Lunedì 7 settembre 2020 la redazione di Facta ha ricevuto una segnalazione via WhatsApp che chiedeva di verificare le informazioni contenute in un post pubblicato il 6 settembre su Facebook e Twitter da Cesare Sacchetti, giornalista pubblicista che il 20 maggio 2020 NewsGuardha annoverato tra i «super-diffusori» di disinformazione a tema Covid-19 in Europa (avevamo già parlato di Sacchetti per altri casi di disinformazione, qui e qui)
Il post è giunto alla redazione di Facta sotto forma di screenshot e non è più disponibile sui profili social di Sacchetti. Siamo stati tuttavia in grado di verificarne l’esistenza grazie alla copia cache del tweet, sopravvissuta alla cancellazione.
Il post oggetto della nostra verifica contiene due screenshot: il primo proviene dal sito dell’Organizzazione mondiale della sanità e spiega che il virus Sars-Cov-2 e la malattia Covid-19 erano sconosciuti prima del focolaio di Wuhan, scoppiato nel dicembre 2019 (la pagina in questione è disponibile a questo link). Il secondo è invece tratto dal sito World Integrated Trade Solutions – portale che si definisce di «informazioni su commercio e tariffe»– e mostra una tabella con la quantità di «strumenti e apparecchiature per test diagnostici da Covid-19» importati dalle singole nazioni nell’anno 2017.
Le immagini sono accompagnate da un commento, scritto da Cesare Sacchetti, in cui si legge: «L’Oms dichiara ufficialmente che il Covid-19 era sconosciuto prima del dicembre 2019. Se dunque il virus e la sua sigla identificativa, Covid-19, non esistevano prima di dicembre 2019, com’è possibile che dei Paesi importassero test per il Covid-19 due anni prima del suo arrivo?».
Si tratta di una notizia falsa, diffusa attraverso la pubblicazione di informazioni senza il contesto necessario alla loro comprensione.
Partiamo col dire che, contrariamente a quanto riportato nel post, la sigla «Covid-19» non identifica il virus, ma la malattia da esso provocata (è infatti l’acronimo di Coronavirus Disease 19).
La seconda istantanea pubblicata da Sacchetti si riferisce invece a questa pagina web, che tiene conto della quantità di importazioni per Paese relative alla categoria merceologica 902780, che nello screenshot viene definita «strumenti e apparecchiature per test diagnostici da Covid-19». Com’è possibile, dunque, che molte nazioni acquistassero nel 2017 test diagnostici per una malattia che sarebbe stata scoperta solo due anni più tardi?
La risposta è semplice ed è contenuta nella stessa pagina web oggetto di verifica, che spiega come i dati presentati si riferiscano a «dispositivi medici che ora sono stati classificati dalle associazioni doganali come necessari per affrontare il Covid-19». Si tratta insomma di dispositivi comunemente utilizzati nella pratica medica anche prima del 2019, che a partire dallo scoppio della pandemia si sono rivelati particolarmente utili per fronteggiare la malattia da Covid-19.
Un’ulteriore conferma arriva dal sito ufficiale dell’organizzazione doganale mondiale, che definisce il codice 902780 come «strumenti utilizzati nei laboratori clinici per l’analisi in vitro». Nessun Paese, insomma, ha importato test clinici per il Covid-19 prima dell’effettiva scoperta della malattia, ma molti (come gli Stati Uniti, la Cina, e numerosi stati membri dell’Unione Europea) hanno acquistato nel 2017 materiale comunemente utilizzato per l’analisi in laboratorio, che due anni più tardi si sarebbe rivelato utile per la diagnosi della malattia provocata dal virus Sars-Cov-2.
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