Falsi miti sul sangue dei vaccinati Covid - Facta
TOP
sangue vaccinati Covid

Falsi miti sul sangue dei vaccinati Covid

di Camilla Vagnozzi

Tra i filoni della disinformazione che hanno accompagnato la campagna vaccinale contro la Covid-19 c’è quello che mette al centro il sangue dei vaccinati, considerato insicuro o dannoso da molti complottisti. 

Stando ad alcune false narrazioni, la vaccinazione a mRna avrebbe pericolosi effetti avversi sul sangue degli esseri umani e sarebbe in grado di creare coaguli che impedirebbero, di fatto, le trasfusioni. Secondo altre, il vaccino anti-Covid sarebbe in grado di indebolire gli anticorpi umani fino a distruggerli; non manca poi chi ha – erroneamente – sostenuto che fosse stato imposto, da parte di organizzazioni come la Croce rossa o dall’Associazione volontari italiani del sangue (Avis), un qualche tipo di divieto ai donatori vaccinati.

In realtà, le donazioni di sangue provenienti da pazienti vaccinati sono sicure. A dircelo sono le evidenze scientifiche. Ecco come stanno le cose. 

La circolazione delle false notizie
La disinformazione sulle donazioni da parte di pazienti vaccinati non è circolata solo in Italia. Per quanto non siano mancati casi che hanno riguardato da vicino il nostro Paese (come quello che erroneamente attribuiva all’Avis la responsabilità di aver buttato alcune sacche di sangue di pazienti vaccinati per la presenza di coaguli), le false notizie sul sangue dei vaccinati sembrano essersi particolarmente diffuse a livello internazionale. 

In passato, ad esempio noi di Facta.news avevamo verificato notizie che riguardavano l’Australia, il Giappone e gli Stati Uniti. Nel primo caso era stato diffuso un filmato con cui si sosteneva che il governo australiano avesse vietato ai vaccinati di donare il sangue: in realtà, la notizia era stata smentita sia dal ministero della Salute che dalla Croce rossa locale. Non era neppure vero che in Giappone erano state definitivamente sospese le donazioni di sangue da parte di pazienti vaccinati. Si era trattato di una misura temporanea, in attesa che le autorità competenti chiarissero i criteri e le modalità dei prelievi. Infine, la Croce rossa americana non ha mai sostenuto che la vaccinazione a mRna potesse distruggere gli anticorpi dei vaccinati.

Come mostrato da una ricerca effettuata all’interno del Google Fact-check Explorer, strumento che permette di visualizzare i diversi articoli di fact-checking scritti su un dato argomento, sono molti gli approfondimenti dedicati al tema e sono stati pubblicati da progetti di fact-checking attivi in diversi Stati, dalla Francia all’Irlanda del Nord, dal Regno Unito all’India.

Che cosa dice la scienza
In realtà il sangue dei vaccinati è sicuro, può essere donato e utilizzato per le trasfusioni. In Italia, il Centro nazionale del sangue, istituito presso il l’Istituto superiore di sanità (Iss) nel 2007, ha più volte ribadito che le «persone vaccinate possono tranquillamente donare il sangue» e che «le sacche prelevate da chi è immunizzato sono utilizzate» per le trasfusioni «senza alcuna differenza con le altre». 

Da un rapporto stilato a dicembre 2022 dall’Avis emerge come siano oltre 1.800 i pazienti che, nel nostro Paese, hanno giornalmente bisogno di una trasfusione, molti dei quali a causa di gravi patologie che hanno reso indispensabile il servizio dei centri prelievo anche nelle fasi più dure della pandemia.

La Covid-19 può essere trasmessa con una trasfusione?
No, e sulla questione è intervenuto anche il presidente nazionale dell’Avis, Gianpietro Briola, che ha elencato la notizia tra una delle «bugie» e «leggende senza fondamento» circolate negli scorsi mesi. 

La letteratura scientifica oggi disponibile, come ricostruito da Avis, concorda nel ritenere che non vi siano prove di una trasmissione trasfusionale del virus SarS-CoV-2. La trasmissione avviene, invece, per lo più tramite droplet (goccioline) e aerosol quando una persona infetta tossisce, starnutisce, parla o respira in prossimità di altri.

Perché bisogna aspettare qualche giorno tra il vaccino e la donazione
Le autorità italiane consigliano di aspettare 48 ore tra la somministrazione del vaccino anti-Covid (o di una sua dose di richiamo) e la donazione. 

Ciò è dovuto al fatto che i vaccini oggi disponibili nel nostro Paese sono a base di virus inattivati o sono vaccini proteici ricombinanti (basati sulla proteina Spike) e si presuppone che nell’arco di due giorni possano manifestarsi i possibili effetti avversi da monitorare. L’intento è quello di preservare la salute del donatore, ancor prima di quella del ricevente. 

Nel caso in cui in seguito ad una dose del vaccino anti-Covid il paziente presenti sintomi come spossatezza o febbre, l’invito è di aspettare almeno sette giorni dalla risoluzione dei sintomi prima di procedere con una donazione. 

La situazione è diversa nel caso di un vaccino anti-Covid a base di virus vivi attenuati (prodotti generando una versione geneticamente indebolita del virus che si replica in modo limitato), che – al momento in cui scriviamo – non sono disponibili in Italia. In questi casi, il suggerimento è di aspettare almeno quattro settimane e, solo successivamente e in caso di una buona situazione di salute, procedere con la donazione.

Donare il sangue e il plasma è la stessa cosa?
No, sangue e plasma sono due cose diverse: nel secondo caso, infatti, si intende la componente liquida del sangue, normalmente composto anche da una parte solida (globuli rossi, bianchi e piastrine). Di conseguenza, anche le donazioni sono differenti. 

Come spiegato dall’Avis, esistono infatti diverse tipologie di donazioni: quella di sangue intero, quella di plasma (chiamata plasmaferesi), quella di piastrine (piastrinoaferesi) e la donazione multipla di emocomponenti. Per il prelievo di sangue intero il volume prelevato è stabilito per legge a 450 ml, per un massimo di quattro donazioni annue per l’uomo e per la donna in età non fertile, e di due donazioni all’anno per la donna in età fertile. Per la plasmaferesi, invece, il volume prelevato è compreso tra un minimo di 600 ml e un massimo di 700 ml, per complessivo di massimo 1,5 litri al mese e di 12 litri all’anno.

Come precisato dal ministero della Salute italiano, sia il sangue intero che il plasma sono essenziali per i pazienti che necessitano di trasfusioni e, nel caso di un donatore vaccinato contro la Covid-19, è possibile procedere con una e l’altra donazione.

In conclusione
Tra i filoni della disinformazione a tema vaccini anti-Covid diffusi in Italia c’è quello che considera insicuro o pericoloso il sangue dei pazienti vaccinati, tanto da sconsigliarne l’utilizzo per le trasfusioni.

In realtà, la letteratura scientifica internazionale e gli enti che, nei diversi Paesi, si occupano della raccolta delle donazioni sono concordi nel ritenere che il sangue di coloro che hanno effettuato una o più dosi del vaccino anti-Covid è sicuro.

In Italia, le donazioni si sono rivelate fondamentali per la salute dei pazienti che le necessitavano per tutto il corso della pandemia. Ma non è vero che la Covid-19 può essere trasmessa con una trasfusione. Nel nostro Paese le donazioni di sangue e di plasma (tra loro differenti) si sono svolte nel rispetto delle norme per limitare quanto più possibile il contagio tra i presenti. In caso di recente vaccinazione o richiamo, il consiglio degli esperti è quello di aspettare 48 ore prima di procedere con la donazione.

Print Friendly, PDF & Email

Ti è piaciuto l'articolo?

Lascia un commento

× WhatsApp