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Facebook non ha vietato di pubblicare il “Padre Nostro” 

Facebook non ha vietato di pubblicare il “Padre Nostro” 

15 marzo 2024
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Precisiamo che Facta riceve fondi da Meta all’interno del suo Third Party Fact-checking Program.

Il 15 marzo 2024 la redazione di Facta ha ricevuto una segnalazione via WhatsApp che chiedeva di verificare un post pubblicato lo stesso giorno su Facebook in cui si legge un messaggio che recita:: «Dopo aver sentito Mark Zuckerberg dire che pubblicare la preghiera “Padre Nostro” viola le loro politiche, chiedo a tutti i cristiani di seguire il mio esempio e di pubblicare la preghiera “Padre Nostro”».

Si tratta di una notizia infondata, che circola online almeno dal 2020.

Consultando gli standard della community di Facebook, che descrivono cosa è consentito e cosa è vietato sulla piattaforma, non c’è traccia di limitazioni d’espressione religiosa, o della preghiera del “Padre nostro” in particolare. Nell’elenco dei contenuti non consentiti rientrano invece tutti quei post che incitano alla violenza e a comportamenti criminali, che minano la sicurezza individuale e pubblica e che non rispettano la proprietà intellettuale. Sempre secondo le linee guida della piattaforma, Facebook mira a difendere l’incitamento all’odio che si basa, tra le altre cose, anche sull’affiliazione religiosa di una persona.

Contattata da Reuters, Meta – la società che controlla Facebook – ha confermato che pubblicare la preghiera del “Padre nostro” non viola i loro standard.

Discorso a parte merita la decisione di Meta di aver eliminato, a partire dal 1° dicembre 2022, le informazioni personali visibili sui profili dei propri utenti inerenti a opinioni politiche, agli orientamenti religiosi, sessuali e all’indirizzo privato. La stessa azienda ha dichiarato che lo scopo del cambiamento è quello di rendere il social network più facile da usare. Meta ha comunque precisato che «questo cambiamento non influisce sulla capacità di nessuno di condividere queste informazioni su se stesso da qualche altra parte su Facebook».

Su Facta ci siamo occupati già altre volte di false storie legate agli utilizzi di Facebook.

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