Il 31 marzo 2021 è stato pubblicato un articolo sul sito ByoBlu (di cui avevamo parlato all’interno di una rassegna sulla disinformazione in Italia nel 2020) intitolato «Lo strano caso del Cile: con vaccinazioni di massa il Paese torna in lockdown». Secondo l’articolo – condiviso, al 1 aprile 2021, quasi mille volte su Facebook secondo lo strumento di analisi CrowdTangle – il Cile, nonostante sia uno dei Paesi dell’America del Sud più avanti con le vaccinazioni, ha ordinato un nuovo rigidissimo lockdown a causa di un forte aumento dei casi di Covid-19.
Si tratta di una notizia vera, anche se l’articolo di ByoBlu contiene ipotesi non dimostrate e alcune frasi fuorvianti.
È vero che il Cile è uno dei Paesi sudamericani con il più alto tasso di vaccinazione: oltre il 36 per cento della popolazione ha ricevuto almeno una dose di vaccino, e il 20 per cento aveva ricevuto entrambe le dosi, al 1 aprile 2021. È anche vero che il Cile sta affrontando, a partire da dicembre 2020 e con un’impennata da fine febbraio 2021, una nuova ondata di Covid-19, con 7.868 nuovi casi riportati il solo 1 aprile 2021. Questo ha indotto il governo cileno a introdurre un lockdown molto stringente, in cui perfino i servizi essenziali come farmacie e negozi di alimentari sono chiusi durante il fine settimana.
Il paradosso però è solo apparente. Se il 20 per cento della popolazione è stata immunizzata con due dosi, significa che l’80 per cento della popolazione è ancora parzialmente o totalmente suscettibile al virus. Ricordiamo che, come avevamo discusso, i vaccini richiedono dai sette ai quindici giorni per conferire il massimo dell’immunità, quindi in realtà la proporzione di persone immuni è inferiore al 20 per cento pienamente vaccinato. Il ministro della sanità cileno Enrique Paris ha dichiarato il 23 marzo 2021 a Bloomberg che, visto l’andamento della campagna vaccinale, non si vedrà un effetto dei vaccini nel contenimento della pandemia prima di metà aprile, e un’immunità di gregge non ci sarà prima di giugno. Lo stesso fenomeno del resto è stato osservato nello Stato di Israele nella seconda metà di gennaio 2021, quando un quarto della popolazione era già stato vaccinato. Una presidente regionale dell’associazione medica cilena, Francesca Crispi, intervistata il 30 marzo 2021 dal New York Times, ha ipotizzato che il successo della campagna vaccinale può aver indotto la popolazione a un eccessivo senso di sicurezza. È poi vero che i decessi, sebbene in salita, stanno aumentando molto più lentamente rispetto alla prima ondata di Covid-19 nel 2020 e rispetto al numero di infezioni.
È possibile, come ha fatto notare per esempio la testata inglese The Spectator, che un altro fattore da tenere in conto sia il tipo di vaccini che il Cile sta usando. Il Cile infatti sta puntando principalmente sul vaccino cinese Sinovac: il 9 marzo 2021 il Paese sudamericano aveva ricevuto circa 10 milioni di dosi Sinovac, contro poco più di 700.000 dosi di Pfizer. Su Facta avevamo parlato di come i dati di efficacia su questo vaccino siano particolarmente contraddittori e indicano a volte un’efficacia di poco più del 50 per cento.
Non è vero invece, come si sostiene nell’articolo di ByoBlu, che «le vaccinazioni potrebbero favorire mutazioni del virus» e ne abbiamo parlato qui. Come dimostra un rapporto del dipartimento di epidemiologia del governo cileno del 12 marzo 2021, in Cile circolano effettivamente numerose varianti del virus Sars-CoV-2, ma sono state in gran parte importate dall’estero.
In conclusione, è vero che in Cile è in corso una nuova ondata di pandemia nonostante una rapida ed efficiente campagna di vaccinazione. Questo però non è inspiegabile, perché la percentuale di popolazione vaccinata è ancora relativamente bassa e non è stata raggiunta nessuna immunità di gregge. Non significa quindi che i vaccini in generale siano inefficaci (anche se è vero che il Cile sta usando in gran parte un vaccino su cui i dati di efficacia sono ancora confusi) o, peggio, che causino mutazioni del virus.