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No, la Corte internazionale di giustizia non ha rifiutato di riconoscere la Russia come “Paese aggressore”

No, la Corte internazionale di giustizia non ha rifiutato di riconoscere la Russia come “Paese aggressore”

13 marzo 2024
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Il 12 marzo 2024 la redazione di Facta ha ricevuto una segnalazione via WhatsApp che chiedeva di verificare un post pubblicato il 4 febbraio su X che recita: «LA CORTE INTERNAZIONALE DI GIUSTIZIA NON HA RICONOSCIUTO LA RUSSIA COME “PAESE AGGRESSORE”». Un contenuto simile circola anche su TikTok ed è stato condiviso anche da Affari Italiani.

Si tratta di un contenuto fuorviante, che veicola una notizia falsa.

Questa notizia infondata è partita dal ministero degli Affari esteri russo che, in un comunicato stampa del 31 gennaio 2024, ha affermato che «la Corte internazionale di giustizia delle Nazioni Unite si è rifiutata di designare la Russia come Stato aggressore e la RDP e la LPR come organizzazioni terroristiche in risposta alle accuse dell’Ucraina».

Lo stesso giorno la Corte internazionale di giustizia (ICJ), il principale organo giudiziario delle Nazioni Unite, aveva emesso la sentenza definitiva nella causa tra Ucraina e Federazione Russa riguardante l’applicazione della Convenzione internazionale per la repressione del finanziamento del terrorismo (Icsft) e della Convenzione internazionale sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale (Cerd).

Come si può leggere sia nella sentenza stessa che nel comunicato stampa dell’ICJ, il 16 gennaio 2017 l’Ucraina aveva presentato un’istanza per l’avvio di un procedimento contro la Federazione Russa in merito a presunte violazioni delle due convenzioni a seguito degli eventi verificatisi a partire dall’inizio del 2014 nell’Ucraina orientale e nella penisola di Crimea.

In particolare, l’Ucraina aveva accusato la Russia di aver finanziato il terrorismo, riferendosi ai separatisti filorussi della Repubblica Popolare di Donetsk (DPR) e della Repubblica Popolare di Luhansk (LPR), due regioni che fanno formalmente parte dell’Ucraina ma che nel maggio del 2014 hanno unilateralmente proclamato l’indipendenza. L’accusa riguarda anche una presunta campagna di discriminazione razziale della Russia contro il gruppo etnico dei tatari e gli ucraini in Crimea.

Con la sentenza definitiva del 31 gennaio 2024, la Corte ha respinto quasi tutte le accuse mosse dall’Ucraina, comprese le richieste di risarcimento per i danni subiti dall’Ucraina a causa delle presunte violazioni russe delle Convenzioni.

I giudici della Corte hanno però riconosciuto che la Russia ha violato la Convenzione per la repressione del finanziamento del terrorismo perché non ha condotto indagini contro individui che presumibilmente potrebbero finanziare il terrorismo in Ucraina. Inoltre, hanno condannato la Russia per aver violato la Cerd in quanto non ha garantito l’insegnamento della lingua ucraina all’interno del sistema educativo in Crimea, penisola ucraina annessa nel 2014 dalla Russia, nonostante il mancato riconoscimento della comunità internazionale.

In base a quanto riportato dalla stampa, per Anton Korynevych, l’avvocato che ha rappresenta l’Ucraina, la pronuncia della Corte internazionale di giustizia rappresenta un giorno davvero importante perché «questa è la prima volta che la Federazione Russa viene definita ufficialmente, legalmente, un violatore del diritto internazionale».

A differenza di quanto diffuso nel post in analisi, la Corte non si è mai pronunciata sul fatto che la Russia sia o meno uno «Stato aggressore». Questa presunta dichiarazione infatti non compare in alcun documento ufficiale in merito alla sentenza emesso dalla CIJ.

Proprio nella sentenza del 31 gennaio la Corte ha spiegato infatti che, nel presente procedimento, «l’Ucraina non chiede di pronunciarsi su questioni riguardanti la presunta “aggressione” della Federazione Russa o la sua presunta “occupazione illegale” del territorio ucraino, né chiede che la Corte si pronunci sullo status della penisola di Crimea ai sensi del diritto internazionale». Queste questioni, si legge ancora, «non costituiscono l’oggetto della controversia davanti alla Corte», che «non è chiamata a pronunciarsi in questo caso su nessun’altra questione attualmente in discussione tra le Parti».

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