Come la Russia di Putin sta raccontando il cambiamento climatico - Facta
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Come la Russia di Putin sta raccontando il cambiamento climatico

di Raffaele Riccardo Buccolo

Da alcuni anni il problema dei cambiamenti climatici ha attirato l’attenzione delle giovani generazioni e del dibattito pubblico nei principali Paesi occidentali, complice l’operato di alcuni attivisti per il clima come la svedese Greta Thunberg. In altri Paesi invece, dove i processi democratici sono più deboli e il potere è concentrato nelle mani di poche persone, il tema stenta a trovare spazio a causa delle posizioni dei loro leader autoritari.

Un caso emblematico in questo senso è la Russia del presidente Vladimir Putin, che negli ultimi vent’anni ha avuto un atteggiamento confuso e contraddittorio sull’aumento medio delle temperature globali, causati dalle attività umane. Un tale caos informativo ha pesantemente condizionato anche il rapporto della popolazione con il tema, dando vita a filoni di disinformazione che utilizzano i cambiamenti climatici in chiave anti-occidentale.

Lo scetticismo del presidente
Da quando è alla guida della Russia, l’atteggiamento di Putin nei confronti dei cambiamenti climatici può essere riassunto in due fasi: in una prima fase il presidente russo si è mostrato scettico verso il riscaldamento globale e verso l’origine antropica di questo fenomeno, in una seconda fase ha mostrato una maggiore consapevolezza sul tema, seppur parecchio risicata.

Uno dei primi commenti di Putin sui cambiamenti climatici risale vent’anni fa. «Un aumento di due o tre gradi non sarebbe poi così male per un Paese del Nord come la Russia. Potremmo spendere meno in pellicce e i raccolti di grano aumenterebbero», aveva dichiarato il presidente russo nel 2003 durante una conferenza. L’ipotesi che il riscaldamento globale possa avvantaggiare la Russia è stata riproposta da Putin varie volte negli anni successivi. Per esempio nel 2017 il presidente russo ha sottolineato che i cambiamenti climatici avrebbero portato migliori condizioni economiche nelle regioni artiche, grazie allo scioglimento dei ghiacciai, con la conseguente apertura di nuove rotte marine. Questi presunti benefici avrebbero riguardato le compagnie petrolifere che non possono sfruttare i giacimenti di combustibile fossile nelle zone artiche a causa del ghiaccio. In realtà gli effetti negativi dello scioglimento del permafrost – termine che indica un terreno perennemente ghiacciato e che riguarda buona parte del territorio russo – sono stati ampiamente documentati da anni. 

In altre occasioni Putin è sembrato assumere un atteggiamento più cauto sull’aumento delle temperature. «Il clima sta cambiando: quest’anno l’abbiamo capito», ha per esempio dichiarato nel 2010 il presidente russo durante un viaggio a Samoilovsky, un’isola nel delta del fiume Lena in Siberia, colpita dagli incendi. In quell’occasione aveva però aggiunto che: «La Terra comunque vive la propria vita». Tra il 2015 e il 2021 in una conferenze stampa, durante un forum nazionale e in una trasmissione televisiva il presidente russo ha definito il fenomeno del cambiamento climatico una «evoluzione naturale» della Terra, sostenendo erroneamente che sia difficile calcolare quale sia il contributo delle attività umane a questo fenomeno. In altri casi, come avvenuto nel 2020, Putin ha ribadito l’importanza di continuare a investire nelle fonti fossili, tra le principali responsabili dei cambiamenti climatici. 

La recente giravolta
Negli ultimi anni il presidente russo sembra aver adottato una linea meno scettica sui cambiamenti climatici, dopo che nel 2019 la Russia ha annunciato di voler prendere parte all’Accordo di Parigi. In base a questo accordo, che comunque non è vincolante, la stragrande maggioranza dei Paesi si è impegnata a ridurre il consumo delle fonti fossili, di contenere l’aumento della temperatura entro i 2°C rispetto al periodo pre-industriale e di sforzarsi a mantenerlo entro gli 1,5°C. Nel 2020  Putin ha ordinato al governo di ridurre entro il 2030 del 70 per cento le emissioni di gas serra del Paese rispetto a quelle del 1990. L’anno successivo il presidente russo ha ammesso, a differenza di quanto fatto in passato, l’origine antropica del riscaldamento globale. «Il deterioramento della situazione ambientale è dovuto principalmente alle attività umane», ha dichiarato Putin, che però in altri interventi dello stesso periodo ha aggiunto che le attività umane incidono «solo in parte rispetto ai normali cicli terrestri».

Sempre nel 2021, nonostante le critiche a Thunberg, il presidente russo ha ritrattato la narrazione secondo cui lo scioglimento dei ghiacci nell’Artico siano un vantaggio per la Russia. Durante un evento a San Pietroburgo ha infatti ammesso che lo scioglimento del permafrost è una minaccia per la Russia dal momento che alcune città nel Nord del Paese sono costruite su strati di ghiaccio e terra. A ottobre 2022 Putin ha chiesto ai governi di tutto il mondo maggiore attenzione al tema ambientale.

Per il momento comunque, nonostante l’evoluzione delle posizioni di Putin sui cambiamenti climatici, la Russia sta facendo ancora troppo poco per contrastare l’aumento delle temperature. Secondo il Climate Action Tracker, un consorzio di ricercatori indipendenti che monitora gli Stati nel mondo e le loro politiche ambientali, le politiche climatiche del Paese restano «gravemente insufficienti».

La crisi climatica sui mezzi di informazione
Se si cercano gli articoli dedicati al riscaldamento globale su Ria Novosti, uno dei principali siti di informazione russa di proprietà statale, una larga parte dei contenuti pubblicati tratta il tema con toni propagandistici, in alcuni casi presentando la crisi climatica in chiave anti-occidentale.

Per esempio in un articolo intitolato: “L’America si sta preparando ad usare armi climatiche”, pubblicato a marzo 2023, viene citato un documento della Casa Bianca, dove secondo Ria Novosti c’erano le prove di un finanziamento statunitense su progetti inerenti alle «armi climatiche». In realtà questa espressione non compare all’interno del testo, dove invece sono citati i campi in cui gli Stati Uniti hanno concentrato gli investimenti dei prossimi anni per mitigare gli eventi climatici estremi sul loro territorio.

Un’altra agenzia controllata dal governo russo e sanzionata in Europa come Russia Today ha invece mantenuto un approccio meno allarmistico, riportando al cambiamento climatico eventi di cronaca accaduti sul territorio russo come incendi boschivi, aumento estremo di temperature e implicazioni per gli animali. Queste notizie, tuttavia, appaiono trattate in maniera superficiale e senza particolare attenzione alle evidenze scientifiche.

Passando alle testate non direttamente collegate con il governo, scopriamo che le informazioni sul cambiamento climatico hanno ricevuto maggiore attenzione e approfondimento. Ad esempio, su RBC, gruppo di media con sede a Mosca che non risulta formalmente collegato con il Cremlino, si trovano 264 approfondimenti dedicati soprattutto al racconto della cronaca e dell’attualità.

Il cambiamento climatico sui social media
È interessante, infine, osservare come i cambiamenti climatici vengano trattati sulle piattaforme di social media con un approccio sensibilmente diverso. Su YouTube, ad esempio, grande attenzione è dedicata al tema del  permafrost nel nord della Russia.  Un canale, in particolare, dal nome “Ямал Медиа” (Jamal Media) appare essere tra i più seguiti in relazione al tema del cambiamento climatico nelle regioni della Siberia. 

Mentre scriviamo il canale YouTube conta 601 mila iscritti e ha pubblicato oltre 37 mila video. Tra i suoi filmati più popolari ne abbiamo rintracciato uno, in lingua russa, che veicola contenuti disinformativi e presentati senza il necessario contesto, che trattano i cambiamenti climatici come un evento in grado di rendere la Russia «una nuova superpotenza».

Il video, che al momento conta quasi 2 milioni di visualizzazioni, prende in esame le presunte conseguenze che il permafrost avrebbe avuto sulla crescita e l’espansionismo nazionale russo, soffermandosi in particolare sulle aree inabitabili della Federazione. Secondo gli autori del contenuto, lo scioglimento dei ghiacciai permetterebbe una migliore distribuzione dell’esercito sul suolo russo per combattere l’esposizione del Paese alla minaccia occidentale e permetterebbe un arricchimento della popolazione attraverso l’estrazione di zinco, argento, rame, minerali di ferro, carbone, uranio e diamanti.

Anche in questo caso il cambiamento climatico viene raccontato come un potenziale vantaggio per i russi, ma a questa narrazione si aggiunge una chiave anti-occidentale relativa ai vantaggi per l’esercito.

Analizzando i contenuti pubblicati su VKontakte, social media largamente utilizzato in Russia con funzioni simili a quelle di Facebook, si fa fatica a trovare informazioni oggettive e scientifiche. Anche su questa piattaforma la narrazione principale è quella che descrive il surriscaldamento globale come «un normale ciclo della Terra» sfruttato ideologicamente da «propagandisti occidentali», o che paventa inesistenti allarmi sanitari per l’Europa legati proprio ai cambiamenti del clima.

Immagine del post su cambiamento climatico e tempesta di zanzare che ha avvolto l’intera Europa

Inoltre, sempre su VKontakte la redazione di Facta.news ha registrato almeno un tentativo di azione coordinata di disinformazione sul tema del cambiamento climatico. 

Azione di disinformazione coordinata rintracciata dalla redazione di Facta su VKontakte al termine di ricerca “climate change”


Almeno 6 post pubblicati nell’arco di 12 ore (due di loro condividono persino ora e minuto di pubblicazione) da account diversi, hanno inserito la stessa immagine e lo stesso testo, secondo cui il World economic forum (WEF) avrebbe chiesto alla popolazione di «mangiare feci e bere urina per combattere il cambiamento climatico». La falsa notizia riprende un progetto finanziato dalla fondazione Bill & Melinda Gates sulla purificazione dei liquidi nei Paesi in via di sviluppo, distorta e riportata in modo fuorviante.

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