Le nostre società sono figlie di bugie leggendarie, in un certo senso. Molte delle più grandi civiltà della storia sono state fondate su storie inventate, parecchio romanzate o almeno distorte. La leggenda della lupa che allevò i figli del dio Marte, Romolo e Remo, che poi fondarono Roma, per esempio, con l’animale e i due gemelli che sono ancora oggi uno dei simboli della città. Oppure Huangdi, l’imperatore Giallo o dio Giallo nella cultura e religione cinesi, leader saggio e innovatore che avrebbe regnato per 5.000 anni, incarnando le virtù confuciane e il modello ideale di governo. La sua figura è stata utilizzata nei secoli per rafforzare la continuità storica e culturale della Cina, come avviene per altri Stati e i popoli che fondano la loro identità su testi sacri. A partire dalla Bibbia, con la liberazione degli ebrei guidati da Mosé dalla schiavitù d’Egitto che ancora oggi è un racconto fondamentale per l’identità e religiosa e nazionale del popolo d’Israele, oltre che per la sua presenza nella “Terra promessa”, ovvero l’attuale Palestina.
Gli albori delle civiltà, spesso, affondano le proprie radici in racconti di fantasia, dichiaratamente falsi o privi di solide basi storiche. E se consideriamo che le società attuali conservano caratteristiche di quelle civiltà che sono sopravvissute ai millenni (si pensi a cosa rappresenta il diritto romano per il diritto moderno, ad esempio) si può dire che a livello culturale la narrazione sull’origine delle nostre stesse società e di molti loro tratti essenziali potrebbe derivare da millenarie e mirabili menzogne.
Oltre al volo pindarico, c’è il fatto che la disinformazione non è un’invenzione dell’era digitale, tantomeno una prerogativa dei social media. Da quando l’essere umano ha iniziato a raccontare storie, la manipolazione della verità è stata uno degli strumenti più potenti per modellare la realtà agli occhi di interi popoli. La storia dell’umanità è ricca di miti e leggende che, lungi dall’essere semplici racconti fantastici, sono serviti a costruire e giustificare intere civiltà. Questi miti fondativi hanno plasmato identità nazionali, religiose e culturali, spesso attraverso narrazioni che distorcono, omettono o inventano proprie verità. In altre parole, quella che oggi definiamo disinformazione è stata presente fin dai tempi antichi, talvolta celata dietro il velo della mitologia e della leggenda.
Leggende, letteratura, religioni
Per non parlare delle religioni. Se guardate senza la lente della fede, molte dottrine sono state utilizzate per secoli come strumenti per giustificare il potere temporale. Sono innumerevoli i casi delle monarchie che hanno basato la propria autorità su presunte discendenze divine. I faraoni erano considerati divinità, Alessandro Magno diceva di essere figlio di Zeus per cementare il proprio potere e – per portare esempi più attuali – gli imperatori del Giappone fino al 1946 si professavano eredi di un’antica dinastia con origini divine, mentre il Vaticano altro non è che una monarchia assoluta il cui sovrano, il Papa, ha tra i propri titoli quello di Vicario di Cristo, cioè rappresentante di dio in terra.
Non solo, la menzogna ha il suo posto in vari pantheon di religioni politeiste, tramite dèi truffaldini che oggi ritroviamo anche nelle sale cinematografiche. Loki, per esempio, dio norreno dell’astuzia e degli inganni, capace di mentire, mutare forma e truffare dèi e uomini. È la figura del trickster (imbroglione, in italiano), che nella mitologia greca è ricoperta da Ermes, messaggero degli dèi ma anche dio dei ladri e dei truffatori. Di fatto, queste divinità erano “disinformatori seriali”. Mentivano, cioè, per raggiungere i propri scopi con l’inganno.
Fake news ante litteram
Miti, rappresentazioni non veritiere o distorte della realtà per influenzare masse di persone, menzogne consapevoli. Se, in senso lato, i concetti propri della disinformazione hanno origine già nelle leggende, ci sono esempi antichi anche di notizie false per come le intendiamo oggi.
Nel V secolo a.C., il generale spartano Pausania venne ucciso con l’accusa di tradimento per via di una lettera che oggi gli storici ritengono falsa, usata dai suoi avversari per screditarlo e giustificare la sua condanna a morte. In sostanza, la prova principale di questo tradimento fu una lettera intercettata, presumibilmente inviata da Pausania al re persiano Serse, nella quale si offriva collaborazione in cambio di supporto politico e militare. Pausania fu accusato di complottare con il nemico persiano per usurpare il potere a Sparta e governare come tiranno. Le prove del processo furono poi riportate da Tucidide, storico greco, nel libro La guerra del Peloponneso ma diversi studi a partire dal 1902 ritengono non autentica la missiva.
Per consolidare e legittimare il proprio potere politico e temporale, invece, nel 1053 Papa Leone IX riesumò un documento apparentemente risalente al 314 d.C., noto come la Donazione di Costantino. Questo editto, attribuito all’imperatore romano, avrebbe concesso alla Chiesa Cattolica Romana il primato su tutte le altre Chiese cristiane e il dominio giuridico sul territorio di Roma e dell’Italia centro-meridionale. Il documento però era un falso, una creazione ad arte di qualche secolo prima, usata per giustificare l’espansione del potere temporale della Chiesa. Fu solo nel XV secolo che il filologo Lorenzo Valla dimostrò, attraverso un’analisi linguistica e storica, l’intento fraudolento di questa presunta donazione. Una delle bugie più influenti della storia, costruita per dare alla Chiesa il controllo non solo delle anime, ma anche delle terre e dei troni.
Un caso ancora peggiore della sorte toccata a Pausania avvenne poi a Trento nel 1475. La notte del Giovedì Santo, un bambino di nome Simonino fu trovato morto. Senza prove, il francescano Bernardino da Feltre accusò la comunità ebraica locale di un omicidio rituale. Tutti i 15 membri della comunità furono torturati e condannati a morte, e la notizia scatenò quelli che oggi definiremmo pogrom, violenze contro gli ebrei nelle città vicine. Solo successivamente, gli inviati papali smentirono le accuse, scagionando la comunità ebraica. Ma il danno ormai era fatto: come spesso fa, la disinformazione aveva già mietuto delle vittime.
Disinformazione e propaganda
Questi casi stupiscono per la loro somiglianza alle storie false che affollano i social oggi ma la storia è piena di casi e tentativi di manipolazione della realtà, a volte anche con conseguenze enormi.
La disinformazione – intesa come la diffusione intenzionale di informazioni false o fuorvianti con l’intento di ingannare – è infatti spesso uno strumento utilizzato nel più ampio contesto di operazioni di propaganda. E la propaganda invece si può definire come un insieme di strategie di comunicazione intenzionalmente progettata per influenzare un pubblico, promuovendo un’idea, un’agenda politica, religiosa o ideologica oppure screditare, diffamare gruppi, partiti o singole persone. A differenza delle storie false, la propaganda può contenere informazioni veritiere, ma è spesso selettiva, esagerata o distorta per servire uno scopo specifico. Più o meno ogni forma di potere che l’umanità ha conosciuto si è avvalsa di strategie di propaganda per conquistare o conservare potere o denaro, anche se l’accezione moderna del termine implica l’utilizzo da parte del potere politico di mezzi di comunicazione di massa per sviare l’opinione pubblica. Non è mai esistita “un’età della trasparenza” e tutta la storia umana, in fondo, è stata caratterizzata dalla manipolazione delle informazioni. L’era della disinformazione si estende fin dove ci si prende la briga di esplorare.
Allargando un po’ la visuale, quindi, si possono rintracciare parecchie operazioni di comunicazione che hanno distorto la percezione della realtà di grandi masse di persone, avvalendosi di campagne di disinformazione per raggiungere diversi obiettivi. Per attaccare avversari politici, certo, ma anche per ottenere profitti e soprattutto come tattica di guerra. Proprio a quest’ultima categoria sarà dedicato il prossimo episodio: la disinformazione come strumento nei conflitti. Avete presente il cavallo di Troia?