No, il grafene non è «contenuto nei più comuni farmaci da banco» - Facta
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No, il grafene non è «contenuto nei più comuni farmaci da banco»

Il 2 gennaio 2023 la redazione di Facta ha ricevuto una segnalazione che chiedeva di verificare un video pubblicato pochi giorni prima (il 28 dicembre) su Facebook che riportava la presunta notizia secondo cui alcuni farmaci da banco conterrebbero grafene (o ossido di grafene), cioè un materiale a base di carbonio derivato dalla comune grafite.

Nel filmato si vede un uomo che gratta la scritta in rilievo presente su una capsula di Brufen, un analgesico a base di ibuprofene, mostrando che i resti di questa si attaccano a una calamita. Ciò sarebbe la prova che tale scritta sarebbe fatta di un materiale che «è risaltato ultimamente alle cronache», cioè il grafene.      

Il video è accompagnato da un commento in cui si legge che «LA NOTIZIA CHE IL GRAFENE SIA CONTENUTO NEI PIÙ COMUNI FARMACI DA BANCO HA SCIOCCATO MOLTI». Inoltre, nel commento viene riportato che sarebbe stato documentato che «LA PFIZER STIA INTRODUCENDO UN MICROCHIP IN OGNI SINGOLA ‘PILLOLA’. IL MATERIALE CON CUI INTENDE PRODURRE QUESTO CHIP – BENE CHE SI SAPPIA – È PROPRIO IL GRAFENE».

 Il contenuto oggetto di verifica è infondato. Vediamo perché.

Innanzitutto è utile specificare che il riferimento al grafene non è nuovo, ma rientra in un filone di disinformazione di cui ci siamo occupati in più occasioni su Facta, secondo cui il vaccino anti-Covid conterebbe questa sostanza e sarebbe perciò dannoso per l’essere umano.

Chiarito il contesto, passiamo al video in analisi. La redazione di Facta non è stata in grado di verificare che nel video oggetto d’analisi sia stata utilizzata una capsula di Brufen autentica. Nel foglio illustrativo del medicinale l’ossido di grafene non è indicato come ingrediente presente nelle compresse.

Tuttavia, in alcuni casi viene riportata la lista degli eccipienti, sostanze farmacologicamente inattive utilizzate per facilitare la produzione o l’assunzione di un farmaco, contenuti nel rivestimento della compressa e tra questi è indicato l’ossido di ferro (E172). È possibile che la calamita che si vede nel video oggetto della nostra analisi attragga il colorante di ossido di ferro utilizzato nella scritta presente sulla capsula, poiché si tratta di una sostanza magnetica non pericolosa per la salute se assunta in piccole quantità (la legge stabilisce limiti consentiti per l’uso).  

L’ossido di ferro è utilizzato come colorante negli alimenti, nei cosmetici e nell’industria farmaceutica ed è ammesso dalla legislazione alimentare dell’Unione europea. Si tratta di una componente presente in diversi medicinali approvati dall’Agenzia italiana del farmaco (Aifa). 

Inoltre, secondo quanto riportato dall’Organizzazione congiunta per l’alimentazione e l’agricoltura delle Nazioni Unite e il Comitato di esperti sugli additivi alimentari dell’Organizzazione mondiale della sanità (Jecfa) esiste una dose giornaliera accettabile di ossido di ferro – riportata a 0-0,5 milligrammi per chilo – e questo significa che un adulto di 50 kg potrebbe ingerire 25 mg di questa sostanza ogni giorno senza alcun rischio per la salute.

Nel post in analisi si fa riferimento anche al fatto che Pfizer starebbe «introducendo un microchip in ogni singola ‘pillola’». Su Facta avevamo già precisato che si tratta di una notizia falsa. Il Ceo di Pfizer, Albert Bourla, non ha mai annunciato l’adozione di questa tecnologia nelle pastiglie prodotte dalla casa farmaceutica statunitense. In occasione di un evento del World economic forum (Wef) del gennaio 2018, Bourla, per rispondere a una domanda dal pubblico, aveva invece nominato un medicinale prodotto dalla casa farmaceutica giapponese Otsuka che contiene un sistema di tracciamento digitale dell’ingestione, approvato dalla Food and drug administration (Fda) statunitense e destinato al trattamento di diverse malattie mentali. 

Anche il sito di fact-checking Bufale.net si è occupato di questo caso di disinformazione.

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