Il fact-checking è una parte importante delle nostre vite - Facta
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Il fact-checking è una parte importante delle nostre vite

di Camilla Vagnozzi

Il 2 aprile si celebra l’International Fact-Checking Day, la giornata globale dedicata alla verifica dei fatti: si tratta di un’iniziativa ideata dall’International Fact-Checking Network (Ifcn) nel 2016 e che, ogni anno, diventa un’occasione per promuovere l’importanza della verifica delle notizie e offrire ai lettori consigli pratici per contrastare la disinformazione. 

Ma non solo: sono diverse le iniziative aperte a coloro che desiderano vederci più chiaro sul mondo dei fact-checker. Quest’anno, ad esempio, è possibile partecipare ad un webinar gratuito che passa in rassegna lo stato del fact-checking globale e, dal 2 aprile 2024, saranno pubblicati sul sito dell’Ifcn una serie di approfondimenti redatti dai fact-checker di tutto il mondo sulle future sfide delle redazioni quotidianamente impegnate nella lotta alla disinformazione. 

L’International Fact-Checking Day è una ricorrenza doppiamente speciale per noi di Facta, che proprio oggi festeggiamo i nostri primi quattro anni di attività. Dal 2 aprile 2020 la redazione ha pubblicato oltre 2.100 antibufale, i nostri articoli di debunking, e più di 400 approfondimenti, oltre ad aver superato le 10mila richieste di verifica ricevute dai propri lettori. Chiunque può segnalarci una notizia sospetta, così da farla verificare alla redazione: per farlo, è sufficiente mandare un messaggio WhatsApp al numero 3421829843.

Facta è cresciuto in Italia come uno dei principali progetti di verifica delle notizie, accreditandosi nel panorama internazionale come membro firmatario del Codice dei principi dell’Ifcn. Diversi sono i progetti di collaborazione internazionale che ci vedono impegnati nella lotta alla disinformazione, come il network europeo Edmo e l’hub nazionale Idmo o l’European Fact-Checking Standards Network (Efcsn), nato con l’obiettivo di riunire le organizzazioni europee di fact-checking e open-source intelligence (osint) per creare un Codice di Integrità Professionale che guidi gli sforzi nel combattere la disinformazione. 

Noi di Facta ci sentiamo, anno dopo anno, sempre più inseriti nel panorama della lotta alla disinformazione, così come fact-checking e debunking sono sempre più “reali” e parte delle nostre vite. Vediamo, con alcuni esempi, di che cosa stiamo parlando.

L’impatto della disinformazione sulla vita di tutti i giorni

Oggi le conseguenze che la disinformazione online può avere nel mondo reale sono spesso sottovalutate: si potrebbe pensare che una notizia falsa che circola sui social sia un fenomeno che nasce e muore online, ma molto spesso non è così. Ciò che accade in Rete ha un impatto anche sulla vita quotidiana: le notizie che leggiamo influenzano le nostre opinioni, la percezione che abbiamo del mondo e, in alcuni casi, persino i nostri comportamenti. La distinzione tra “online” e “offline” tende a sottovalutare il fatto che ciò che accade online può avere conseguenze concrete nella realtà, anche quando si tratta di un’informazione falsa o manipolata.

Pensiamo, per esempio, a come la disinformazione di genere rappresenti una minaccia concreta ai diritti delle donne, a come le teorie transfobiche inquinino il dibattito pubblico, o a come la disinformazione sul cambiamento climatico venga spesso utilizzata per sminuire il problema e ostacolare le politiche ambientali. Quando parliamo di scienza non possiamo poi dimenticare la disinformazione sulla Covid-19 e sui vaccini, a cui Facta ha dedicato gran parte della sua attività di verifica. False notizie come l’utilizzo di aglio per debellare l’infezione da Sars-CoV-2 o informazioni errate sulle segnalazioni avverse alla vaccinazione anti-Covid sono due esempi di notizie che, se ritenute vere, possono avere un impatto negativo sulla vita quotidiana dei cittadini.

Infine, non possiamo tralasciare la disinformazione politica, i cui effetti sulla vita reale sono stati evidenti, ad esempio, il 6 gennaio 2021, quando seguaci della teoria della cospirazione di QAnon sono stati tra i protagonisti all’assalto al Campidoglio, sede del Congresso americano. Guardando all’Italia, sono diversi gli esempi che nel recente passato ci hanno dimostrato che le teorie complottiste sono in grado di arrivare anche in Parlamento, come è ad esempio successo con la teoria della sostituzione etnica, oltre che ad intrufolarsi ciclicamente nel discorso politico globale.

Il fact-checking scende in campo: il caso turco

Oggi nel mondo, secondo il Duke Reporters’ Lab, sono attivi oltre 430 progetti di fact-checking. Le diverse redazioni impegnate nel contrasto della disinformazione sono sempre più coinvolte in progetti che vogliono fare della verifica delle notizie una pratica quanto più possibile “reale” e presente nella vita dei cittadini. 

Un esempio, sotto questo punto di vista, è l’iniziativa “Mind the gap: All roads lead to truth” realizzata dai fact-checker di Teyit (redazione con sede in Turchia) nel 2020. In quell’occasione circa 4 milioni di pendolari delle principali città del Paese hanno trovato, sugli schermi dei propri mezzi di trasporto, contenuti di fact-checking o di alfabetizzazione mediatica. Abbiamo contattato Emre İlkan Saklıca, direttore di Teyit, che ci ha spiegato come si sia trattato di uno dei primi «passi importanti» nello spostare parte dell’attività della redazione «dall’online all’offline». 

Il progetto Mind the gap ha permesso ai colleghi fact-checker turchi di arrivare pronti ad una situazione di emergenza in cui la diffusione di informazioni corrette e precise avrebbe fatto la differenza: stiamo parlando dei violenti terremoti che si sono verificati in Turchia nel 2023. Emre İlkan Saklıca ci ha raccontato come, inizialmente, la redazione abbia cercato di affrontare l’emergenza con «metodi tradizionali» (come la pubblicazione di informazioni corrette sul sito e sui social media, o la risposta alle richieste di verifica degli utenti). «Tuttavia, come potete immaginare, questo da solo non è stato sufficiente», vista anche l’interruzione di Internet in alcune aree del Paese. Teyit ha quindi deciso di cercare di aiutare offline i cittadini turchi redigendo degli «opuscoli intitolati “Informazioni vitali necessarie nelle zone sismiche” per rendere la vita più facile alle persone nelle aree colpite dal terremoto. Questi opuscoli sono stati distribuiti a molti cittadini e hanno contribuito a diffondere informazioni accurate dopo il disastro», ci ha spiegato Saklıca. 

Ci è stato anche raccontato che nelle regioni colpite dai sismi «si è verificata una significativa disinformazione e diffusione di informazioni errate riguardanti la salute, l’alloggio e i generi di prima necessità. Gli opuscoli che abbiamo preparato in coordinamento con i team della regione hanno avuto un impatto significativo […] toccando la vita di molte persone. I problemi nella regione sono ancora in corso ed è stato molto prezioso poter almeno trasmettere informazioni precise in un momento in cui le necessità erano molteplici».

A scuola di fact-checking in Spagna e Norvegia

Continuiamo a parlare di fact-checking e vita quotidiana spostandoci in Spagna, dove fare della verifica delle notizie una pratica di tutti i giorni è uno degli obiettivi di Verificat, redazione catalana che da diversi anni investe nella media literacy, coinvolgendo direttamente giovani studenti. Sul sito del progetto di fact-checking un’intera sezione è dedicata alla formazione, suddivisa per tipo di pubblico: studenti della scuola secondaria, universitari, pubblica amministrazione e aziende, cittadini. Questo ci dà un’idea di quanto sia vasto il campo che fact-checking e debunking coprono e quanto coinvolga, di fatto, a 360° la vita quotidiana di tutti noi. 

Abbiamo parlato con Lorenzo Marini, uno dei fondatori di Verificat, che ci ha confermato come sin dall’inizio dell’attività della redazione fosse chiaro come ci si dovesse occupare anche della formazione dei propri utenti, almeno su due livelli. Da un lato era importante comunicare al proprio pubblico «quanto fosse facile imbattersi in dei contenuti intenzionalmente (o non) manipolati o ingannevoli» e, dall’altro, vi era la «necessità di lavorare sulla pedagogia della verifica di un’informazione e soprattutto capire come i cittadini stessi potevano creare fiducia verso l’informazione».

Nel 2020 Verificat ha ideato e organizzato il progetto Desfake, finanziato da un bando Ifcn/YouTube. Nella primissima fase è stata direttamente coinvolta una classe di studenti delle scuole superiori, responsabile – tra le altre cose – anche della scelta stessa del nome dell’iniziativa, a cui è stato insegnato passo dopo passo come verificare le notizie. Nella fase finale, gli studenti sono stati divisi in diversi gruppi a cui è stato chiesto di verificare una notizia, crearne un articolo e produrne un video da pubblicare su TikTok (qui alcuni esempi). Così facendo, gli studenti stessi sono diventati dei diffusori di informazioni corrette, con la speranza di coinvolgere così anche altri adolescenti e attirare il loro interesse. 

Oggi Desfake è una piattaforma ricca di lezioni e materiali consultabili online, utili sia a docenti che a studenti. Marini ci ha raccontato di come la formazione dei cittadini sia un «processo in costante divenire» in cui «saper trovare l’informazione “buona” e riconoscere quella “cattiva”» fa la differenza. «Bisogna fare uno sforzo affinché sia possibile che, generazione dopo generazione, vi sia come società una visione il più possibile legata alla realtà, all’informazione di qualità e ai dati» e l’educazione dei cittadini «dovrà adattarsi alle nuove sfide», ha concluso Marini. 

Anche per i colleghi fact-checker di Faktisk, in Norvegia, l’educazione dei giovanissimi alla verifica delle notizie è, da tempo, centrale. Il sito del progetto di fact-checking ha una sezione dedicata alla formazione, dove sia studenti che insegnanti possono accedere ai corsi che più li interessano. Il materiale didattico è in costante aggiornamento, con particolare attenzione agli eventi che interessano vita e cronaca quotidiana dei cittadini. 

Diversi sono gli eventi in presenza organizzati in passato dalla redazione, che si sposta in tutto il Paese coinvolgendo insegnanti e studenti. In passato, quando abbiamo incontrato la redazione di Faktisk, ci è stato raccontato che le scuole norvegesi sembrano tenere a fatica il passo con il rapido sviluppo della disinformazione e, proprio per questo, l’attività di formazione dei fact-checker viene apprezzata. Tra le tecniche di insegnamento più efficaci vi è il riferimento ad esempi reali, che possano dimostrare l’impatto che le notizie false possono avere nella vita di tutti i giorni.

Non sono mancati i progetti che guardano con un occhio attento l’interesse verso la politica dei cittadini più giovani. Un esempio è stato “Blæst”, un’isola immaginaria la cui comunità deve decidere se costruire o meno turbine eoliche. Per tre giorni gli studenti coinvolti nel progetto hanno affrontato dibattiti, si sono imbattuti in post sui social media, nella lettura di articoli e nella consultazione di esperti per poi dover decidere a chi dare fiducia e quale decisione prendere. Lo scopo, al termine della simulazione, è la speranza che i giovani imparino che non è solo il voto che conta in una democrazia, ma anche tutta la corretta informazione che lo accompagna.

Mondo reale, problemi reali

L’approdo del fact-checking nel mondo reale non porta però con sé solo buone notizie e lodevoli iniziative. Negli ultimi anni sono aumentati gli episodi di molestie e intimidazioni ai danni dei giornalisti impegnati nella verifica delle notizie e, in alcuni casi, si è trattato di veri e propri episodi di violenza. 

Abbiamo affrontato questo argomento con il fact-checker greco Stamos Archontis, impegnato, a livello europeo, nella tutela di giornalisti e fact-checker che subiscono molestie. Archontis ci ha raccontato che nel prossimo futuro potrebbe nascere un hub che faccia da punto di riferimento per i giornalisti vittime di simili situazioni. «Qualsiasi giornalista/verificatore dei fatti potrà presentare una richiesta in caso di molestie e/o procedimenti giudiziari, il nostro team valuterà la situazione e fornirà le risorse legali e/o psicologiche necessarie», ha spiegato Archontis. 

Il collega ha poi ricordato che, spesso, «l’aspetto psicologico del nostro lavoro è trascurato, ma è piuttosto importante poiché l’intenso stress che i verificatori di fatti e i giornalisti investigativi sperimentano può avere un grave impatto sia sulla loro salute che, ovviamente, sul loro lavoro. A questo proposito, la pressione di attori malintenzionati è stata spesso utilizzata per chiudere le indagini, sia attraverso varie forme di minacce o, più direttamente, attraverso azioni legali».

L’intento di Archontis e di altri fact-checker europei è quello di creare un ambiente che possa aiutare i fact-checker a sentirsi sicuri nel svolgere il proprio lavoro, senza timore di ritorsioni: anche «solo sapere di avere risorse a disposizione per queste situazioni può essere un’enorme fonte di conforto».

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