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La disinformazione è arrivata anche su Threads

di Raffaele Riccardo Buccolo

Disclaimer: precisiamo per trasparenza che Facta.news riceve fondi da Meta, la società che possiede Threads, all’interno del suo Third Party Fact-checking Program


Dal 6 luglio Threads, il nuovo social network di Meta, è disponibile in più di 100 Paesi del mondo, attraverso un’applicazione che ha caratteristiche molto simili a Twitter, da mesi ormai oggetto di critiche per la gestione di Elon Musk. 

In pochi giorni Threads ha raggiunto oltre 100 milioni di utenti attivi, ma è anche subito diventato un nuovo spazio per la diffusione delle teorie del complotto, già viste sugli altri social network. 

Come funziona Threads
Per utilizzare Threads è necessario avere un account Instagram: chi vuole usare la app (al momento non disponibile in Italia) può effettuare il login con le credenziali di Instagram e collegare il proprio profilo trasferendo tra le due piattaforme il nome e l’immagine del proprio profilo, la biografia, i follower e i profili seguiti. 

Per ogni post su Threads si possono usare al massimo 500 caratteri. Al momento su Twitter gli utenti che usano un piano gratuito possono usarne al massimo 280, quelli con un abbonamento fino a quattromila. Threads prevede anche un limite di 5 minuti per i video pubblicati e, per ora, non consente l’uso degli hashtag, funzione che però sarà implementata in futuro. Per ora non si possono inviare messaggi privati ad altri utenti, mentre il feed dei contenuti è composto sia dai post selezionati dall’algoritmo sia da quelli condivisi dai profili seguiti. 

A oggi non è possibile scaricare Threads in Europa, complici le stringenti norme in materia di trattamento dei dati personali, come ha spiegato il 6 luglio il capo di Instagram Adam Mosseri in un’intervista a The Verge, sito specializzato sulle notizie di tecnologia. Secondo Mosseri, le norme che saranno varate dall’Europa nei prossimi mesi potrebbero entrare in contrasto con le policy di Threads, motivo per cui Meta ha posticipato il lancio dell’applicazione per il mercato europeo. 

Sebbene l’applicazione non sia ancora disponibile in Europa, abbiamo aggirato il blocco per studiare il funzionamento della piattaforma e per capire quale disinformazione circola già su Threads.

La disinformazione su Threads
Alcuni post di tipo disinformativo che circolano su Threads sono legati al film Sounds of Freedom, recentemente uscito nei cinema degli Stati Uniti. Il film racconta la storia di un agente statunitense impegnato a salvare bambini da trafficanti che li usano per scopi sessuali. Il film è basato sulla storia vera del gruppo di ex agenti statunitensi che hanno fondato l’associazione Operation Underground Railroad, ancora oggi attiva, dedita a scovare le reti di trafficanti di minori in tutto il mondo. 

Il film è stato affiancato a QAnon, la teoria del complotto di cui ci siamo già occupati in passato su Facta.news. Secondo questa teoria l’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump e il movimento repubblicano statunitense sarebbero impegnati a contrastare il traffico di minori a scopo sessuale praticato da star di Hollywood e da politici democratici.  

Subito dopo la sua uscita, il film è stato ripreso dai seguaci di QAnon e, più in generale, è stato condiviso da profili di attivisti repubblicani che avrebbero riconosciuto le connessioni tra i democratici e il traffico di bambini descritto nel film. Come ha riportato il Washington Post, lo stesso protagonista del film Jim Caviezel ha parlato di un legame stretto tra il film Sounds of Freedom e la teoria QAnon. Tra l’altro nel 2021 proprio Caviezel aveva tenuto un discorso alla conferenza internazionale dei seguaci di QAnon.

Su Threads alcuni profili hanno pubblicato accuse di boicottaggio verso il film Sounds of Freedom da parte dei media internazionali (come su Twitter, la spunta blu si ottiene se la si ha già su Instagram o a pagamento). 

Post che accusa i media di boicottaggio per il film Sounds of Freedom

Un account che al momento su Threads conta 77 mila follower, su Twitter 967 mila e su Instagram 2,4 milioni, ha pubblicato una serie di post scrivendo che i media internazionali stanno proteggendo qualcuno e boicottando le informazioni sul film.

Non è vero. È più corretto dire, invece, che il film è stato associato dai media alle teorie cospirazioniste di QAnon per le posizioni manifestate da Caviezel, nonché i contenuti circolati anche su Twitter fin dalla messa in onda del film, con l’hashtag #SoundsOfFreedom. Questi tweet hanno messo in relazione il traffico di minori con l’attuale governo di Joe Biden.

La storia della cocaina alla Casa Bianca 

L’account che ha fatto disinformazione sul film Sound of Freedom, già citato in precedenza, ha anche pubblicato contenuti grafici e testuali sul caso del ritrovamento di cocaina alla Casa Bianca, accusando la famiglia del presidente Joe Biden di utilizzare la sostanza. Su Threads sono apparsi diversi post sotto forma di meme, in cui viene evidenziato che la cocaina trovata alla Casa Bianca apparterrebbe a Hunter Biden, figlio del presidente. 

Post rintracciati dalla redazione di Facta.news per il tema “cocaina alla Casa Bianca”

È vero che il 2 luglio è stata trovata cocaina alla Casa Bianca, in un ripostiglio nell’area in cui si trova lo Studio ovale del presidente, utilizzato dai visitatori per depositare gli effetti personali. Poche ore dopo la notizia del ritrovamento della sostanza, esponenti repubblicani, tra cui l’ex presidente Donald Trump, hanno rilasciato dichiarazioni false e fuorvianti attribuendo a Hunter Biden il possesso della cocaina trovata alla Casa Bianca. 

Secondo fonti stampa statunitensi, però, al momento del ritrovamento della cocaina la famiglia di Biden non era presente alla Casa Bianca e si trovava lontano dall’abitazione presidenziale da almeno 72 ore.

Al momento le indagini dell’FBI sono ancora in corso e non sono state formulate accuse verso specifici indiziati. I contenuti grafici pubblicati su Threads che mostrano la famiglia Biden, e più in particolare il figlio Hunter, come consumatori abituali di cocaina, risultano quindi privi di fondamento.

Come si comporterà Threads con la disinformazione
Dopo il lancio di Threads, Mosseri ha scritto che la nuova piattaforma non dà particolare importanza al settore dell’informazione, in particolare all’attualità e alla politica, al contrario di Twitter. «Ci sono tante community – sport, musica, fashion, beauty, entertainment – che possono rendere eccitante questa piattaforma, senza necessariamente avere bisogno di politica o hard news», ha detto Mosseri.

Come per gli altri social network, il timore per la circolazione di notizie false su Threads è alto. Subito dopo il suo lancio, alcuni account segnalati su Instagram per la diffusione di propaganda e disinformazione di estrema destra negli Stati Uniti hanno ricevuto una limitazione attraverso un messaggio automatico su Threads che chiedeva agli utenti: «Sei sicuro di voler seguire questo account? Questo account ha ripetutamente pubblicato informazioni false che sono state esaminate da fact-checker indipendenti o sono andate contro gli standard della nostra community». Il messaggio è stato poi rimosso da Meta, che ha successivamente spiegato che si era trattato di un errore.

Uno dei profili che ha ricevuto l’etichetta di “profilo che pubblica disinformazione” su Threads 

Meta ha annunciato che in Australia inserirà etichette, come già accade su Instagram, per tutti i media che hanno affiliazioni con il governo.

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