Tra il 4 e il 5 maggio 2021 il sito web dell’emittente RadioRadio ha pubblicato due articoli intitolati «Governo sotto accusa»: il primo sottotitolato «C’era un piano pandemico vincolante, ma non lo hanno seguito»; il secondo sottotitolato «Mascherine, restrizioni e cure: il piano pandemico diceva tutt’altro». Entrambi gli articoli si riferiscono a un’unica intervista condotta da RadioRadio all’avvocato Alessandro Fusillo e al biologo nutrizionista Franco Trinca. Al 17 maggio 2021 i due articoli sono stati condivisi su Facebook rispettivamente oltre 1.700 e quasi 1.100 volte, secondo la piattaforma di analisi dei social CrowdTangle. Il video della seconda parte, pubblicato direttamente su Facebook il 9 maggio 2021 da RadioRadio, è stato condiviso al 17 maggio 2021, oltre 16 mila volte. In questa occasione il video era accompagnato dalla scritta «Hanno fatto l’opposto di ciò che diceva il piano pandemico “Ci sono gli elementi per una inquisizione per strage”» e presentato con il testo «Il piano pandemico del 2006 da solo sarebbe bastato ad arginare la strage: perché è stato fatto esattamente il contrario di ciò che diceva?».
Nell’intervista contenuta in questi post, Fusillo e Trinca argomentano che il governo italiano avrebbe ignorato il piano per la gestione delle pandemie preparato nel 2006, in particolare non distribuendo cure antivirali e imponendo mascherine e restrizioni, sconsigliate dal piano stesso. La tesi di Fusillo e Trinca è che queste cure antivirali fossero già disponibili: nelle parole dell’avvocato Fusillo, citate da RadioRadio, pronunciate intorno al minuto 14:18 della prima parte e riprese anche dalla pagina web di RadioRadio, «se torniamo a un anno fa si diceva che era un virus sconosciuto, e sconosciuto non era, e che non c’era nessuna possibilità di cura, e invece le cure c’erano».
Si tratta di un’informazione errata e il piano del 2006 viene presentato fuori contesto. La redazione di Facta ha contattato via email le due persone direttamente coinvolte nell’intervista per avere chiarimenti su quanto dichiarato; siamo al momento in attesa di una risposta e disposti ad aggiornare l’articolo dopo averla ricevuta. Fatta questa precisazione, vediamo che cosa sappiamo sui temi trattati guardando a dati e documenti ufficiali.
Il piano pandemico del 2006 a cui Fusillo e Trinca si riferiscono è tuttora disponibile sul sito del Ministero della Salute e anche sul sito dell’Istituto Superiore di Sanità. Il piano si riferiva esclusivamente e dettagliatamente al rischio di una pandemia influenzale e non ad altri virus. Ciò nonostante, nel 2020 era stato oggetto di polemiche da parte della trasmissione Report e del viceministro Sileri, nel contesto della pandemia da Covid-19, in quanto non sarebbe mai stato aggiornato da tale data. Benché Fusillo dica intorno al minuto 04:12 della prima parte dell’intervista che il piano era basato sull’esperienza dell’epidemia da Sars (un’altra malattia da coronavirus), e benché in effetti l’Istituto superiore di sanità indicasse che l’esperienza dell’epidemia di Sars è stata usata dall’Oms per informare la preparazione dei piani pandemici nel 2005-2006, la Sars nel piano veniva citata una volta sola e puramente a titolo di esempio precedente sul tema della formazione degli operatori. Si legge: «Analogamente a quanto è stato fatto in altre occasioni (Piano nazionale di eliminazione del Morbillo e della rosolia congenita, AIDS, SARS) è importante che il Piano sia corredato da un programma di formazione».
Secondo Fusillo e Trinca, l’esistenza del piano pandemico e l’accento che poneva sugli antivirali dimostrano che in realtà c’erano già delle cure per la Covid-19, che il governo italiano avrebbe dovuto provvedere a fornire alla popolazione. Il piano pandemico del 2006 si riferisce però esplicitamente ad antivirali contro l’influenza, ovvero i cosiddetti inibitori delle neuraminidasi, farmaci che disattivano un enzima presente nel virus dell’influenza ma assente nel virus Sars-CoV-2. I coronavirus come il virus della Sars o il virus Sars-CoV-2 non hanno niente a che vedere con i virus influenzali, benché entrambi causino sindromi respiratorie, e quindi gli antivirali contro l’influenza sono inutili, come anche confermato sperimentalmente.
A giustificare la sua tesi, al minuto 09:30 della prima parte dell’intervista, Trinca afferma che si sarebbe potuto usare l’antivirale remdesivir. Farmaco che al momento, come sostenuto dall’Agenzia italiana del farmaco (Aifa), è approvato solo per casi selezionati mentre in generale non è raccomandato dall’Oms, in quanto non sembra essere efficace e può essere tossico per fegato e reni. Trinca elenca anche altri farmaci potenzialmente antivirali, come l’idrossiclorochina o ivermectina, e sostiene che «l’emergenza cesserebbe» se venissero applicate tali cure. Si tratta di un’affermazione scientificamente infondata o su cui – a seconda del farmaco considerato – mancano prove, come abbiamo discusso in passato su Facta parlando dell’uso di questi farmaci nelle terapie domiciliari.
Al minuto 13:34 l’avvocato Fusillo sostiene che studi del 2004 e 2005 avrebbero dimostrato che la Sars si poteva curare con idrossiclorochina: in realtà, come avevamo già detto in precedenza, nonostante ci fossero effettivamente studi di laboratorio in merito, nessuno studio clinico ha mai dimostrato un concreto beneficio dell’idrossiclorochina contro alcun virus umano.
Infine, a differenza di quanto sostenuto da Fusillo e Trinca, la comunità scientifica era esplicitamente concorde sul fatto che non vi fossero terapie approvate per la Covid-19, e non ci sono state per mesi: si veda per esempio questa review del giugno 2020, questo articolo sul Journal of the American Medical Association, o l’introduzione a questo studio, entrambi di agosto 2020. Attualmente tra i farmaci solo corticosteroidi e colchicina hanno dimostrato un qualche effetto nella riduzione della mortalità da Sars-CoV-2.
Oltre alle presunte cure già esistenti per la pandemia, l’intervista pone l’accento su un altro aspetto del piano pandemico del 2006. Al minuto 04:35 della prima parte dell’intervista Fusillo infatti afferma che, secondo il piano, «tutte le misure che noi abbiamo visto implementate con crudeltà, quindi mascherine, distanziamento sociale eccetera, non servono a niente», affermazione che viene poi discussa all’inizio della seconda parte dell’intervista mostrando alcuni screenshot del piano del 2006.
È vero che nel piano del 2006 c’è scritto: «in fase pandemica l’impatto di misure di restrizione della mobilità della popolazione è limitato» e «l’uso di mascherine chirurgiche va considerato anche per chi ricorre all’assistenza medica, mentre non è raccomandato per le persone non sintomatiche chi si trovano in luoghi pubblici».
Il piano, però, in questo caso era in torto. Quale che fosse il consenso accademico nel 2006, vari studi successivi a quella data, anche prima della pandemia di Covid-19, avevano suggerito fortemente che il distanziamento sociale fosse un intervento di successo nel contenere le pandemie di virus respiratori. Esempi sono studi sull’influenza del 2009 in Messico e analisi retrospettive di pandemie del passato come quella influenzale del 1918. La decisione di imporre misure di distanziamento sociale durante la pandemia da Covid-19 è stata poi supportata scientificamente da numerosi studi.
Per quanto riguarda le mascherine, la raccomandazione all’inizio della pandemia era coerente con il piano pandemico del 2006, come si vede ad esempio in questo comunicato del Ministero della Salute del 5 marzo 2020. Come ha ricostruito Nature a ottobre 2020, le evidenze scientifiche sulle mascherine e sul ruolo degli asintomatici si sono però accumulate nei mesi seguenti, durante la prima fase della pandemia, e di conseguenza è cambiata anche la politica dei governi.
In conclusione, non è vero che c’erano già cure antivirali disponibili contro la Covid-19. Il piano pandemico del 2006 parlava di antivirali esclusivamente in riferimento alla possibilità di una pandemia influenzale e non da coronavirus, contro i quali non esistevano farmaci efficaci. È vero che le raccomandazioni di tale piano su distanziamento sociale e mascherine non sono state seguite appieno, ma questo caso però il piano non era scientificamente aggiornato, e seguirlo alla lettera non avrebbe affatto «arginato la strage». Le evidenze scientifiche emerse dopo il 2006 supportano infatti sia la decisione di imporre misure di distanziamento sociale, sia l’uso delle mascherine.