Il vaccino Pfizer contro la Covid-19 non è il primo della storia che necessita di precauzioni contro le reazioni allergiche
Il 1 marzo 2021 la redazione di Facta ha ricevuto la richiesta di verificare un articolo pubblicato il 20 dicembre 2020 dal sito DatabaseItalia intitolato «Strumenti di rianimazione nei centri vaccinali, in caso di gravi danni post inoculazione». Il principale tema dell’articolo sono le reazioni allergiche al vaccino Pfizer contro la Covid-19. L’articolo riporta alcuni casi di persone vaccinate contro la Covid-19 a Juneau (Alaska) che hanno riportato reazioni allergiche, e fa notare che, secondo le indicazioni dei Centers for Disease Control (Cdc) di Atlanta (Stati Uniti) «i soggetti vaccinati dovrebbero rimanere in osservazione» 15 o 30 minuti, per poter fronteggiare queste reazioni, in ambienti che dispongono di ossigeno, adrenalina e defibrillatore. L’articolo poi chiude sostenendo che «questo sarà il primo vaccino nella storia che necessita di un rianimatore e di una terapia intensiva sul luogo della somministrazione, come indicato dalla Pfizer stessa!»
Quest’ultima notizia è falsa.
È vero che le linee guida per la vaccinazione contro Covid-19 richiedono un’osservazione di 15-30 minuti del paziente dopo il vaccino per poter intervenire tempestivamente in caso di reazioni allergiche, e che i pazienti ad alto rischio di reazioni allergiche devono essere vaccinati «in ambiente ospedaliero con facile accesso alla sala di rianimazione», ma non c’è niente di strano. Le reazioni allergiche gravi come lo shock anafilattico sono un effetto collaterale molto raro ma che può avvenire per qualsiasi vaccino. Per questo è necessario, dove si somministra un vaccino, avere sempre a disposizione gli strumenti per contrastarle, un requisito in atto da ben prima della Covid-19.
Un esempio sono le raccomandazioni del Comitato Consultivo sulle Pratiche di Immunizzazione dei Centers for Disease Control americano, pubblicate il 1° dicembre 2006. Queste riportavano già che «tutto il personale e le facilities che somministrano vaccini di qualunque tipo devono avere pronte le procedure per gestire una reazione allergica», inclusi farmaci come l’epinefrina, equipaggiamento per liberare le vie respiratorie e personale addestrato alla rianimazione cardiopolmonare. Lo stesso documento raccomandava quindi di osservare i pazienti per almeno 15 minuti dopo la vaccinazione.
Le reazioni allergiche ai vaccini contro la Covid-19 sono, benché più frequenti rispetto ad altri vaccini, estremamente rare. Un’analisi degli eventi avversi connessi ai vaccini a mRna osservati negli Stati Uniti tra il 14 dicembre 2020 e il 18 gennaio 2021, pubblicata sul Journal of the American Medical Association il 12 febbraio 2021, ha riscontrato 66 casi di reazioni allergiche gravi, tutte risolte senza conseguenze, su oltre 17.500.000 dosi di vaccino somministrate: 1 caso ogni 266.000 dosi.
Inoltre l’articolo evidenzia, in contrasto ai presunti rischi del vaccino, la possibilità di una terapia della Covid-19 con anticorpi monoclonali. Terapia però al momento supportata da prove scientifiche molto deboli: su Facta è disponibile un ampio approfondimento. In una frase l’articolo descrive i vaccini come «“oscure sostanze” capaci di manipolare il DNA»: si tratta, come avevamo discusso in precedenza, di una notizia falsa.
In conclusione, è vero che si raccomanda di somministrare il vaccino contro la Covid-19 con strumentazione e personale capaci di fronteggiare immediatamente una possibile reazione allergica, ma non è vero che il vaccino Pfizer contro la Covid-19 sia il primo per cui è necessario: si tratta di una misura di sicurezza che viene raccomandata per tutti i vaccini. Le reazioni allergiche serie ai vaccini contro la Covid-19 sono estremamente rare e, proprio grazie al tempestivo intervento, si risolvono praticamente sempre senza conseguenze.
Photo Credit: Governo do Estado de São Paulo (Wikimedia Commons, CC-BY 2.0)