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Il Tar del Lazio ha «sospeso» le linee guida Aifa sulle terapie domiciliari, ma di fatto non cambia nulla

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8 marzo 2021
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Il 5 marzo 2021 la redazione di Facta ha ricevuto la richiesta via Facebook di verificare un articolo pubblicato dal sito Buongiorno Südtirol e un tweet pubblicato dal dr. Andrea Stramezzi, entrambi del 4 marzo 2021. L’articolo è intitolato «Covid e cure precoci. Il Tar del Lazio: no alla Tachipirina e alla vigile attesa». Stando a quanto riportato, il Tar del Lazio con un’ordinanza avrebbe «bocciato la nota di Aifa del 9 dicembre scorso» in cui venivano descritte le linee guida ufficiali per la terapia domiciliare della Covid-19. Il tweet di Stramezzi contiene degli screenshot di parte dell’ordinanza.

La notizia è vera, ma va valutata nel suo contesto.

L’ordinanza del Tar del Lazio esiste ed è stata pubblicata il 4 marzo 2021. L’ordinanza accoglie un ricorso presentato dagli avvocati Erich Grimaldi e Valentina Piraino, rispettivamente presidente e vicepresidente del Comitato Cure Domiciliari Covid (qui un approfondimento scritto da Facta sul tema) in rappresentanza di quattro persone. Due sono medici del consiglio scientifico del Comitato, Fabrizio Salvucci e Riccardo Szumski, uno è il medico Andrea Stramezzi, membro del comitato medico-scientifico del Movimento Ippocrate, una «rete internazionale di Medici, Ricercatori, Operatori della Sanità, Operatori nel Sociale» che supporta terapie domiciliari simili a quelle proposte dal Comitato Cure Domiciliari Covid. La quarta persona coinvolta è Luca Poretti, su cui invece non abbiamo informazioni. Secondo l’ordinanza, i medici hanno il diritto e dovere di «prescrivere i farmaci che essi ritengono più opportuni secondo scienza e coscienza», sospendendo la nota Aifa.

In realtà è una vittoria simbolica, priva di vere conseguenze concrete. Quelle di Aifa infatti sono «raccomandazioni» con valore generale che non comportano divieti o obblighi precisi. Il dottor Antonio Addis, medico e parte del comitato scientifico di Aifa, ha dichiarato a Facta che «questa sentenza non significa niente. I medici possono da sempre fare e prescrivere ciò che in scienza e coscienza ritengono opportuno.» Addis inoltre ribadisce che chi vuole usare su pazienti Covid-19 farmaci la cui efficacia e sicurezza non è dimostrata scientificamente lo fa assumendosene la responsabilità civile e penale, e aggiunge che «da sempre i casi di cattiva pratica farmacologica hanno avuto più successo nei tribunali che nelle riviste scientifiche».

In conclusione, la notizia è vera ma non ha effetti pratici per la terapia dei pazienti Covid-19, né muta il quadro delle (scarse) evidenze scientifiche sulle cure promosse dal Comitato Terapie Domiciliari Covid o associazioni analoghe, di cui avevamo parlato in dettaglio precedentemente.

Photo credits: Ilquotidianodellapa.it via Flickr, CC BY-NC-SA 2.0

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