Che cosa dice davvero la proposta del Pd per introdurre lo studio di Bella ciao nelle scuole? - Facta
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Che cosa dice davvero la proposta del Pd per introdurre lo studio di Bella ciao nelle scuole?

Lunedì 28 settembre 2020 la redazione di Facta ha ricevuto una segnalazione via Facebook che chiedeva di verificare le informazioni contenute in un post pubblicato il 25 settembre 2020 sul social network. Il post oggetto della nostra verifica contiene una foto del segretario del Partito Democratico Nicola Zingaretti, un testo che recita: «Vuole imporre “Bella Ciao” in tutte le scuole» e un commento, scritto dall’autore del post, in cui si legge: «Presentato oggi, alla Camera, il disegno di legge firmato PD per imporre l’insegnamento obbligatorio di ‘Bella Ciao’ a tutti gli alunni delle scuole italiane. L’Italia non è comunista e mai lo sarà!».

L’informazione è circolata in diverse forme e, oltre che sui social network, ci è stata segnalata anche in un articolo pubblicato il 25 settembre dal quotidiano Il Giornale, dal titolo: «Il Pd vuole “Bella Ciao” a scuola “Cantatela con l’Inno di Mameli”».

Secondo il testo dell’articolo oggetto della nostra verifica, l’intenzione di «inserire nei programmi scolastici lo studio della canzone “rossa” per eccellenza» sarebbe contenuta in una «proposta di legge» firmata il 30 aprile 2020 da «un gruppo di parlamentari dem tra cui Piero Fassino, Michele Anzaldi, Stefania Pezzopane, Patrizia Prestipino e Gian Mario Fragomeli». 

Si tratta di una notizia imprecisa.

Il riferimento è alla proposta di legge numero 2483, intitolata «Riconoscimento della canzone “Bella ciao” quale espressione popolare dei valori fondanti della nascita e dello sviluppo della Repubblica» ed è stata effettivamente presentata il 30 aprile 2020 da 26 deputati del Pd, tra i quali Fassino, Anzaldi, Pezzopane, Prestipino e Fragomeli.

L’iniziativa dei deputati si snoda in due articoli: il primo è relativo al riconoscimento di Bella ciao come «espressione popolare dei valori fondanti» e ne propone l’esecuzione «dopo l’inno nazionale», ma solo in occasione «delle cerimonie ufficiali per i festeggiamenti del 25 aprile, anniversario della Liberazione dal nazifascismo», informazione omessa dal titolo de Il Giornale, ma contenuta nel corpo dell’articolo. Il secondo articolo riguarda invece lo studio di Bella ciao nelle scuole «nell’ambito delle attività didattiche finalizzate all’acquisizione delle conoscenze relative alla seconda guerra mondiale e al periodo storico della Resistenza e della lotta partigiana». 

Si tratterebbe insomma di un focus sul canto popolare simbolo della Resistenza, inserito nell’ambito dello studio che interessa il periodo della lotta al nazi-fascismo – già contenuto nei programmi didattici – e dunque di un’iniziativa dal carattere perlopiù formale, come gli stessi deputati del Partito democratico hanno sottolineato nella premessa alla proposta di legge: «con la presente proposta di legge si intende riconoscere finalmente l’evidente carattere istituzionale a un inno che è espressione popolare – vissuta e pur sempre in continua evoluzione rispetto ai diversi momenti storici – dei più alti valori alla base della nascita della Repubblica».

Vale la pena sottolineare che la proposta di legge è ferma in Commissione affari costituzionali e cultura: si tratta insomma di un’iniziativa non approdata in aula e non ancora sottoposta ad emendamenti. È dunque falsa l’informazione, contenuta nel post oggetto di verifica, secondo cui il provvedimento sarebbe stato presentato il 25 settembre alla Camera. 

Non esiste poi alcun legame tra la canzone Bella ciao e l’ideologia comunista: come avevamo raccontato in questo articolo, il canto più diffuso e amato tra i partigiani di estrazione comunista era Fischia il vento – che faceva esplicito riferimento alla rivoluzione – mentre quello attualmente riconosciuto come il simbolo della resistenza ha ottenuto, nel tempo, l’apprezzamento trasversale anche di Partito Socialista e Democrazia Cristiana.

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