Il 6 settembre 2022 la redazione di Facta ha ricevuto una segnalazione che chiedeva di verificare le informazioni riportate in un post pubblicato il 6 settembre su Facebook dallo chef e youtuber Stefano Barbato, in cui si legge: «Le domande corrette che tutti dovremmo porci sono almeno tre, la prima riguarda la pasta cotta a fuoco spento, che ovviamente non è cotta ma solo idratata, per farlo basta anche solo l’acqua fredda, quindi non digeribile. La seconda riguarda la farina di insetti che contiene chitina, quindi indigeribile. La terza è perché questa cattiva pratica venga sponsorizzata anche da un nobel nonostante queste palesi conseguenze. Sinceramente sono basito».
Si tratta di un contenuto che veicola informazioni false. Andiamo con ordine.
Nella prima parte del testo, Barbato fa riferimento a un post pubblicato il 1° settembre su Facebook dal premio Nobel per la fisica Giorgio Parisi, che ha consigliato ai suoi follower di cuocere la pasta portando l’acqua a ebollizione, per poi ridurre al minimo o spegnere del tutto il gas. «Ovviamente in questo modo si consuma ancora di meno e penso che la pasta si cuocia lo stesso» concludeva il post dello scienziato, aggiungendo che «in fondo la pasta si cuoce bene anche in montagna con l’acqua che bolle a 90 gradi. Il coperchio è fondamentale». Lo chef Stefano Barbato si oppone a tali conclusioni affermando che la pasta cotta a fuoco spento «non è cotta ma solo idratata» e che per questo motivo «non è digeribile».
Partiamo da una semplice premessa: a cuocere la pasta non è l’ebollizione dell’acqua, bensì la temperatura del liquido entro il quale essa è immersa. Come spiegava nel 2017 il divulgatore scientifico Dario Bressanini, tale principio è noto almeno dal 1799, quando il fisico pioniere della termodinamica Benjamin Thompson notò in un saggio intitolato “Sulla costruzione di caminetti e utensili da cucina, insieme a considerazioni e osservazioni relative ai vari processi di cottura” che «tutto il combustibile che viene utilizzato nel farla bollire vigorosamente [l’acqua, ndr] è sprecato, senza aggiungere un singolo grado al calore dell’acqua, né velocizzare o accorciare il processo della cottura di un solo secondo poiché è dal calore, dalla sua intensità e della sua durata che il cibo viene cotto, e non dall’ebollizione dell’acqua». Al tempo Thompson faceva riferimento alla cottura in pentola di carni e verdure, ma il principio fisico non cambia.
Com’è noto, la temperatura di ebollizione dell’acqua varia a seconda della pressione atmosferica, partendo dai 100 gradi Celsius perfetti quando ci si trova al livello del mare (dove l’altitudine è nulla e la pressione atmosferica elevata) e abbassandosi di circa un grado ogni 300 metri di altitudine. Anche con il gas acceso, dunque, la pasta cuoce a temperature diverse in una casa al mare o in una baita in montagna. L’operazione di far bollire l’acqua nella pentola ha la sola funzione di portare l’acqua alla sua temperatura massima, in modo tale che questa possa trasmettere il calore alla pasta e cuocerla.
Nel già citato video pubblicato su YouTube, Bressanini spiega che i fenomeni interessati nella cottura della pasta sono tre, ovvero la diffusione dell’acqua all’interno della pasta, la gelatinizzazione dell’amido e la denaturazione e coagulazione del glutine. Mentre il primo fenomeno avviene indipendentemente dalla temperatura dell’acqua (l’acqua fredda penetra all’interno della pasta come e quanto accade con l’acqua calda), per innescare la gelatinizzazione dell’amido servirà una temperatura minima di 50-60 gradi Celsius. La denaturazione del glutine e la sua coagulazione richiederanno invece rispettivamente 50 gradi e una temperatura compresa tra i 70 e gli 80 gradi.
Nessun fenomeno coinvolto nella cottura della pasta richiede dunque una temperatura superiore agli 80 gradi. Uno studio pubblicato nel 2021 da un team di ricercatori italiani ha inoltre concluso che «dopo diverse prove di cottura, l’assorbimento d’acqua, la perdita di cottura, le proprietà strutturali e lo spessore del nervo centrale (osservato con un microscopio elettronico a scansione) della pasta cotta» sono risultati pressoché invariati nella cottura della pasta a temperature comprese tra gli 85 e i 98 gradi Celsius. Come ha affermato Parisi, insomma, la pasta può essere cotta con il fuoco spento, dopo aver portato l’acqua ad ebollizione: l’importante è che la pentola sia chiusa con un coperchio che conservi il più possibile la temperatura interna.
Nello specifico, la legge fisica che regola la perdita di calore dell’acqua è la legge del raffreddamento di Newton. Questa legge coinvolge tre diversi fattori: la temperatura di partenza dell’acqua, la temperatura dell’ambiente esterno e il coefficiente di raffreddamento, che dipende dalla quantità di calore scambiato tra l’acqua e l’ambiente. Quest’ultima variabile può essere controllata posizionando un coperchio quanto più possibile spesso e idoneo sulla pentola che contiene l’acqua, un accorgimento che permetterà al liquido di conservare la temperatura idonea (che come abbiamo visto non deve scendere sotto gli 80-85 gradi Celsius) per i circa 10 minuti necessari alla cottura della pasta.
Veniamo ora al secondo argomento trattato da Barbato, che punta il dito contro «la farina di insetti che contiene chitina, quindi indigeribile». Come abbiamo chiarito in un nostro recente articolo, la chitina è il secondo polisaccaride più diffuso in natura ed è presente negli esoscheletri degli insetti, ma anche negli invertebrati marini, nei funghi, nei lieviti e in alcune alghe. Uno studio pubblicato nel 2018 sulla rivista scientifica Molecular Biology and Evolution, ha affermato che in alcuni casi la chitina possa effettivamente risultare non completamente digeribile (benché non risulti dannosa).
Ciò che afferma Barbato è quindi in questo caso parzialmente vero, nonostante l’autrice dello studio Mareike Janiak abbia chiarito ai colleghi di Afp che «gli esseri umani, insieme a molti altri primati, hanno un gene funzionale per questo enzima, quindi è possibile che possiamo effettivamente elaborare la chitina nelle nostre viscere. Detto questo, anche se non potessimo, passerebbe semplicemente attraverso il nostro sistema, come la cellulosa del sedano e di altre verdure». Teoria dimostrata anche da altri studi, secondo cui l’apparato digerente degli esseri umani è, appunto, in grado di degradare la chitina.
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