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Covid-19, trombosi e polmonite interstiziale: che cosa sappiamo su una storia italiana di interesse internazionale

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18 maggio 2020
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Nelle ultime settimane la redazione di Facta ha ricevuto tramite WhatsApp diverse segnalazioni che chiedevano chiarimenti sul legame tra la Covid-19 e la trombosi come principale causa di peggioramento delle condizioni del paziente.

I nostri lettori ci hanno chiesto di verificare in particolare un messaggio, diventato virale sull’app di messaggistica istantanea, secondo cui il coronavirus non avrebbe nulla a che fare con la «polmonite interstiziale», patologia a cui nelle ultime settimane sono stati spesso associati i casi più gravi di Covid-19: i decessi legati al nuovo coronavirus Sars-Cov-2, dice il messaggio, sarebbero in realtà causati da un’altra patologia, appunto la trombosi.

Il messaggio, oltre ad essere circolato su WhatsApp, è stato diffuso anche su Facebook e non solo in Italia. Qui, ad esempio, ne hanno parlato i colleghi di Les Décodeurs – la sezione fact-checking di Le Monde – e qui i colleghi spagnoli di Maldita.es. La notizia è arrivata perfino in India, dove è stata analizzata dal sito di informazione Boom. La formulazione del messaggio cambia nelle varie lingue ma i contenuti di base rimangono gli stessi e le tesi vengono sempre ricondotte a dati e ricerche partite dall’Italia.

La tesi principale sostenuta dal messaggio è che la polmonite interstiziale non avrebbe nulla a che fare con il nuovo coronavirus poiché la principale causa di morte sarebbe, invece, la tromboembolia venosa generalizzata. Rianimazioni e intubazioni sarebbero, dunque, del tutto inutili, perché non vanno a colpire il cuore della malattia. A dimostrazione della veridicità di questa teoria e a supporto della sua credibilità ci sarebbero i risultati di 70 autopsie svolte su pazienti deceduti e positivi al coronavirus, condotte tra l’ospedale Sacco di Milano e l’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo dall’inizio dell’emergenza al momento in cui il messaggio ha iniziato a circolare.

Da dove proviene questa teoria? Che cosa sappiamo a riguardo? Abbiamo cercato di fare chiarezza.

L’autore del messaggio

Per quanto riguarda la versione italiana del messaggio, questo è stato inizialmente attribuito ad un anonimo «cardiologo di Pavia» in servizio presso l’ospedale Beato Matteo di Vigevano (lo si legge qui in un articolo datato 11 aprile, ad esempio). Nella seconda versione dello stesso messaggio – quella che ha ricevuto anche Facta – il testo riporta la firma del «dott. Giampaolo Palma» che, si legge, farebbe parte del «gruppo Humanitas».

Facendo una ricerca sul portale della Federazione italiana degli ordini dei medici chirurghi e odontoiatri, risulta che Giampaolo Palma è un medico regolarmente iscritto all’Ordine della provincia di Salerno, dove è direttore di una clinica cardiologica nel comune di Nocera Inferiore. La corrispondenza tra Palma cardiologo di Nocera e Palma autore del messaggio sui presunti legami tra la Covid-19 e la trombosi è confermata da una videointervista, che vedremo meglio in seguito, tenuta dal medico il 21 aprile 2020. In quella occasione il dottor Giampaolo Palma che compare in video è la stessa persona ritratta nella sezione “Lo Staff e il centro” del sito della clinica cardiologica salernitana, e rivendica lui stesso di essere l’autore del messaggio diventato virale nelle scorse settimane.

A conferma di ciò, un ulteriore dettaglio: il 10 aprile 2020 Palma ha pubblicato un messaggio molto simile a quello poi diventato virale e segnalato a Facta sul proprio profilo Facebook. In questa versione manca però il riferimento al gruppo Humanitas di Rozzano (Milano), policlinico famoso nel capoluogo lombardo, centro di ricerca e sede universitaria.

Ma quali sono quindi i legami di Palma con il gruppo Humanitas? E perché nella prima versione del messaggio pubblicata dal cardiologo direttamente sul proprio profilo Facebook non se ne parla? Che cosa sappiamo del suo ruolo presso l’ospedale di Vigevano?

In realtà Giampaolo Palma, pur essendo come visto un medico, non ricopre alcun ruolo presso il gruppo Humanitas e non è neppure uno specialista presso l’ospedale di Vigevano. Procediamo con ordine.

A chiarire l’estraneità tra Palma e il gruppo Humanitas è una nota pubblicata il 21 aprile 2020 dall’ospedale stesso, in cui viene precisato che il messaggio che collega la Covid-19 a casi di trombosi viene «falsamente attribuito a uno specialista del Gruppo Humanitas». Cercando il nome di Giampaolo Palma nella sezione «I nostri medici» sul sito del gruppo non compare alcun risultato.

Il 10 maggio la redazione di Facta ha poi contattato il cardiologo tramite il profilo Facebook collegato alla sua clinica, chiedendo informazioni riguardo al presunto legame con Humanitas. L’account ha risposto: «Buona serata. Sono il dottor Giampaolo Palma […] Un gruppo di Humanitas che non conosco mi chiese se per gentilezza potevano condividere e io diedi ok».  L’affermazione sembra piuttosto criptica e non si capisce perché il gruppo avrebbe chiesto l’autorizzazione a condividere il messaggio per poi smentirlo sul proprio sito. Ciò che rimane però certo è che la persona con cui abbiamo chattato non conferma alcun legame di dipendenza tra gruppo Humanitas e Palma.

Precisiamo poi che Palma non lavora nemmeno per l’ospedale Beato Matteo di Vigevano (Pv), come veniva invece indicato in una prima versione del messaggio circolata a partire dall’11 aprile. La struttura fa parte del Gruppo ospedaliero San Donato ma tra i più di 5mila medici del gruppo, divisi su 44 sedi, non risulta alcun Giampaolo Palma.

Dunque, ciò che sappiamo è che l’autore del messaggio e delle teorie che collegano la Covid-19 alla trombosi piuttosto che ad una forma particolare di polmonite è Giampaolo Palma, un medico cardiologo regolarmente iscritto all’Albo Provinciale dei Medici Chirurghi di Salerno dove, a Nocera Inferiore, gestisce una clinica cardiologica. I legami con il gruppo Humanitas e con l’ospedale Beato Matteo di Vigevano, riportati in alcune versioni del messaggio, risultano invece esseri privi di fondamento.

Covid-19 e trombosi 

Partiamo dalla tesi centrale riportata dal messaggio virale: “Sono le micro trombosi venose, non la polmonite a determinare la fatalità [del nuovo coronavirus]”.

Il legame tra Covid-19 e possibili complicazioni di natura cardiologica è ormai riconosciuto da vari studi internazionali. È però importante ricordare che, pur mettendo in evidenza le possibili conseguenze del coronavirus sul sistema circolatorio e l’endotelio (il tessuto che riveste la superficie interna dei vasi sanguigni), la comunità scientifica continua ad indicare come sintomi principali dalla Covid-19 tosse, febbre e difficoltà respiratorie.  L’Organizzazione mondiale della sanità si riferisce infatti al virus come ad una «sindrome respiratoria acuta», definizione adottata anche dall’Istituto superiore di sanità a livello nazionale.

Il concetto è stato ribadito anche da una nota pubblicata dal gruppo Humanitas il 21 aprile scorso, in cui si legge che il legame tra polmoniti e trombosi «è noto da decenni» ma, comunque, «il tromboembolismo venoso è una possibile e prevenibile complicanza della polmonite da virus Sars-CoV-2» e non la problematica principale. Che rimane, appunto, la polmonite.

La seconda tesi fondamentale sostenuta da Giampaolo Palma nel messaggio diventato virale afferma che, se davvero la trombosi fosse la prima causa di decesso nei pazienti positivi al coronavirus, «forse non serviranno più le rianimazioni per intubare i pazienti».

Anche questa tesi, però, non regge. In un report intitolato “Caratteristiche dei pazienti deceduti positivi all’infezione da SARS-CoV-2 in Italia”, rilasciato dall’Istituto superiore di sanità e aggiornato al 14 maggio 2020, si legge che su un campione di 29.692 persone decedute in Italia e positive al virus il 76 per cento presentava febbre, il 73 per cento dispnea e il 39 per cento tosse. L’insufficienza respiratoria – per la quale, nei casi più gravi, è necessario l’impiego di ventilatori – è stata la complicanza più comune, osservata nel 96,8 per cento dei casi.

Le due affermazioni fondamentali contenute nel messaggio virale (la causa di morte non è polmonite ma trombosi, e i respiratori non servono), tra l’altro, sono state parzialmente smentite dallo stesso Palma in un’intervista rilasciata il 21 aprile al giornalista freelance Daniele Martinelli, curatore di un blog personale. Il filmato è stato poi pubblicato il 24 aprile sul canale YouTube di Martinelli.

Nell’intervista, il cardiologo dice (min. 2:37) che la trombosi è di certo una «concausa» delle morti legate alla Covid-19, insieme ad una grave condizione infiammatoria scatenata dal virus. Allo stesso tempo però, Palma specifica (minuto 8:49): «La trombosi non è l’unica causa di morte. Questo è un dato da mettere in evidenza, non voglio essere frainteso».

Per quando riguarda i ventilatori, parlando con Martinelli Palma precisa che una serie di «terapie tempestive, anche domiciliari» potrebbe «ridurre il numero di pazienti che entrano in terapia intensiva» (minuto 3:40) ma, se non trattato in maniera adeguata, lo sviluppo del coronavirus porterà il paziente ad aver bisogno di ventilatori polmonari: «La polmonite interstiziale blocca gli scambi gassosi a livello polmonare, e l’ossigeno non arriva più ai vari distretti corporei. Ciò può portare ad un’insufficienza respiratoria molto grave, con necessità di ventilazione assistita e terapia intensiva» (minuto 5:45).

Le autopsie

Sia nel messaggio diventato virale sui social che nell’intervista con Martinelli, Giampaolo Palma corrobora le proprie tesi affermando che il legame tra la malattia causata dal nuovo coronavirus e le conseguenti problematiche legate alla trombosi è stato confermato anche dai risultato di 50 autopsie svolte presso l’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo su pazienti deceduti e positivi alla Covid-19 e su altre 20 condotte dall’ospedale Sacco di Milano.

Le fonti di stampa confermano, effettivamente, che in data 4 aprile a Bergamo erano state eseguite circa 50 autopsie, numero salito a 80 secondo un articolo dell’Eco di Bergamo del 17 aprile. I deceduti avevano tra i 40 e i 90 anni e il 90 per cento presentava tra una e tre patologie pregresse.

Secondo Andrea Gianatti, anatomopatologo all’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo intervistato da Adnkronos il 4 aprile, lo scopo delle autopsie è «capire come agisce il virus quando si diffonde all’interno del corpo». Intervistato dall’Eco di Bergamo il 17 aprile, Gianatti ha affermato (minuto 0:50) che «il polmone è l’organo principale d’azione del virus», ma le autopsie hanno permesso di riscontrare anche «importanti alterazioni a livello dell’apparato cardiovascolare, in particolare fenomeni tromboembolici».

Anche all’Ospedale Sacco di Milano sono state condotte alcune autopsie dall’inizio dell’emergenza, ma la pratica è stata bloccata il 30 marzo per ragioni di sicurezza.

Entrambi gli ospedali non hanno rilasciato report specifici riguardo ai metodi e ai risultati degli esami autoptici.

Riassumendo, anche se i risultati degli esami autoptici confermano la presenza di problematiche legate alla trombosi nei pazienti deceduti e positivi alla Covid-19 (come sostenuto dall’anatomopatologo Andrea Gianatti), la complicanza principale rimane comunque l’insufficienza respiratoria, dato confermato dall’Istituto superiore di sanità.

In conclusione

A inizio aprile è iniziato a circolare su Facebook e WhatsApp, sia in Italia che all’estero, un messaggio che nel nostro Paese è stato attribuito al medico Giampaolo Palma, direttore di una clinica cardiologica in provincia di Salerno (ma erroneamente identificato come un medico del gruppo Humanitas). Nel messaggio si legge che la polmonite interstiziale non c’entra nulla con il coronavirus, poiché questo sarebbe principalmente una tromboembolia venosa. Per sostenere le sue teorie il cardiologico cita i risultati di 70 autopsie svolte su pazienti deceduti positivi alla Covid-19 tra Bergamo e Milano.

Palma ha realmente pubblicato il testo del messaggio sul suo profilo Facebook personale, in data 10 aprile, rivendicando la paternità della scoperta.

Per quanto riguarda il legame tra Covid-19 e trombosi,  la comunità scientifica riconosce il ruolo che possibili complicazioni di natura cardiologica possono avere nei pazienti  positivi al nuovo coronavirus, senza però mettere in discussione che questo è una polmonite che attacca, in primo luogo, i polmoni e il sistema respiratorio.

Inoltre, durante una videointervista del 21 aprile poi diffusa su Youtube, Palma stesso ha affermato che la trombosi ha qualcosa a che fare con i decessi causati da Covid-19, ma non può essere considerata l’unica causa di morte dei pazienti.

Parlando invece delle autopsie, fonti di stampa confermano che queste siano state realmente eseguite, ma i risultati non sono stati resi pubblici. Intervistato dall’Eco di Bergamo, l’anatomopatologo dell’ospedale Papa Giovanni XXIII (Bg) Andrea Gianatti, che ha partecipato agli esami, ha detto che le autopsie hanno permesso di riscontrare «importanti alterazioni a livello dell’apparato cardiovascolare, in particolare fenomeni tromboembolici», ma comunque « il polmone è l’organo principale d’azione del virus».
Il messaggio circolato sulle piattaforme social (Facebook e Whatsapp in particolare), secondo cui la polmonite non c’entra nulla con la Covid-19 e i ventilatori sarebbero inutili è quindi in gran parte falso e poco accurato.

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