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Corte penale internazionale, crimini di guerra e genocidio: di cosa parliamo?

Cos’è la Corte di cui tutti parlano, chi può fare ricorso e quali sono i criteri per definire questo tipo di crimini

30 novembre 2023
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A partire dal 7 ottobre, giorno in cui è iniziata l’escalation di violenza tra Israele e Hamas, la disinformazione sul tema ha raggiunto livelli che difficilmente possono essere comparati ad altri eventi. In quasi due mesi di violenze, sui social sono apparse notizie false di ogni tipo: si tratta di narrazioni differenti tra loro, che vanno da video che testimonierebbero la presenza di militari stranieri pronti a combattere con una o l’altra parte, a filmati fuori contesto scambiati per immagini girate in Palestina o in Israele, fino alla diffusione di vere e proprie teorie del complotto totalmente infondate secondo cui i palestinesi feriti sarebbero solo degli attori.

Nelle ultime settimane stanno circolando sui social, tra le altre, varie notizie che citano Israele, Biden, la Corte penale internazionale, «crimini di guerra», «crimini contro l’umanità» e «crimini di genocidio». Secondo alcuni utenti, infatti, il presidente della Turchia Recep Tayyip Erdoğan avrebbe denunciato il presidente israeliano Benjamin Netanyahu alla Corte penale internazionale (ICC) accusandolo, appunto, di «crimini di guerra, crimini contro l’umanità e crimini di genocidio». Secondo altri utenti, invece, ad essere denunciato all’ICC da «5 Nazioni» per crimini di guerra sarebbe stato Joe Biden, accusato di «complicità in genocidio a Gaza».

Ma cos’è successo davvero? E di cosa parliamo quando parliamo di questo tipo di crimini? Facciamo ordine su cos’è la Corte penale internazionale, chi può fare ricorso, quali sono i criteri per definire questo tipo di crimini e qual è il loro significato.

Netanyahu e Biden denunciati alla Corte penale internazionale?
All’inizio di novembre il presidente turco Erdoğan aveva affermato che Netanyahu «non è più qualcuno con cui possiamo parlare, lo abbiamo cancellato» evidenziando poi il sostegno della Turchia a «iniziative che avrebbero portato le violazioni dei diritti umani e i crimini di guerra di Israele davanti alla Corte penale internazionale». Lo stesso Erdoğan ha poi dichiarato che le autorità competenti turche, in particolare il ministero degli Esteri, «svolgeranno questo lavoro» poiché, secondo il presidente, Netanyahu è il principale responsabile delle violenze. Non è stata, quindi, avviata formalmente una procedura di denuncia del presidente israeliano di fronte alla Corte penale internazionale, ma si tratta di una istanza presentata da tre avvocati turchi che, per legge, deve essere ancora valutata dal ministero della Giustizia turco.

Non esiste, invece, alcuna notizia o fonte autorevole che confermi la denuncia da parte di cinque Stati nei confronti del presidente degli Stati Uniti d’America di fronte all’ICC. Tuttavia, il gruppo newyorkese per le libertà civili Center for Constitutional Rights (CCR) ha presentato una denuncia federale contro Joe Biden, il segretario di Stato Antony Blinken e il segretario alla Difesa Lloyd Austin, accusandoli di «mancata prevenzione e complicità nel genocidio in atto» da parte del governo israeliano. Il CCR ha presentato la causa per conto di organizzazioni palestinesi per i diritti umani, palestinesi a Gaza e cittadini statunitensi che hanno parenti che attualmente si trovano nell’enclave assediata. La denuncia è stata depositata presso il tribunale federale della California e non si tratta, quindi, di una denuncia alla Corte penale internazionale.

La Corte penale internazionale
La repressione dei crimini internazionali è stata per molto tempo affidata ai tribunali interni agli Stati. Ne sono un esempio i Tribunali di Norimberga e Tokyo, istituiti dopo la Seconda guerra mondiale per giudicare rispettivamente i crimini perpetrati dal regime nazista nei territori occupati e dal Giappone in Estremo Oriente. Solo nel 1998 la comunità internazionale ha deciso di dotarsi di una struttura universale, istituendo la Corte penale Internazionale attraverso lo Statuto di Roma, entrato in vigore solo nel 2002. Si tratta, quindi, di un tribunale per crimini internazionali che ha sede all’Aia, nei Paesi Bassi. Ad oggi gli Stati membri sono 123 e tra questi mancano tre delle più grandi potenze militari ed economiche del mondo – Stati Uniti, Russia e Cina – e nemmeno Israele ha deciso di aderire.

La Corte ha una competenza complementare a quella dei singoli Stati che riconoscono l’organo internazionale e questo significa che la Corte può intervenire solo se gli Stati non possono – o non vogliono – agire per punire i crimini internazionali. Questo meccanismo implica, quindi, che la Corte integri e non sostituisca i sistemi penali nazionali. Inoltre è importante evidenziare che l’ICC ha competenza limitata solo ai crimini più gravi e che riguardano la comunità internazionale nel suo insieme, cioè il genocidio, i crimini contro l’umanità, i crimini di guerra e il crimine di aggressione.

È importante evidenziare, inoltre, che la Corte penale internazionale non ha giurisdizione universale, ma può giudicare solo in alcune situazioni: quando il crimine è stato commesso da un cittadino di uno Stato membro, nel territorio di uno Stato parte, o in uno Stato che ha accettato la giurisdizione della Corte. Oppure, l’ICC può avviare le indagini iniziali ed eventualmente avviare un processo se i crimini sono denunciati dal Consiglio di sicurezza dell’ONU. Ecco perché sia Israele che gli Stati Uniti potrebbero essere giudicati dalla Corte penale internazionale solo in alcuni casi eccezionali, contrariamente a quanto affermato dalle notizie false che circolano sulle piattaforme social.

L’avvio del procedimento prevede, infine, una serie di passaggi che vanno dalle indagini preliminari e passano per diverse fasi, fino all’eventuale emissione della sentenza ed esecuzione della pena.

Chi può avviare un procedimento alla Corte penale internazionale
Ma quindi, chi può rivolgersi alla Corte per avviare un processo per crimini contro l’umanità, genocidio, crimini di guerra o aggressione? Un procedimento può essere messo in moto da uno Stato membro dello Statuto di Roma, dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, oppure dal Procuratore, che dal 2021 è il britannico Karim Asad Ahmad Khan.

La segnalazione da parte degli Stati che hanno aderito allo Statuto di Roma è la procedura che ha dato vita al maggior numero di indagini della Corte e tra queste c’è, ad esempio, la prima sentenza di condanna pronunciata dall’ICC. Si tratta di un verdetto nei confronti di Thomas Lubanga Dyilo, condannato per crimini di guerra commessi nella Repubblica Democratica del Congo nel corso del 2002 e del 2003. In particolare Lubanga è stato ritenuto colpevole del crimine di reclutamento forzato e arruolamento di bambini soldato nel gruppo armato che comandava durante il conflitto nella regione Ituri, nel nord-est del Paese.

Un altro esempio è la richiesta da parte di 43 Stati membri al Procuratore Karim Khan di procedere con l’avvio delle indagini per verificare la commissione di crimini di guerra e contro l’umanità in Ucraina da parte dell’esercito russo. L’Ucraina non è uno Stato parte dello Statuto di Roma, ma ha accettato la giurisdizione della Corte su presunti crimini avvenuti sul suo territorio.

La segnalazione da parte del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, invece, dovrebbe poter permettere di estendere la competenza della Corte anche a Stati che non ne fanno parte. Questo metodo, però, è limitato dal fatto che i cinque membri permanenti hanno diritto e potere di bloccare l’approvazione della segnalazione. Nel 2014, ad esempio, Russia e Cina hanno posto il veto alla risoluzione del Consiglio di Sicurezza che avrebbe sottoposto il conflitto in Siria alla Corte. Lo stesso procedimento, al contrario, ha però permesso alla Corte di esaminare i fatti avvenuti durante i conflitti in Sudan nel 2005 e in Libia nel 2011, entrambi Stati non membri dello Statuto di Roma.

I crimini di competenza della Corte penale internazionale
Come abbiamo già evidenziato, la Corte penale internazionale può pronunciarsi solamente su alcune tipologie molto specifiche di crimini che hanno caratteristiche e definizioni precise. La Corte è composta da 18 giudici, eletti dall’Assemblea degli Stati parte dello Statuto di Roma formata da un rappresentante per ogni Stato. I giudici sono scelti in base alle candidature presentate dagli Stati, in base alla valutazione delle loro qualità morali, di imparzialità ed integrità, rimangono in carica per nove anni e non sono rieleggibili.

In primo luogo, quando si parla di “crimini contro l’umanità” si intendono gravi violazioni commesse nell’ambito di un attacco su larga scala contro qualsiasi popolazione civile. Lo Statuto di Roma elenca 15 forme di crimini che comprendono reati come omicidio, sterminio, stupro e schiavitù sessuale, tortura e altre forme atroci di sofferenze.

I “crimini di guerra”, invece, costituiscono gravi violazioni delle Convenzioni di Ginevra del 1949 – ciò che nel complesso viene definito “diritto delle vittime di guerra” e “diritto internazionale umanitario” – o altre gravi violazioni delle leggi che si applicano nei conflitti armati internazionali, secondo quanto stabilito dal diritto internazionale. Alcuni esempi elencati dallo Statuto di Roma sono: l’impiego di bambini soldato, l’uccisione o la tortura di persone come civili o prigionieri di guerra, dirigere intenzionalmente attacchi contro ospedali, monumenti storici o edifici dedicati alla religione, all’istruzione, all’arte, alla scienza o a scopi di beneficenza.

Il terzo reato che rientra nella giurisdizione della Corte penale internazionale è il reato di “aggressione”. Si tratta dell’uso della forza armata da parte di uno Stato contro la sovranità, l’integrità o l’indipendenza di un altro Stato. Per essere tale questo crimine deve costituire una violazione della Carta delle Nazioni Unite e ciò implica che solo le forme più gravi di uso illegale della forza tra Stati possano essere soggette alla giurisdizione della Corte. Sono quindi chiaramente esclusi i casi di legittima difesa individuale o collettiva e gli interventi autorizzati dal Consiglio di Sicurezza.

Infine, il “genocidio” è caratterizzato dall’intento specifico di distruggere in tutto o in parte un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso uccidendone i membri o con altre modalità. Ne sono un esempio: l’imposizione di danni fisici o mentali, condizioni di vita intese a provocare la distruzione fisica totale o parziale di una popolazione, l’imposizione di misure volte a prevenire le nascite all’interno del gruppo o trasferire forzatamente i bambini del gruppo ad un altro gruppo.

Il sito web dell’ICC afferma che finora ci sono stati 31 casi davanti alla Corte, alcuni dei quali hanno visto più di un sospettato e i giudici della Corte penale internazionale hanno emesso 38 mandati di arresto. Il 17 marzo 2023, ad esempio, la Corte ha emesso un mandato d’arresto per il presidente russo Vladimir Putin accusandolo del crimine di guerra di aver deportato illegalmente centinaia di bambini dall’Ucraina. Questa decisione obbligherà i 123 Stati membri ad arrestare Putin e a trasferirlo all’Aia per il processo, se metterà piede nel loro territorio, visto che la Russia non riconosce la giurisdizione della Corte penale internazionale.

Fino ad oggi l’organo internazionale ha condannato cinque uomini per crimini di guerra e crimini contro l’umanità, tutti leader di milizie africane della Repubblica Democratica del Congo, del Mali e dell’Uganda le cui pene vanno dai nove ai 30 anni di reclusione. Uno dei principali fuggitivi, invece, è l’ex leader sudanese Omar al Bashir, ricercato per genocidio nel Darfur, in Sudan.

Una volta che la Corte ha raccolto le prove e identificato un sospetto, il Procuratore chiede ai giudici di emettere un mandato d’arresto, attraverso cui la Corte si affida ai Paesi per effettuare gli arresti e trasferire i sospettati di fronte alla Corte per essere sottoposti a processo, oppure chiede agli stessi sospettati di presentarsi volontariamente evitando il mandato d’arresto. Le condanne, invece, vengono scontate nei Paesi che hanno accettato di eseguire le sentenze dell’ICC attraverso un accordo formale.

I problemi della giustizia penale internazionale
Nonostante l’importante ruolo che esercita, la Corte penale internazionale sta affrontando una serie di sfide significative che possono mettere in discussione la sua legittimità. Tra queste sfide figurano per esempio la debolezza dei procedimenti giudiziari, il disaccordo tra i giudici della Corte e il difficile rapporto con le grandi potenze mondiali, come la Russia e gli Stati Uniti, che non ne riconoscono la giurisdizione.

Nel caso dell’indagine aperta sui reati della Russia in Ucraina, ad esempio, nonostante esistano varie accuse di deportazioni formulate da più indagini indipendenti, non sarà semplice per l’ICC processare i responsabili. Da un lato perché, come già evidenziato, la Russia, come anche l’Ucraina, non aderisce allo statuto di Roma, mentre dall’altro la Corte non esegue procedimenti in contumacia, cioè senza che la parte o le parti condannate siano presenti.

La Corte penale internazionale è, quindi, uno strumento valido, ma che presenta varie criticità e soprattutto difficoltà di intervento e non è così semplice dare vita a un procedimento di denuncia, indagine ed eventuale accusa per crimini efferati commessi da singoli o da Stati.

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