI contattati, stimiamo che l’impatto reale dei tagli possa essere fino a cinque volte superiore, generando negli Stati Uniti un deficit di finanziamento di circa 30 milioni di dollari per queste tematiche.

Il processo decisionale della NSF non sembra essere stato particolarmente sofisticato. Uno dei progetti revocati conteneva la parola “misinformation” nell’abstract, ma era incentrato sulla creazione di materiale educativo sull’intelligenza artificiale. Considerando che la maggior parte degli americani prevede di utilizzare sempre più spesso l’IA, questo appare come un uso del tutto ragionevole – persino necessario – di fondi pubblici. Invece, è uno dei molti esempi in cui la cancellazione sembra andare contro l’interesse pubblico.

Ricerca apartitica su sfide centrali per la società

L’errore più grave di queste revoche è pensare che i progetti promuovessero “una narrativa preferita”. Uno dei ricercatori, PI 11***, mi ha spiegato: «Questa decisione rappresenta un attacco politicamente motivato e infondato alla libertà accademica e alla scienza stessa. Il governo federale non ha nemmeno tentato di comprendere i progetti che ha cancellato. Se lo avesse fatto, avrebbe visto che il nostro progetto non era politico né orientato politicamente».

Lisa Fazio, il cui progetto revocato analizzava l’effetto della ripetizione sulla diffusione di false credenze, mi ha detto che «tutti i finanziamenti cancellati erano passati attraverso una rigorosa peer review da parte di altri scienziati e considerati rispondenti ai bisogni del Paese dalla stessa NSF».

Sebbene lo studio della disinformazione abbia radici storiche, l’attenzione verso questo campo è aumentata notevolmente nell’ultimo decennio. Tra il 2015 e il 2024, la NSF ha finanziato 419 progetti contenenti i termini “misinformation” o “disinformation”, rispetto ai soli 50 del decennio precedente. Questa è comunque un’approssimazione grossolana della ricerca nell’ambito, dal momento che termini più o meno di moda in un determinato periodo influenzano la probabilità che questi siano utilizzati nelle richieste di finanziamento.

Da questi dati storici possiamo comunque trarre due osservazioni generali. La prima è che i progetti sulla disinformazione finanziati durante la prima amministrazione Trump (174) sono rimasti più o meno stabili durante il periodo dell’amministrazione Biden (207). La seconda è che il picco di finanziamenti si è registrato durante la pandemia di Covid-19, quando una falsa credenza poteva costarti letteralmente la vita.

Numero di progetti finanziati dalla NSF con "misinformation" o "disinformation" nell’abstract (per anno di inizio)

Alcuni dei progetti revocati in questi giorni erano focalizzati sulla disinformazione in ambito sanitario, incluso uno che usava l’IA per «rilevare e mitigare informazioni sanitarie distorte, dannose e/o false che colpiscono in modo sproporzionato le minoranze». La ricercatrice Shiri Dori-Hacohen mi ha detto: «Questa decisione scoraggiante è in aperto contrasto con la missione statutaria della NSF di migliorare la vita degli americani».

Comprendere la disinformazione è essenziale per proteggere la società da ogni tipo di comportamento nocivo. Neil Rowe, che vent’anni fa ricevette un finanziamento NSF per studiare l’inganno in ambito cybersicurezza, mi ha spiegato che la decisione di questi giorni «non ha senso, dal momento che la comprensione delle dinamiche ingannevoli è fondamentale per le forze dell’ordine, le forze armate, la psicologia e il marketing».

Shweta Jain, il cui progetto revocato mirava a garantire la tracciabilità delle immagini e dei video, ha osservato che «alcune persone hanno perso la propria libertà perché hanno creduto in narrazioni false».

Il paradosso della censura

I progetti revocati, oltre a essere chiaramente apartitici, non avevano alcuna capacità concreta di minacciare la libertà di espressione. Nessuno degli studi che ho esaminato lavorava direttamente con le piattaforme digitali per rimuovere contenuti (come ex dipendente di Trust & Safety, so che sarebbe estremamente insolito che i ricercatori possano avere un simile potere). E anche se ciò fosse successo, la Corte Suprema ha stabilito che le piattaforme digitali hanno il diritto, sancito dal Primo Emendamento, di moderare i contenuti ospitati.

Inoltre, la libertà di espressione non implica necessariamente libertà di diffusione. Un altro ricercatore, PI 12, mi ha detto: «Contrastare la disinformazione NON significa limitare la libertà di parola. Significa garantire che la libertà di espressione sia accompagnata dalla libertà di informazione – e dalla libertà della verità». Un altro ricercatore, PI 1, ha definito «incredibile» che «la NSF abbia deciso che qualsiasi ricerca volta a comprendere la diffusione di false informazioni o a fornire contesto agli utenti per decisioni informate equivalga alla censura».

Un altro dei progetti annullati studiava le reazioni individuali ai discorsi dannosi e la creazione di norme collettive contro contenuti d’odio e disinformazione. Un approccio che richiama l’invito brandeisiano a contrastare le falsità con più informazione – davvero difficile da conciliare con la volontà dichiarata della NSF di evitare la censura.

Altri progetti revocati cercavano di valutare l’efficacia di quegli interventi di fact-checking che hanno scatenato le ire di qualcuno (ma che comunque non costituiscono censura). Un ricercatore, PI 7, mi ha detto che la sua ricerca avrebbe potuto «individuare i limiti e i potenziali bias dei fact-checker umani [e che] sarebbe stata molto preziosa per chiunque voglia evitare la potenziale soppressione di argomenti specifici»

Ironia della sorte, alcuni degli studi sulla disinformazione con maggior impatto sulle piattaforme potrebbero aver effettivamente ridotto la quantità di contenuti rimossi dalle piattaforme. La sezione “About” delle Community Notes, un’iniziativa teoricamente a favore della libertà d’espressione, cita diversi studiosi finanziati dalla NSF nel corso degli anni. Almeno uno di loro è stato colpito dai tagli annunciati in questi giorni.

Costruire strumenti e risorse per il bene pubblico

La maggior parte delle sovvenzioni interrotte era slegata dalle piattaforme e dai contenuti, e proponeva la creazione di database o strumenti utilizzabili da moderatori di comunità, fact-checker e utenti comuni.

Una delle sovvenzioni revocate puntava a creare un pool di esperti globali sulla regolamentazione di internet e includeva l’esplicito obiettivo anti-censura di sviluppare «valutazioni della libertà online e della cybersicurezza per migliorare la sorveglianza sui diritti umani». Anche questo progetto è stato cancellato in nome della libertà di espressione.

In un momento in cui le truffe basate su impersonificazioni generate dall’IA sono in forte aumento, almeno due delle sovvenzioni interrotte si concentravano sullo sviluppo di tecnologie per verificare l’autenticità di immagini e video.

Il ricercatore PI 15 mi ha detto che «si tratta di un problema sia tecnico che sociale. Certo, le aziende tecnologiche potrebbero affrontare questo problema e il suo impatto sui consumatori attingendo ai loro cospicui fondi. Ma non lo fanno. Cancellare questa ricerca evidenzia un crescente divario negli studi legati alla tutela dei consumatori».

Ed è proprio questo il nodo principale di questa epurazione. In linea di principio, le sovvenzioni della NSF servono ad approfondire la comprensione delle sfide sociali che nessun attore privato è pienamente incentivato a risolvere in modo tale da giovare all’interesse pubblico.

L’effetto immediato di questi tagli sarà che dottorandi e ricercatori dovranno rinunciare al proprio reddito, tutto o in parte. Nel medio termine, decine di studi in corso non saranno completati.Nel lungo termine, si affievolirà la comprensione pubblica delle dinamiche dell’inganno.

I tagli della NSF non proteggono la libertà di espressione né promuovono l’interesse pubblico. Avvantaggeranno però chi diffonde disinformazione e le piattaforme che lo rendono possibile.

 

* Ho scelto di non fornire l’elenco completo e di fornire troppi dettagli su come ho stilato questa lista per evitare che le informazioni vengano strumentalizzate

** Un altro motivo per diffidare dell’affermazione del DOGE secondo cui sarebbero stati ottenuti 233 milioni di dollari di “risparmi” dall’elenco completo dei tagli annunciati in questi giorni

*** Ho garantito l’anonimato ai ricercatori che ne avevano fatto richiesta, per proteggerli da ritorsioni

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