Ciclicamente tornano a circolare in Rete false notizie che, attraverso immagini di presunti ritrovamenti archeologici, dimostrerebbero varie teorie completamente infondate. Da anni, per esempio, esistono falsi miti sull’esistenza dei giganti sulla Terra o che proverebbero l’inferiorità delle donne dovuta alla conformazione delle loro ossa craniche.
Si tratta di una narrazione disinformativa che va contro alle spiegazioni scientifiche tradizionali e che affonda le sue radici in secoli di mitologia, leggende e credenze religiose. Nella Bibbia, ad esempio, il libro della Genesi racconta la storia delle origini del mondo secondo le religioni ebraica e cristiana e qui si afferma che, quando gli uomini cominciarono a moltiplicarsi, «c’erano sulla terra i giganti». Non solo: anche nella mitologia dell’antica Grecia erano diffuse storie sulla presenza di esseri giganti. Questo mito è poi stato portato avanti nei secoli attraverso la letteratura, che in diverse occasioni ha ritratto la figura dei giganti, come – solo per citarne alcune – Gargantua e Pantagruele, opera dello scrittore francese del Cinquecento François Rabelais o I viaggi di Gulliver di Jonathan Swift, che apparve nella prima metà del Settecento.
Le notizie legate al ritrovamento di resti giganti che circolano oggi, ma anche altre false informazioni in merito ai teschi umani – come quella secondo cui la misura dei teschi degli uomini determinerebbe la loro superiorità intellettiva sulle donne – non hanno però alcun fondamento. Spesso, invece, ingannano gli utenti attraverso immagini create con l’intelligenza artificiale, interpretazioni errate della storia e della scienza, o addirittura tramite notizie circolate inizialmente con intento satirico.
Ma andiamo con ordine e scopriamo quali sono alcuni dei filoni della disinformazione più popolari che orbitano attorno ai rinvenimenti di teschi o resti umani.
Foto generate con l’intelligenza artificiale
Gli utenti dei social media nelle ultime settimane hanno diffuso alcune fotografie apparentemente d’epoca in cui si vedono creature giganti (uomini, ma anche animali). Queste immagini rappresenterebbero la testimonianza storica del fatto che sulla terra sono esistiti i giganti. In realtà si tratta di foto generate con l’intelligenza artificiale.
Non solo. La presenza di queste creature mitologiche sarebbe dimostrata anche da altre immagini che mostrano il presunto ritrovamento di teschi giganti in Paesi del Sudamerica o in altre zone del mondo. Anche dietro a questi casi c’è lo zampino della tecnologia. Le immagini circolate sono state create utilizzando software che generano immagini a partire dai suggerimenti degli utenti o attraverso software di elaborazione grafica.
Nella maggior parte di questi casi le immagini sono state originariamente pubblicate su vari social network in canali o gruppi dedicati proprio a contenuti creati digitalmente, ma sono successivamente diventate strumento di disinformazione, alimentando falsi miti riguardo dei presunti giganti che avrebbero abitato il nostro Pianeta in epoche più o meno antiche.
Come avevamo già spiegato su Facta.news, prima di considerare autentiche immagini così bizzarre o inusuali è il caso di cercarne l’origine attraverso la ricerca inversa per immagini e analizzare i dettagli presenti nella foto per tentare di scoprire se si tratta di un falso o di una notizia vera.
Strani teschi che hanno dato vita a leggende metropolitane
Un’altra narrazione infondata che circola sui social riguarda il ritrovamento di alcuni teschi con una forma insolita, appiattita sull’estremità superiore o allungata. Secondo alcuni utenti si tratterebbe anche in questo caso di ritrovamenti che provano l’esistenza di uomini e donne giganti, in alcuni casi alti «circa tre metri», o addirittura di «alieni» vissuti sulla Terra.
In questo caso si tratta di ritrovamenti reali e non di foto alterate o generate artificialmente, ma nonostante questo non testimoniano l’esistenza di creature mitologiche. Le foto mostrano, infatti, teschi di persone che hanno subito una deformazione del cranio, cioè forme di alterazione del corpo in cui il cranio di un essere umano veniva deformato intenzionalmente per motivi culturali o sociali. Questa pratica è stata osservata dagli studiosi in diverse culture, ma era particolarmente diffusa in Mesoamerica, anche se, nel corso della storia, è stata conosciuta e utilizzata in molte zone del mondo. Per esempio, in uno dei musei di Mérida, in Messico, è possibile vedere un teschio umano Maya intenzionalmente deformato durante l’infanzia, che riporta la stessa forma di uno dei teschi apparsi nelle foto collegate in maniera del tutto infondata ad alieni o giganti.
Alla fine degli anni Venti, l’archeologo peruviano Julio César Tello trovò centinaia di teschi a forma di cono nella regione di Paracas, in Perù. Attorno a quel ritrovamento circolarono varie speculazioni, comprese su una presunta origine extraterrestre. In realtà si trattava di teschi umani che avevano subito questa tipologia di deformazione cranica. Melissa S. Murphy, professoressa di antropologia presso l’Università del Wyoming e specializzata nell’analisi dei resti umani ritrovati in Perù, ha dichiarato che le orbite dei teschi scoperte da Tello «sono normali, rientrano perfettamente all’interno della gamma della variazione umana e assomigliano alle orbite di altri teschi umani del Perù». Murphy ha inoltre precisato che in Perù «la modellazione deliberata della testa è una forma di modifica culturale del corpo che indicava cose diverse, come la propria identità, un rito di passaggio o un’occupazione».
Gruppi umani in varie parti del mondo hanno intenzionalmente modificato le forme del cranio avvolgendo le teste dei bambini con un panno o legando la testa tra pezzi di legno. I ricercatori generalmente presumono che questa pratica significasse appartenenza a gruppi etnici o di parentela, o forse a un rango sociale. Il bioarcheologo Matthew Velasco della Cornell University ha esaminato 211 crani di umani mummificati sepolti in uno dei due cimiteri di Collagua, in Perù, e ha scoperto che molti di questi teschi erano stati intenzionalmente modificati. Le forme della testa includevano forme nettamente e leggermente allungate, nonché teschi compressi in configurazioni larghe e tozze.
Non si tratta, quindi, di alcuna rivelazione extraterrestre o mitologica, ma di reperti storici che testimoniano tradizioni e culture di civiltà vissute molti secoli fa.
Convinzioni sessiste basate sulla forma del teschio
Infine, un altro dei falsi miti che circolano attorno ai ritrovamenti di teschi umani è quello secondo cui la dimensione del cranio, e quindi del cervello in esso contenuto, sarebbe dimostrazione del livello di intelligenza. Secondo questa narrazione – del tutto infondata – le donne, avendo il cranio più piccolo degli uomini, sarebbero naturalmente meno intelligenti. Nel corso della storia queste informazioni errate hanno contribuito a condizionare in maniera negativa la vita delle donne, rafforzando la loro esclusione da molti campi della società.
La psicologa dello sviluppo Uta Frith ha spiegato che «alla fine del XIX secolo, sembrava ovvio che crani più grandi contenessero cervelli più grandi, e più grande è il cervello, maggiore è la funzione intellettuale», aggiungendo che «il cervello degli uomini era in media più grande del cervello delle donne, il che sembrava confermare la convinzione che gli uomini fossero superiori alle donne perché avevano una maggiore capacità cognitiva».
Questa convinzione, in realtà, è completamente priva di basi scientifiche.
Una delle prime studiose a confutare questa tesi discriminatoria fu la matematica e statistica Alice Lee, che alla fine dell’Ottocento dimostrò, attraverso uno studio basato sulla misurazione del cranio di svariati intellettuali ed esperti inglesi, che «sarebbe impossibile affermare un grado marcato di correlazione tra le capacità craniche di questi individui e l’attuale apprezzamento delle loro capacità intellettuali».
Altri studi successivi hanno confermato quanto sostenuto da Lee, affermando che non è mai stato provato che la capacità cranica sia una misura affidabile dell’intelligenza di un individuo. Si tratta dunque di un mito.
Le diverse dimensioni del cervello tra soggetti appartenenti alla stessa specie hanno invece un’origine genetica. Ad esempio, alcuni studi condotti su gemelli identici, che condividono larga parte del Dna, hanno riportato forti analogie rispetto alla loro massa cerebrale. Altri studi sul Dna hanno dimostrato che alcuni geni condizionano in maniera significativa lo sviluppo cerebrale.
La misura del nostro cervello, quindi, non determina quanto siamo o non siamo intelligenti. Ciò è influenzato invece da una serie di fattori come l’ambiente in cui si cresce e soprattutto dall’attività neurale, come dimostrato nel tempo da diversi studi scientifici.
I ritrovamenti di teschi umani sono da anni eventi attorno ai quali orbita molta disinformazione, ma con uno sguardo più attento è possibile fare chiarezza e scoprire qual è la realtà.