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Che cosa rivelano i documenti riservati sull’approvazione del vaccino: tanto rumore per nulla?

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22 gennaio 2021
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Il 9 dicembre 2020 l’European medicines agency (Ema), l’agenzia dell’Unione europea che si occupa dell’approvazione dei farmaci, ha dichiarato di aver subito un attacco hacker. In seguito a questo attacco sono stati resi pubblici, principalmente su forum del cosiddetto “dark web” ma non solo, circa 50 file tra screenshot di email e documenti riservati dell’Ema e di Pfizer/BioNTech, risalenti apparentemente a novembre 2020, in cui funzionari dell’Ema discutevano tra loro e con Pfizer/BioNTech della produzione e dell’approvazione del vaccino contro la Covid-19.

In Italia si è parlato di questi documenti, noti come «Emaleaks», soprattutto a partire dall’8 gennaio 2021. Secondo l’agenzia stampa Agi sarebbero stati recuperati il 5 gennaio 2021 da «alcuni esperti di cyber intelligence italiani» della società di sicurezza informatica Yarix. Sono però saliti alla ribalta dei social network grazie ad un breve articolo del 16 gennaio 2021 pubblicato sul sito del programma televisivo di Rai3 Report, intitolato “Dalle mail dell’Ema ritrovate sul dark web si scopre che a novembre erano emersi problemi nella qualità del vaccino Pfizer: integrità dell’mRna inferiore rispetto alle dosi usate nei trials”.

In alcuni lanci social il programma di Rai3 parlava del materiale come “esclusivo”, anche se, come abbiamo visto, se ne erano occupati alcuni giorni prima altri media nazionali (e fuori dall’Italia la storia era altrettanto nota). Inoltre, Report ha citato esplicitamente il lavoro di un consorzio internazionale di giornalisti riunito sotto la sigla Behind the Pledge come fonte: i risultati delle ricerche del consorzio sono state pubblicate ad esempio da Le Monde lo stesso 16 gennaio.

Bisogna precisare che l’Ema ha avanzato dubbi sull’autenticità di parte del materiale. Il giorno precedente alla pubblicazione sul sito di Report e di Le Monde, il 15 gennaio 2021, l’Ema ha comunicato infatti – nel corso di un aggiornamento sugli sviluppi successivi all’attacco informatico – che «alcune parti della corrispondenza sono state manipolate dai responsabili dell’attacco in un modo che potrebbe minare la fiducia nei vaccini», anche se a Report l’Ema avrebbe confermato «ł’esistenza delle questioni che emergono dai documenti pubblicati».

Ci sono insomma alcuni dubbi sull’autenticità. Ma al di là di questo, i documenti e le email ottenute dagli hacker mostrano in realtà una storia tutto sommato normale, per chi abbia un minimo di confidenza con l’industria farmaceutica. La vicenda inoltre si conclude positivamente. Soprattutto emerge che l’atteggiamento dell’Ema è stato molto corretto e rigoroso anche di fronte a forti pressioni esterne.

La redazione di Facta ha avuto accesso ai documenti e può riportarne le parti necessarie a capire di cosa si tratta. Cominciamo, procedendo con ordine.

Le questioni sulla qualità del vaccino

Come titola Report, dagli Emaleaks si evince effettivamente che «erano emersi problemi nella qualità del vaccino Pfizer». Si è trattato di un problema durante il cosiddetto scale up nella produzione del vaccino Pfizer/BioNTech, ovvero il passaggio dalla produzione di poche migliaia di dosi di vaccino necessarie per gli studi clinici alle centinaia di milioni di dosi da distribuire in tutto il mondo.

Ricordiamo che, prima della Covid-19, i vaccini a mRna non erano mai stati approvati per l’uso al di fuori delle sperimentazioni cliniche, quindi la loro produzione industriale su larga scala seguendo le rigorose norme di qualità necessarie per i farmaci è una sfida tecnologica inedita. Dobbiamo preoccuparci? Vediamo di che si tratta e come si è risolta.

Il grosso della questione riportata negli Emaleaks si dipana nell’arco di una settimana. A quanto risulta dalle email, il 23 novembre 2020 l’Ema viene allertata (non è chiaro se in base a controlli dell’Ema o di altri) del fatto che i primi lotti di vaccino prodotto industrialmente sembrano essere di qualità inferiore a quelli prodotti per i test clinici.

Per la precisione, la percentuale di molecole integre di mRna era passata dal 78 per cento al 55 per cento circa: in parole povere, nel lotto di produzione industriale quasi la metà dell’mRna era ridotta in frammenti. Dal momento che l’efficacia del vaccino dipende dalla presenza di molecole di mRna intere (una molecola di mRna troncata non viene tradotta nella proteina spike intera, e quindi non fornisce protezione). Visto che non era chiaro all’Ema quale potesse essere l’impatto sulla sicurezza della presenza di frammenti di mRna nel vaccino, la qualità dell’mRna era presto diventata per l’Ema, come dice la stessa email, una «questione che deve essere affrontata prima dell’approvazione».

In un’altra email datata 24 novembre viene riassunto il contenuto di una riunione del Biologicals working party (Bwp) – la sezione dell’Ema che si occupa dei cosiddetti farmaci biologici, ovvero quelli prodotti tramite tecnologie biotecnologiche come appunto i vaccini – con i rappresentanti di BioNTech, ed elenca tre criticità da risolvere prima dell’approvazione.

La prima è la mancanza di valutazioni per due siti di produzione del vaccino in base alle cosiddette good manufacturing practices (Gmp), ovvero norme di buona fabbricazione dei farmaci: una serie di protocolli molto stringenti necessari per garantire la qualità di un prodotto farmaceutico. Mancavano inoltre lotti di vaccino da analizzare per la cosiddetta process performance qualification (Ppq), cioè la valutazione complessiva del processo di fabbricazione. La criticità più importante però restava quella della qualità del mRna. Nella corrispondenza via email si parlava di un’analisi in corso sulle cause e della produzione di nuovi lotti di vaccino con una procedura leggermente modificata.

Il giorno dopo, il 25 novembre 2020, durante una teleconferenza la Food and Drug Administration (Fda), ente statunitense equivalente all’Ema (con cui, risulta dalle email, l’Ema era in costante contatto) aveva condiviso notizie rassicuranti: «Fda ha ricevuto […] due lotti di vaccino che l’Europa non ha ancora ricevuto. Gli ultimi lotti indicano che la percentuale di Rna intatto è di nuovo intorno a 70-75 per cento, il che ci rende cautamente ottimisti» e «Fda e Health Canada [l’agenzia canadese equivalente all’Ema e Fda, ndr] hanno indicato che le preoccupazioni di sicurezza sono più che altro teoriche».

Nella stessa email si fa anche notare che alcuni pazienti degli studi clinici potrebbero aver ricevuto questi lotti con minore integrità dell’mRna, e che sarebbe interessante confrontare l’esito degli studi clinici in questi pazienti con gli altri, ma non era chiaro – almeno all’epoca – quali pazienti fossero e prevedevano che i dati sarebbero arrivati non prima di fine anno.

Il 26 novembre si è poi tenuto un incontro tra l’Ema e Pfizer/BioNTech, documentato da una presentazione Powerpoint di Pfizer/BioNTech sulle obiezioni sollevate il 24 novembre. Nella presentazione, i rappresentanti di Pfizer/BioNTech rispondevano alle questioni sulla qualità del vaccino e sulla certificazione dei siti di produzione mosse fino a quel momento, dichiaravano di aver alzato gli standard di qualità interni e mostravano dati ulteriori sulla qualità del vaccino e sui frammenti. In particolare è stata affrontata la questione di sicurezza: «Non è previsto che i trascritti troncati [i frammenti di mRna, ndr] siano un problema di sicurezza o di efficacia». I frammenti infatti mancano di segmenti all’inizio e alla fine che sono essenziali perché la cellula riconosca i mRna come tali e possa tradurli in proteine. Senza questi segmenti specifici i mRna sono considerati estranei dalla cellula e vengono immediatamente degradati.

Infine, il 30 novembre, la questione sulla qualità del vaccino si avvia alla sua conclusione. Una email inviata ai consulenti di Pfizer/BioNTech lamenta ancora che «questi problemi sono considerati critici […] ci aspettiamo una strategia di controllo più stringente». Ma un documento dello stesso giorno, redatto dal Comitato per i prodotti medicinali di uso umano (Chmp) dell’Ema, che analizzava in dettaglio la situazione della procedura di fabbricazione dei vaccini Pfizer/BioNTech e la loro qualità, parlava di una questione almeno in parte risolta. Si leggeva che «dopo la correzione dei parametri del processo […] un nuovo lotto è stato prodotto con un livello di integrità del 75 per cento» e si ammetteva che in quella data mancavano ancora alcuni dati e lotti di vaccino aggiuntivi, prima di poter dare il via libera all’autorizzazione.

Non ci sono email o documenti negli Emaleaks attribuiti a date successive, ma abbiamo il documento pubblico e liberamente disponibile dell’Ema del 21 dicembre che riassume apertamente l’esistenza di questa problematica e indica che è stata risolta.

Al quotidiano francese Le Monde, che ha analizzato gli Emaleaks arrivando alle stesse nostre conclusioni, l’Ema ha confermato che «l’azienda è stata in grado di risolvere le problematiche e di condividere i dati necessari per portare l’Ema a raccomandare il vaccino» e che le specifiche attuali sulla qualità del mRna sono «scientificamente giustificate e accettabili».

Riassumendo, in quella settimana l’Ema è venuta a conoscenza di un problema nella qualità di alcuni lotti del vaccino prodotti a livello industriale; ha immediatamente chiesto informazioni a Pfizer/BioNTech e insieme hanno risolto il problema, riportando la qualità ai livelli previsti.

 

Le pressioni sull’Ema

C’è poi la questione delle pressioni esterne all’ente regolatore. Secondo le email, a novembre 2020 l’Ema si è trovata in una situazione di pressioni politiche crescenti, da parte apparentemente della Commissione europea, per approvare il vaccino Pfizer/BioNTech al più presto, senza tardare troppo rispetto ad altre grandi agenzie equivalenti a Ema, come la Fda statunitense, la canadese Health Canada e l’inglese Medicines and Healthcare products Regulatory Agency (Mhra). Un possibile ritardo dovuto anche alle differenze tra i requisiti richiesti dalle diverse agenzie, come era stato discusso anche dalla stampa a dicembre 2020 (per esempio qui).

Dalle email risulta però che i componenti dell’Ema, preoccupati, tra le altre cose, anche per le questioni di qualità del vaccino che all’epoca erano ancora da risolvere, si sono sempre comportati in modo professionale. La sicurezza e la qualità dei vaccini è sempre stata messa davanti a tutte le altre considerazioni, anche a rischio di finire al centro di grossi problemi con il pubblico e la politica.

In una email datata al 19 novembre 2020 si legge che una teleconferenza con la Commissione europea, che deve autorizzare i vaccini in seguito alla raccomandazione dell’Ema, è stata «tesa» e a volte «spiacevole», in quanto la Commissione non avrebbe accettato facilmente un ritardo di troppe settimane tra un’autorizzazione della Fda e Mhra e quella dell’Ema. Nell’email si legge: «Le ricadute politiche sembrano troppo elevate […] anche se non si può escludere che saremo in linea con Fda/Mhra […] il contrario di certo non si può escludere in questo momento, quindi dobbiamo prepararci per il caso peggiore […] Saremo sopraffatti su tutti i fronti e al centro della tempesta», e vengono poi discusse varie possibili opzioni per spiegare al pubblico i motivi di un eventuale ritardo. In altre parole, all’Ema sapevano che le loro decisioni tecniche avrebbero potuto portare dei problemi, ma non avevano intenzione di tagliare corto per evitarli. Semmai si preoccupavano di come comunicare con il pubblico e la politica per giustificare il loro rigore.

In una email del 22 novembre è scritto esplicitamente: «Stiamo facendo il più veloce possibile, ma dobbiamo anche essere sicuri che il nostro giudizio scientifico sia il più robusto possibile. Non dimentichiamo la responsabilità che si accompagna alla raccomandazione di una Cma», ovvero la conditional marketing authorisation, l’autorizzazione temporanea in casi di emergenza (che viene fornita sulla promessa che i dati definitivi per l’autorizzazione verranno presentati entro un lasso di tempo prestabilito).

A giudicare dai contenuti delle email, non era un problema solo europeo. In uno scambio di email del 16 novembre 2020 tra dipendenti dell’Ema è scritto che l’Fda sta per «correre verso un’autorizzazione di uso d’emergenza. All’Fda non sono sicuri e non è facile per loro arrivare più veloci di Natale, ma subiscono forti pressioni da Azar [Alex Azar, segretario per la salute dell’amministrazione Trump, ndr] e dal governo americano».

Alla fine la raccomandazione dell’Ema per l’autorizzazione condizionale arriverà effettivamente il 21 dicembre 2020, 19 giorni dopo l’Mhra (il 2 dicembre 2020) e 10 giorni dopo l’Fda (l’11 dicembre 2020).

In conclusione

Non possiamo garantire l’autenticità dei documenti di Emaleaks, né di avere avuto accesso a tutti i documenti ottenuti dagli hacker. Quello che possiamo dire però è che i documenti che abbiamo visionato suggeriscono che il processo di vaglio dei vaccini da parte dell’European medicines agency (Ema) è stato meticoloso.

In particolare, in base ai documenti al centro del cosiddetto Emaleaks, l’Ema ha reagito con molta prontezza e rigore di fronte alle problematiche di qualità emerse nella messa a punto della produzione industriale del vaccino Pfizer/BioNTech, chiedendo regolarmente nuovi dati e non allentando la presa alle prime rassicurazioni fornite dall’azienda.

Le email rivelano che il personale dell’Ema era pronto a tenere il punto sulla sicurezza anche di fronte alle pressioni politiche e mediatiche che potevano condizionarne il lavoro. Non sappiamo se l’idea degli hacker era quella di minare la fiducia nel vaccino ma, al momento, gli Emaleaks dipingono invece un quadro assai positivo del sistema che si occupa del controllo di qualità di vaccini e farmaci.
Può al limite sorprendere che tali questioni non siano state discusse fin da subito in modo trasparente, invece di dover essere trafugate da hacker con dubbie motivazioni. Si può argomentare che ci possa essere riservatezza in circostanze normali, per proteggere la proprietà intellettuale delle società farmaceutiche, ma forse in un caso come i vaccini per la Covid-19 sarebbe stata opportuna una maggiore trasparenza (come anche durante i test clinici) proprio per evitare che informazioni distorte o parziali possano arrivare per vie traverse e generare dubbi nel pubblico.

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