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AstraZeneca: come sono andate le cose tra scienza, comunicazione e politica

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19 marzo 2021
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Alle ore 17 del 18 marzo 2021 l’European Medicines Agency (Ema), l’agenzia incaricata nell’Unione europea di valutare sicurezza ed efficacia dei farmaci inclusi i vaccini, ha dichiarato in una conferenza stampa (accompagnata da un comunicato) che, dopo attenta analisi scientifica, il vaccino AstraZeneca è «sicuro ed efficace». Smentendo (quasi) del tutto la sospetta correlazione con i casi di trombosi che avevano portato nei giorni precedenti a sospendere il vaccino in quasi tutti i Paesi europei.

Rimane il dubbio su alcuni casi, molto rari e specifici, su cui si continuerà a investigare. In ogni caso è stato raccomandato di inserire, nel materiale informativo che accompagna il vaccino, un’avvertenza su possibili sintomi di trombosi ed embolie, e di informare medici e pazienti di questa potenziale rarissima eventualità. L’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) ha recepito il giudizio dell’Ema e, dopo una sospensione iniziata il 15 marzo 2021, ha riaperto le porte al vaccino a partire dal 19 marzo.

Il verdetto dell’Ema segna, se non la parola fine, una tappa importante nella caotica vicenda del vaccino AstraZeneca contro la Covid-19. Un vaccino che era già stato al centro di polemiche fin dagli studi clinici e bersaglio poi di informazione fuorviante sui media. Vediamo che cosa è successo.

Gli ultimi eventi in breve

A marzo 2021 i sospetti sul vaccino AstraZeneca hanno portato a una cascata di interruzioni della vaccinazione in diversi Paesi europei. Vediamo brevemente quali.

La prima sospensione precauzionale del vaccino AstraZeneca è stata quella di un lotto in Austria, il 7 marzo 2021, come avevamo raccontato qui, in seguito a due eventi avversi (di cui uno fatale) registrati tra le infermiere di una clinica austriaca. Il primo Paese a sospendere interamente la somministrazione del vaccino AstraZeneca su tutto il suo territorio è stata poi la Danimarca, l’11 marzo, in seguito alla segnalazione di una trombosi fatale dopo il vaccino. A seguire, lo stesso giorno, Norvegia e Islanda.

A questi si sono rapidamente aggiunti numerosi Paesi europei: il 16 marzo sospensioni totali o parziali erano in atto in Austria, Bulgaria, Cipro, Francia, Germania, Irlanda, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo, Romania, Slovenia, Spagna, Svezia. A questa lista, come sappiamo, si è aggiunta anche l’Italia. In tutto questo, l’Ema non ha mai avallato le decisioni nazionali, rimarcando ripetutamente che i vantaggi del proseguire la campagna vaccinale superavano i rischi di qualsiasi presunto effetto collaterale.

Ma come mai si è arrivati a questa situazione? La risposta arriva dalla Germania.

I dati della Germania

I dati ufficiali più completi sugli effetti avversi che hanno portato alla sospensione del vaccino vengono dal Paul Ehrlich Institut tedesco, l’ente federale responsabile per le vaccinazioni e la biomedicina in Germania. In un comunicato e in una serie di domande e risposte del 16 marzo 2021, il Paul Ehrlich Institut e il Ministero della Salute tedesco hanno spiegato in dettaglio quali sono gli effetti avversi che sono stati ritenuti allarmanti e il contesto dietro alla sospensione del vaccino.

Si tratta di sette casi (tre dei quali con esito fatale) di un tipo raro di trombosi molto specifica e piuttosto grave, la trombosi dei seni venosi cerebrali, a cui si aggiunge un difetto della coagulazione del sangue di cui avevamo discusso in relazione a un altro caso di presunto decesso correlato al vaccino. Dei casi riportati in Germania, sei erano donne e uno un uomo, tutti di età tra i 20 e i 50 anni.

La trombosi dei seni venosi cerebrali è più frequente nelle donne e nei bambini, e colpisce, secondo le statistiche più comuni, 3-4 persone per milione (7 su un milione tra i bambini), anche se esistono studi secondo cui l’incidenza reale della trombosi del seno cerebrale sarebbe in realtà più elevata, da 13 a 20 casi per milione l’anno.

Sette eventi di questo tipo su 1,6 milioni di persone nelle settimane tra il 29 gennaio (data della raccomandazione dell’Ema) e il 15 marzo rappresentano comunque, per l’agenzia tedesca, un’incidenza molto alta: secondo il Paul Ehrlich Institut, normalmente su quella popolazione e in quell’intervallo di tempo ci sarebbe stato in media non più di un caso. Secondo il Paul Ehrlich Institut infine tutti gli esperti di trombosi e malattie del sangue interpellati hanno concordato all’unanimità che «una connessione tra le malattie menzionate e il vaccino AstraZeneca contro la Covid-19 non è improbabile».

Alla conferenza stampa l’Ema ha dichiarato che in totale, su 20 milioni di dosi di vaccino somministrate finora in Europa, i casi di trombosi dei seni venosi cerebrale segnalati sono 13 (sette in Germania, tre in Italia, due in Norvegia e uno in Spagna). Normalmente i casi di questa trombosi su 20 milioni di persone nel periodo di tempo in esame sarebbero stati uno o due (1,35 in media). Oltre a questi, l’Ema ha investigato tre casi in Regno Unito e due in India, portando il totale a 18.

I casi di trombosi negli altri Paesi
Prima della conferenza stampa dell’Ema, la Germania era l’unico Paese dell’Unione che aveva rilasciato ufficialmente qualche dettaglio sugli gli eventi avversi osservati, circoscrivendoli a una sintomatologia ben precisa e altrimenti molto rara. Altri Paesi però hanno osservato sintomi anomali.

Come ha riportato il 17 marzo 2021 il giornalista scientifico Kai Kupferschmidt sulla rivista Science, in Norvegia è stata osservata una combinazione di sintomi particolare: numerosissimi coaguli diffusi in tutti i vasi del corpo, un bassissimo conteggio delle piastrine (la trombocitopenia, appunto) ed emorragie interne.

Secondo il direttore scientifico dell’agenzia del farmaco norvegese, Steinar Madsen, «è un quadro di sintomi molto speciale. Il nostro principale ematologo ha detto di non aver mai visto nulla di simile». Si tratta di quella che l’Ema ha definito nel suo comunicato come coagulazione intravascolare disseminata, una condizione normalmente associata a infezioni o traumi. Finora in totale sono stati riscontrati dall’Ema 7 casi su 20.000.000 di dosi di vaccino. I casi attesi su questa popolazione, secondo l’Ema, avrebbero dovuto essere meno di uno. Gli esperti norvegesi sono convinti che il vaccino abbia un qualche ruolo, e al momento l’istituto norvegese di salute pubblica ha deciso di aspettare prima di ricominciare la distribuzione del vaccino.

Tuttora non è chiaro però, viceversa, come mai non ci sia stato un eccesso significativo di trombosi dei seni venosi o di coagulazione intravascolare disseminata nel Regno Unito, che ha somministrato dieci volte più dosi della Germania. Non è una patologia che possa sfuggire facilmente: i sintomi sono gravi ed evidenti, ma – d’altra parte – l’ipotesi di un difetto in lotti specifici di vaccino è stata esclusa dall’Ema. Stephan Evans, professore di farmacoepidemiologia alla London School of Hygiene and Tropical Medicine, ha detto l’11 marzo 2021 a Science Media Centre che «problemi veri con un singolo lotto sono molto rari e si tratta quasi sempre di contaminazione con batteri o con particelle di vetro, che viene riscontrata dal produttore».

Secondo l’Ema, un possibile motivo di questa differenza potrebbe essere nel diverso tipo di popolazione che è stata vaccinata con AstraZeneca nel Regno Unito – dove sono stati vaccinati in maggioranza anziani – rispetto all’Ue, dove il vaccino è stato dato soprattutto a persone giovani (per esempio personale sanitario). Un altro possibile legame che l’Ema sta investigando, stando a quanto riportato in conferenza stampa, è quello con la pillola anticoncezionale, che notoriamente è associata a un aumento del rischio di trombosi. Infine, si indaga anche la possibilità che sia colpa della Covid-19 stessa: è possibile infatti che le pazienti fossero state infettate, in passato, con il virus Sars-CoV-2, condizione che secondo l’Ema può aumentare il rischio di trombosi anche tempo dopo l’infezione.

Se c’è una correlazione col vaccino, cosa ancora da dimostrare, è possibile che si tratti di un problema legato al funzionamento del vaccino in sé. Negli Stati Uniti erano stati riportati, come abbiano discusso in precedenza su Facta, 36 casi di trombocitopenia in seguito alla somministrazione dei vaccini Pfizer/BioNTech e Moderna. In questo caso i numeri non suggeriscono alcuna correlazione con il vaccino, ma almeno un ematologo interpellato dal New York Times non aveva escluso questa possibilità e si tratta di una condizione che è stata associata in precedenza ad altri vaccini. Trombocitopenia e trombosi sono sintomi rari che sono stati osservati anche nella Covid-19, e almeno uno studio suggerisce che la proteina Spike del coronavirus Sars-CoV-2, di cui i vaccini inducono la produzione nell’organismo umano per indurre l’immunità, possa contribuire a questi sintomi. Non ci sono dati pubblici che dicano se ci fossero, nelle persone colpite da trombosi rare in Europa, condizioni che li rendevano suscettibili a questi effetti: è un aspetto che l’Ema sta investigando. In caso la correlazione fosse confermata, è del tutto possibile che si possano comprendere dei fattori di rischio. Conoscendoli in anticipo, si potrebbe intervenire cambiando o evitando il vaccino in questi soggetti, o approntando misure di profilassi.

Per quanto riguarda il rischio generico di trombosi, l’Ema aveva già escluso la correlazione in un comunicato dell’11 marzo 2021 e in Europa il tasso generale di trombosi tra i vaccinati non è superiore a quello dei non vaccinati. La Medicines and Healthcare products Regulatory Agency del Regno Unito (Mhra) ha dichiarato l’11 marzo 2021 che, su 11 milioni di dosi di vaccino AstraZeneca somministrate nel Regno Unito, non è stato registrato un numero di trombosi superiore al normale, e anzi inferiore tra i vaccinati.

Paure, rischi e benefici

Dal punto di vista probabilistico, se anche la correlazione tra il vaccino e questi eventi rari fosse pienamente confermata, si tratterebbe di un rischio molto basso. Il totale dei casi sospetti riportati è 22 su 20 milioni di dosi, con 9 decessi: si tratta quindi di un caso ogni 900.000 dosi e di un decesso ogni 2.220.000. Non c’è motivo razionale quindi, per chi è stato vaccinato con AstraZeneca, di allarmarsi. Va detto però che snocciolare statistiche spesso non rassicura le persone: la percezione del rischio è assai complessa e guidata da fattori psicologici e culturali.

Il discorso cambia poco se guardiamo il quadro generale. Sull’intera popolazione dell’Unione europea, assumendo che fosse tutta vaccinata solo con AstraZeneca, questo rischio si tradurrebbe in circa 490 casi di complicazioni gravi, con 200 decessi circa.

In Italia, assumendo di nuovo di vaccinare tutta la popolazione con AstraZeneca, sarebbero circa 66 casi e 27 decessi. Un rischio neanche lontanamente confrontabile con quello dovuto alla pandemia che dal 1 al 17 marzo 2021 ha causato sistematicamente più di 200 decessi al giorno, un numero complessivo quindi enormemente superiore a quello che potrebbe causare il vaccino. Anche prendendo in esame la fascia di età sotto i 50 anni e ignorando gli effetti del vaccino nel ridurre la trasmissione del virus, i decessi totali di Covid-19 al 1 marzo 2021, dall’inizio della pandemia, sono stati 1.055: quasi quaranta volte di più rispetto a quelli che potrebbe causare il vaccino nella peggiore delle ipotesi.

Dal punto di vista bioetico, il bilancio sembra pendere quindi dalla parte del vaccino in ogni caso: come ha dichiarato il virologo Stephen Griffin, dell’Università di Leeds, al British Medical Journal il 16 marzo 2021 «il danno causato dal rimuovere l’accesso al vaccino supera ampiamente anche il peggiore degli scenari in cui fosse confermata la correlazione del vaccino alle trombosi».

Era necessaria la sospensione?

Si può pensare che, di fronte a evidenze incerte ma non trascurabili di possibili effetti collaterali gravi, la sospensione sia stata un atto dovuto, per principio di precauzione. Il Ministero della Salute tedesco ha affermato che, almeno in Germania, è così: un concreto sospetto di effetti collaterali ancora da chiarire avrebbe reso impossibile informare correttamente medici e pazienti, e «ci sarebbero state conseguenze legali» se lo Stato avesse continuato la campagna di vaccinazione durante l’indagine.

La decisione di sospendere è stata però in gran parte politica, a quanto sappiamo e a quanto ha ammesso anche il presidente dell’Aifa, Nicola Magrini, sorta in seguito a consultazioni tra i governi europei. Creando un attrito tra le agenzie del farmaco dei singoli Paesi e l’agenzia sovranazionale, l’Ema, che non ha mai chiesto di sospendere il vaccino. L’Ema ha dichiarato, in conferenza stampa, di non poter decidere per gli Stati membri, e che il suo lavoro è di fornire le informazioni corrette alle agenzie dei singoli Paesi, ma ha anche detto che continuare la campagna vaccinale è necessario per salvare vite.

Daniela Ovadia, giornalista scientifica e docente di etica della ricerca scientifica all’Università di Pavia, ha detto a Facta che «questa situazione non segue le vie normali della farmacovigilanza, non è stato applicato un protocollo. È una decisione che ha seguito le vie della politica. Normalmente un farmaco viene sospeso in seguito all’esito di una indagine delle agenzie regolatorie, non prima». È accaduto ad esempio per il Vioxx, antinfiammatorio ritirato nel 2004 dall’Ema dopo i dati di uno studio clinico che accertò un aumentato rischio di trombosi, o più di recente per il fenspiride, un farmaco contro la tosse, ritirato nel 2019 dopo valutazione dell’Ema e non prima. Secondo Ovadia, prima di agire si doveva tenere in conto non solo il danno diretto dovuto ai possibili effetti collaterali del vaccino, o viceversa al rallentamento delle vaccinazioni dovute ai pochi giorni di sospensione, ma soprattutto dell’impatto sociale e comunicativo a lungo termine.

Ci sono infatti forti sospetti che queste azioni possano minare la fiducia della popolazione non solo nel vaccino AstraZeneca ma anche nei vaccini in generale. Ovadia ci ha ricordato il caso analogo della sospensione precauzionale del vaccino antinfluenzale Fluad, da parte dell’Aifa, nel 2014, in seguito ad alcuni decessi successivi alla somministrazione del vaccino.

L’indagine successiva da parte dell’Ema concluse rapidamente che non c’era correlazione tra il Fluad e i decessi, ma ormai la campagna vaccinale contro l’influenza era compromessa. Il numero di vaccinati sopra i 65 anni diminuì del 7 per cento rispetto all’anno precedente e l’impatto sulla vaccinazione si avvertì anche l’anno seguente. Le regioni dove la diminuzione di vaccinati fu maggiore furono le stesse che cercavano più informazioni online sul vaccino, un indizio del ruolo concreto delle infodemie sulla salute pubblica.

In conclusione

Volendo essere generosi, il caso AstraZeneca potrebbe essere descritto come un successo della sorveglianza sui vaccini nel garantirne la sicurezza: un potenziale effetto collaterale molto raro (e che quindi non poteva comparire durante i test clinici) ma serio, è stato rapidamente identificato e sono state avviate subito indagini per capire di cosa si tratti. Che i vaccini possano avere dei rischi, sia pure quasi sempre molto piccoli, è cosa nota, come avevamo discusso su Facta, e non va nascosta: semmai tali rischi vanno identificati e valutati nel contesto dei benefici del vaccino e della situazione pandemica. È quanto ha fatto l’Ema.

Questo risultato, di per sé positivo, è stato completamente offuscato dalla caotica gestione della situazione, specialmente a livello comunicativo. Con la campagna martellante di informazione tendenziosa da parte dei media sui presunti decessi da vaccino, innanzitutto, creando un clima di sospetto e paura intorno ad AstraZeneca e non solo, culminato in titoli come quello di Repubblica del 12 marzo 2021: «AstraZeneca, paura in Europa».

La decisione politica di sospendere le vaccinazioni, già di per sé non priva di conseguenze, è avvenuta all’interno di questo contesto di ansia gonfiata mediaticamente, e non è stata correttamente circostanziata e spiegata, almeno in Italia. Arrivando quindi al paradosso dell’Aifa, che il 14 marzo ha dichiarato «ingiustificato allarme sulla sicurezza del vaccino AstraZeneca» e il giorno dopo ha dovuto annunciare la sospensione, piombando i cittadini nella confusione.

La questione non è ancora conclusa: se l’Aifa ha stabilito che dal 19 marzo 2021 si ricomincia a vaccinare, resta da vedere quale sarà l’impatto futuro di questo episodio sulla campagna vaccinale e sulla fiducia nelle istituzioni politiche e scientifiche che si occupano della sicurezza di vaccini e altri farmaci. Altri Paesi, come Svezia, Danimarca e Norvegia, non hanno ancora ripristinato le vaccinazioni con AstraZeneca. Con ogni probabilità questo non sarà l’ultimo caso in cui sorgeranno sospetti di effetti collaterali o altri problemi dei vaccini contro la Covid-19: un cambio di passo nell’informazione e nella gestione di una situazione così delicata è necessario.

Photo credits: Jernei Furman, licenza CC-BY 2.0

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