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La democratica statunitense Katie Porter non ha detto: «la pedofilia non è un crimine»

La democratica statunitense Katie Porter non ha detto: «la pedofilia non è un crimine»

19 dicembre 2022
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Il 18 dicembre 2022 su Facebook è stato pubblicato un video in cui si vede la rappresentante democratica della California, Katie Porter, affermare in inglese che su Twitter può capitare che una persona sia ritenuta «in qualche modo un criminale e coinvolta in atti criminali, semplicemente a causa della sua identità, del suo orientamento sessuale». Il filmato è accompagnato da un commento, scritto da chi ha pubblicato il post su Facebook, in cui si afferma che Porter avrebbe affermato che «la pedofilia non è un crimine, ma un “tipo di identità”».

Il contenuto oggetto di analisi è fuorviante e veicola una notizia falsa.

Il video è reale, ma in quel filmato Porter non hai mai dichiarato che la pedofilia non è un crimine, come erroneamente sostenuto nel post in questione. Andiamo con ordine.

Innanzitutto, contattato dai colleghi di Associated press, Jordan Wong, portavoce di Porter, ha smentito che la rappresentante statunitense abbia mai pronunciato una frase simile sulla pedofilia. 

Il video presente nel post oggetto di analisi è parte dell’intervento della politica statunitense durante un’udienza, svoltasi il 14 dicembre 2022, del Comitato per la supervisione e la riforma della Camera, incentrata sulla violenza e sull’odio nei confronti di lesbiche, gay e persone transgender statunitensi. 

In quell’occasione, Porter stava parlando con Kelley Robinson, presidente dell’organizzazione americana per i diritti civili Human rights campaign (Hrc), del rapporto pubblicato da Hrc sulle discriminazioni sui social subite dalla comunità Lgbtq+. Il rapporto sottolineava come i membri di questa comunità siano spesso associati sui social a termini come «predatore» e «pedofilo».  

Come si può verificare nella trascrizione del suo intervento completo (riportata da diversi siti di fact-checking statunitensi), Porter ha in realtà affermato che le persone Lgbtq+ sui social vengano diffamate a causa della loro «identità, orientamento sessuale e identità di genere».

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