È possibile arrivare al “tutto rinnovabile”? Cinque domande e risposte - Facta
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È possibile arrivare al “tutto rinnovabile”? Cinque domande e risposte

Aggiornamento del 14 marzo 2022: Abbiamo fatto un errore. Nel riportare i costi dell’energia abbiamo parlato di kWh (kilowatt-ora) invece di megawatt-ora (MWh). Ci scusiamo con i lettori.

Su Facta abbiamo parlato di come la crisi ucraina stia spingendo l’Europa e, quindi, l’Italia, via dalla dipendenza dal gas russo e verso una transizione energetica accelerata, in cui le energie rinnovabili avranno la parte del leone: lo ha detto anche il presidente del Consiglio, Mario Draghi, durante l’informativa a Montecitorio del 25 febbraio 2022, all’indomani dell’invasione russa. Transizione che è necessaria: il report dell’Intergovernmental panel on climate change (Ipcc) del febbraio 2022 mostra che il cambiamento climatico sta già avendo effetti globali negativi e importanti sulla produzione di cibo, la salute, la diffusione di malattie infettive, disastri naturali e sull’economia. 

Eppure in Italia si parla spesso di rinnovabile con imbarazzo o sufficienza, come di una «illusione» costosa e velleitaria. Insomma, più come un sogno per utopisti green invece di una solida base per l’infrastruttura energetica. Ma cosa c’è di vero? Vediamo qui cinque dubbi spesso posti sull’energia rinnovabile, e come stanno effettivamente le cose.

L’energia rinnovabile costa troppo?

Circola ancora l’idea che le fonti di energia rinnovabile non sarebbero economicamente convenienti: lo ha detto per esempio Vladimir Putin a ottobre 2021, affermando che l’energia europea sarebbe cara per colpa di eccessivi investimenti sulle fonti rinnovabili. 

Niente di più falso: le fonti rinnovabili da qualche anno sono di gran lunga le fonti energetiche più economiche. In particolare nel 2020 il solare fotovoltaico era diventato la fonte di energia elettrica più economica della storia. Come mostra il dettagliato report di Our World in Data, nel 2019 il solare fotovoltaico ed eolico producevano energia per 40 e 41 dollari al megawatt-ora (MWh) rispettivamente, tenendo conto di tutti i costi, da quello della costruzione dell’impianto a quello del combustibile e dell’operazione. La fonte energetica non rinnovabile più economica, il gas, costava 56 dollari/MWh. Carbone e nucleare costavano rispettivamente 109 e 155 dollari/MWh, oltre il doppio e quasi quattro volte rispetto alle rinnovabili, rispettivamente. 

È vero che si tratta di uno sviluppo recente: gli stessi dati indicano che nel 2009 la situazione era inversa, con il solare fotovoltaico che era di gran lunga il più costoso e l’eolico che superava di poco il prezzo del nucleare. Ma il solare fotovoltaico ha conosciuto, fin dagli anni ‘70, un rapidissimo ed esponenziale calo dei costi, a causa sia dei progressi tecnologici nell’efficienza e nella produzione dei pannelli solari, sia dell’economia di scala che ha abbattuto i costi man mano che gli impianti solari diventavano sempre più diffusi. Viceversa, il carbone è rimasto stabile e il nucleare è addirittura aumentato. Il continuo calo di prezzo del rinnovabile fa sì anche che si tratti delle fonti di energia in più rapida espansione: l’Agenzia internazionale dell’energia (Iea) prevede che solare ed eolico supereranno il carbone entro il 2030, diventando la prima fonte di energia elettrica mondiale.

L’energia rinnovabile non è affidabile? 

Il rinnovabile ha la cattiva reputazione di essere capriccioso. In parole povere: se non splende il sole, non c’è energia solare; se non c’è vento, addio eolico. Servirebbe quindi sempre una fonte di energia costante capace di “tappare” i momenti in cui il rinnovabile non produce energia sufficiente.

C’è un fondo di verità: è quello che si chiama problema dell’intermittenza. Ma anche se forse non sarà possibile affidarsi al 100 per cento al rinnovabile, è quasi sicuramente possibile arrivare a percentuali molto elevate. La roadmap NetZero 2050 dell’Iea, che delinea scenari per giungere a una produzione di energia a emissioni nette zero di gas serra, prevede che «nel 2050 quasi il 90 per cento dell’elettricità verrà generata da fonti rinnovabili, con vento e fotovoltaico solare che contano per il 70 per cento. La maggior parte del resto deriva dal nucleare». È bene notare che l’Iea è una fonte particolarmente cauta sul rinnovabile, tanto che è stata spesso criticata per averne sottovalutato il potenziale.

Esistono anche ricercatori secondo cui è possibile avere tutta l’energia prodotta da fonti rinnovabili, come ad esempio discusso in questo studio del 2015, che però è stato fortemente criticato da più parti. Secondo uno studio del 2019, uno scenario europeo con il 100 per cento di rinnovabile è possibile, ma costerebbe il 30 per cento in più rispetto a uno scenario che includa anche il nucleare, e dipenderebbe anche dalle tecnologie di cattura del carbonio (che avevamo approfondito qui) per eliminare le emissioni prodotte dalla combustione delle biomasse: una fonte di energia rinnovabile e costante nel tempo, ma che emette CO2. 

In generale una ipotetica infrastruttura energetica basata totalmente sul rinnovabile deve avere due cose: fonti rinnovabili ma con un output di energia stabile, come l’idroelettrico o le biomasse, oppure tecnologie per accumulare l’energia sì da usarla quando la produzione cala. Queste tecnologie, come le batterie, oggi costano e hanno problemi di efficienza, ma stanno diventando economiche molto velocemente. Il dibattito su un futuro completamente rinnovabile è ancora in corso ed è possibile che resti una chimera. Ma sappiamo che il rinnovabile è già o sarà presto in grado di fornire la grande maggioranza dell’energia. 

Non sarebbe meglio investire sul nucleare?

Spesso il nucleare viene contrapposto al rinnovabile come una soluzione più “pragmatica”, una tecnologia sicura e affidabile, che potrebbe fornire moltissima energia in modo costante. Per esempio l’ha fatto Carlo Calenda, secondo cui le centrali sarebbero necessarie, mentre «non tutto il verde va bene». La verità è che contrapporre nucleare e rinnovabili è un modo fuorviante di affrontare la questione.

Come abbiamo visto, lo scenario Iea per il 2050 ad esempio prevede che il nucleare affianchi le rinnovabili, così da mitigare o eliminare i problemi di intermittenza, anche se la percentuale dell’energia prodotta dal nucleare dovrebbe restare una piccola minoranza. Le raccomandazioni Iea sono di mantenere in vita le centrali nucleari esistenti il più possibile, un’alternativa più economica alla costruzione di nuove centrali, e in generale di fermare l’attuale declino dell’energia prodotta dal nucleare. Il nucleare inoltre soffre di alti costi, in salita, che spesso disincentivano gli investimenti. Nuove tecnologie più economiche e sicure come gli small modular reactors (Smr) sono in sviluppo, ma sono ancora lontane dall’uso su larga scala.

Per i Paesi come l’Italia, che non hanno centrali nucleari attive sul territorio, il principale problema del nucleare per la transizione ecologica sono i tempi. Ne abbiamo discusso su Facta nel contesto di alternative al gas russo: il tempo per costruire nuove centrali è dell’ordine dei 7 anni e in Europa sono normali casi in cui una centrale richieda oltre 14 anni. Comunque la si pensi sul nucleare, non è un’opzione sul breve periodo. Mentre per mitigare la crisi climatica le emissioni devono essere abbattute subito: l’obiettivo dell’Unione europea per il 2030 è una riduzione del 55 per cento dei gas serra emessi. 

In conclusione, il nucleare è una fonte di energia che non va trascurata e che anzi è considerata fondamentale per la transizione ecologica, ma in armonia con il rinnovabile, non in opposizione ad esso.

Ma le pale eoliche fanno male agli uccelli?

A volte riemerge la notizia che le pale eoliche sarebbero dannose per l’ambiente, in particolare per gli uccelli, che morirebbero scontrandosi con le pale. L’eolico quindi non sarebbe una fonte d’energia così «verde» come la si dipinge. 

È vero che ci sono uccelli che muoiono nelle collisioni con le pale eoliche, ma il fenomeno va visto nel giusto contesto. Negli Stati Uniti, per esempio, l’eolico è una minaccia pressoché irrilevante: si stimano circa 234.000 decessi di uccelli all’anno dovuti alle pale, contro quasi 600 milioni deceduti scontrandosi contro le vetrate degli edifici, 214 milioni deceduti in collisioni con autoveicoli e addirittura due miliardi e mezzo circa uccisi dai gatti. Certamente il numero aumenterà con l’espandersi degli impianti, ma è evidente che anche se gli impianti decuplicassero le pale sarebbero un fattore di rischio minore sull’avifauna.

Uno studio del 2009 aveva calcolato che la mortalità dovuta alle centrali elettriche basate sui combustibili fossili, a parità di kilowatt di elettricità prodotti, fosse 13 volte superiore a quella dovuta alle pale eoliche. È vero che le pale eoliche possono causare problemi se sono poste sulle rotte migratorie di alcune specie di uccelli, ma per confronto la crisi climatica mette a rischio, nel solo Nord America, due terzi delle specie di uccelli. Premesso che niente è indolore, il calcolo costi-benefici sembra ampiamente a favore dell’energia eolica.

I pannelli solari inquinano?

Un’altra obiezione posta al rinnovabile, in particolare all’energia solare, è che sarebbe inquinante: i pannelli solari infatti conterrebbero numerosi metalli e materiali inquinanti e difficili da riciclare o smaltire. 

Questo è vero: i pannelli solari contengono metalli tossici come piombo, argento e cromo, che, una volta che i pannelli sono aperti e danneggiati (come ad esempio in una discarica) possono passare nel terreno con le piogge. Riciclare i pannelli quindi sarebbe importante anche perché questi richiedono l’uso di materiali rari (il valore totale del materiale recuperabile dai pannelli solari arrivati a fine vita, previsto per il 2030, potrebbe essere dell’ordine di 450 milioni di dollari), ma non è facile, anche se iniziano a esserci aziende specializzate in questo campo.

Si tratta quindi di una preoccupazione concreta, ma va messa nel suo contesto: come è noto, l’energia nucleare ha un problema di smaltimento scorie a lungo termine che rappresenta una seria sfida tecnologica. E, ovviamente, le fonti fossili inquinano immettendo non solo CO2 ma anche numerose sostanze inquinanti, come gli ossidi di azoto e zolfo che causano piogge acide e malattie respiratorie. Lo smaltimento dei pannelli solari è una questione che deve essere affrontata, ma non è di per sé un argomento contro l’energia solare, visti i vantaggi economici e ambientali complessivi.

Un’altra preoccupazione è che le centrali fotovoltaiche richiederebbero molto spazio, alterando quindi il suolo e l’ambiente. È vero che la superficie richiesta è ampia, circa 2.000 ettari per terawatt-ora/anno secondo uno studio del 2021, ma è comunque una percentuale molto piccola rispetto a quella usata per l’agricoltura. 

In conclusione

Le fonti di energia rinnovabile sono considerate essenziali per la transizione ecologica. Eppure, nonostante su di esse circolano ancora dubbi e preoccupazioni. Ci sono vari motivi per questo. Da un lato, come abbiamo visto, alcune preoccupazioni hanno un fondo di verità o lo avevano in passato, ma sono spesso poste fuori contesto. Dall’altro l’industria dei combustibili fossili ha promosso e continua a promuovere disinformazione e campagne mirate a seminare dubbi sulla necessità di una transizione al rinnovabile. Anche senza attaccare direttamente le energie rinnovabili, questo contribuisce a creare un clima di confusione e scetticismo, con quelle che vengono chiamate “tattiche di rallentamento”, frenando una transizione ecologica che invece è sempre più urgente (tattiche che si ritrovano anche nel discorso di alcuni politici italiani).

Anche se nessuna fonte energetica è priva di svantaggi e problemi, è chiaro che il futuro non appartiene ai combustibili fossili, e che le energie rinnovabili sono qui per restare e dominare il panorama energetico del prossimo futuro.

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Comments (4)

  • Dario

    Che dire sullo smaltimento delle pale eoliche che hanno una vita di 20-25 anni?

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  • Stefano Salvato

    Attenzione alle unità di misura: i costi dell’energia riportati nella risposta alla prima domanda (“L’energia rinnovabile costa troppo?”) devono essere espressi in MWh e non in kWh.

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    • Facta

      Buongiorno Stefano, abbiamo corretto grazie mille.

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  • Mattia

    Buongiorno, in realtà questo articolo contiene delle imprecisioni che ritengo corretto segnalare. Innanzitutto sul tema del costo del rinnovabile: è vero che il costo al kW è più basso rispetto ad altre fonti, ma proprio per il problema dell’intermittenza citato è necessario avere una sorta di “assicurazione”, ossia fare in modo che in caso il rinnovabile non produca per via delle condizioni metereologiche ci sia subito una fonte pronta a erogare energia sulla rete elettrica per non restare al buio (ad esempio centrali a gas, carbone, nucleare). Questa “assicurazione” ha ovviamente un costo che però non influisce sul conteggio dei kW ma nella voce “Oneri” della bolletta, facendo lievitare i costi. Questo si può facilmente dimostrare andando a vedere le statistiche sulle bollette europee, guardando come la Danimarca soffra di costi più elevati rispetto agli altri paesi e sia alimentata per la maggior parte da fonti rinnovabili.
    Un’altra tematica toccata è stata l’idea di arrivare ad un mix energetico con una preponderanza del rinnovabile. Proprio a causa dell’intermittenza le rinnovabili hanno un rendimento energetico basso, tanto che per sostenere la rete in caso non ci sia una grande produzione al momento sia necessario usufruire di altre fonti (come descritto sopra). Sono stati molti i tentativi di passare ad una produzione totale di rinnovabile, ad esempio in California, ma sono stati costretti a costruire una centrale a gas per sopperire ai momenti “morti” in cui le rinnovabili producono poco. La Danimarca è un caso quasi più unico che raro poiché geograficamente può disporre di idroelettrico (o comunque farselo “prestare” dalla Norvegia), e comunque come detto sopra ha le bollette alle stelle.
    Una cosa invece certamente vera è il problema delle scorie nucleari, anche se in realtà le centrali hanno l’obbligo di gestire i propri rifiuti internamente, ossia non c’è il rischio che vengano smaltite in modo poco consono, ma proprio in virtù del fatto che ci sono organi internazionali (come la IAEA) che sorvegliano strettamente il ciclo del combustibile, si può stare tranquilli su quel fronte. Sono infatti molto avanzati tecnologicamente i depositi anche temporanei che sono presenti in varie località per mantenere le scorie al sicuro (o meglio per mantenere noi e l’ambiente al sicuro). Non si può dire la stessa cosa per i pannelli solari ad esempio, che al termine del loro ciclo di vita non hanno controlli sul modo in cui vengono smaltiti. Il problema qui sta anche a monte: per i pannelli fotovoltaici le cosiddette terre rare sono un elemento essenziale per la loro produzione, che però vengono poi smaltiti in laghi artificiali non fatti d’acqua ma esclusivamente di questi materiali tossici, senza controlli o particolari contenitori resistenti a terremoti, infiltrazioni d’acqua etc. come avviene invece per le scorie. Su questo argomento inoltre faccio anche notare che la quantità di scorie nucleari non è minimamente comparabile a quella dei rifiuti causati dalla produzione di pannelli/pale/etc, poiché basta una quantità molto piccola di combustibile nucleare per produrre molta energia.
    Vero anche che il nucleare sul breve periodo non può nulla, anche se magari iniziare a costruire qualcosa per avere tra 7 anni un problema in meno a cui pensare non farebbe male a mio avviso, considerando che le centrali nucleari sono le più redditizie in termini energetici (e soprattutto non sono intermittenti).
    Le informazioni sono prese da Luca Romano, l’Avvocato dell’Atomo, che tiene una pagina Facebook proprio come voi di Facta per avere informazioni attendibili, nel suo caso per quanto concerne il nucleare.

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