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Come districarsi tra le teorie sull’origine della Covid-19 – Parte II

La seconda parte del nostro viaggio nella disinformazione sulla Covid-19: cos’ha originato il virus?

15 giugno 2023
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Come abbiamo raccontato nella prima parte di questa storia in due puntate sull’origine della Covid-19, le indagini sulla genesi della pandemia che ha cambiato il mondo è stata costellata da tentativi di disinformazione e da vere e proprie teorie del complotto prive di alcun fondamento.

Grazie a un attento lavoro giornalistico e all’instancabile opera divulgativa di medici ed esperti, oggi possiamo stabilire con assoluta certezza che il virus Sars-CoV-2 non è stato creato in una base militare americana, non è il risultato di un complotto ordito da Bill Gates in combutta con i repubblicani e che non ha nulla a che fare con travel blogger cinesi o spie canadesi.

A questo punto è dunque giunto il momento di porsi la domanda chiave in questa storia: cosa ha originato la Covid-19?

A che punto siamo con la verità?
Il 14 gennaio 2021 è atterrata la prima spedizione ufficiale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) in Cina, a Wuhan, per investigare le cause che hanno dato origine alla pandemia mondiale da coronavirus. Benché le indagini ufficiali dell’OMS abbiano preso il via a distanza di un anno dallo scoppio dell’emergenza sanitaria, di questa spedizione si parlava da tempo.

Già a luglio del 2020, in un articolo pubblicato su Science dal titolo “Una missione guidata dall’OMS potrebbe indagare sull’origine della pandemia. Ecco le domande chiave da porre” venivano esplorati i quesiti a cui  la futura investigazione dell’OMS avrebbe dovuto rispondere. Tra questi si legge: «Le domande vanno dalla caccia agli animali che potrebbero ospitare il virus, all’esame della possibilità che provenga da un laboratorio. Ci sono molti dettagli da indagare, e potrebbe essere una lunga strada».

La squadra, composta da virologi, epidemiologi e biologi ha quindi dovuto affrontare le due domande principali che hanno diviso l’opinione pubblica negli ultimi tre anni: il virus è stato frutto di uno spillover, quindi di un passaggio naturale tra animale e uomo, oppure la comparsa del Sars-CoV-2 a Wuhan è stata frutto di un incidente di laboratorio?

Un possibile incidente di laboratorio
In un’intervista pubblicata il 27 gennaio 2021 su Bloomberg, Danielle Anderson, virologa del Wuhan Institute of Virology, biolaboratorio indicato dagli Stati Uniti come ipotetico luogo di fuoriuscita del virus, ha esposto la sua posizione sull’origine del Covid-19. Secondo Anderson è errato escludere a priori che il virus possa essere stato il risultato di una fuga accidentale dal biolaboratorio in cui lavora, ma lei stessa ha ritenuto più probabile che la propagazione del virus sia stata frutto di un salto di specie da animale a uomo.

In concomitanza con il primo viaggio dell’OMS in Cina, a gennaio del 2021, il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti  ha pubblicato un aggiornamento sui rapporti con il governo cinese in riferimento alle indagini sul laboratorio di Wuhan. Nel documento pubblicato sul sito governativo si legge: «Per più di un anno, il Partito Comunista Cinese (PCC) ha sistematicamente impedito un’indagine trasparente e approfondita sull’origine della pandemia di COVID-19, scegliendo invece di dedicare enormi risorse all’inganno e alla disinformazione. Sono morte quasi due milioni di persone». Secondo quanto riportato nell’aggiornamento, inoltre, ad accreditare la pista dell’incidente di laboratorio ci sarebbero principalmente due prove.

La prima è quella del RaTG13, la sequenza di coronavirus più vicina a quella di Sars-CoV-2 disponibile prima della pandemia, identificata in un pipistrello nel 2013 a Mojiang, nell’ovest della Cina, vicino al confine con il Laos. Dal 2016 in poi il laboratorio di Wuhan ha condotto esperimenti su questa tipologia di coronavirus, che condivide il 96,2 per cento di similarità con il Sars-CoV-2. Si legge nel documento governativo americano, che «l’Istituto ha portato avanti in maniera continuativa esperimenti su topi, pipistrelli e pangolini». La seconda pista discussa nello stesso documento riguarderebbe i rapporti tra il Wuhan Institute of Virology e l’esercito cinese. Si legge infatti nel testo: «Il WIV si è impegnato in ricerche classificate, compresi esperimenti sugli animali da laboratorio, per conto dell’esercito cinese almeno dal 2017».

Nonostante la pressione degli Stati Uniti, le prime ricerche dell’OMS in Cina sono terminate il 9 febbraio 2021 con molte domande e poche risposte, riferendo che l’origine del virus è rimasta non identificata.

Peter Ben Embarek, coordinatore della spedizione dell’OMS, ha raccontato a Science dopo il viaggio in Cina che l’introduzione attraverso una specie ospite, cioè un passaggio diretto da un animale a un essere umano, rimane l’ipotesi più accreditata. Embarek ha aggiunto anche che per accreditare tale ipotesi, però, sarebbero state necessarie ulteriori analisi. A distanza di un mese dalla spedizione, infatti,  l’OMS ha pubblicato sul proprio sito un riassunto delle indagini, titolando: “L’OMS chiede ulteriori studi e dati sull’origine del virus Sars-CoV-2 e ribadisce che tutte le ipotesi restano aperte”.

Il 14 maggio 2021, sempre sulla rivista Science, è apparsa una lettera firmata da diversi scienziati internazionali in cui veniva sollecitata la comunità internazionale a tenere aperti entrambi gli scenari di indagine, in quanto la scarsità dei dati raccolti fino a quel momento non permettevano di prediligere l’una o l’altra strada. Sempre a maggio dello stesso anno sono arrivate sulla stampa alcune informazioni dall’intelligence americana. Infatti, sul Wall Street Journal veniva raccontata la vicenda di tre funzionari del laboratorio di Wuhan che nel novembre 2019, cioè due mesi prima della data ufficiale di inizio dell’emergenza, avevano avuto bisogno di cure ospedaliere. Sempre nell’articolo si legge che secondo la Casa Bianca i sintomi dei tre funzionari risultavano compatibili sia con quelli dei successivi pazienti affetti da Covid-19, sia con i sintomi delle  malattie stagionali.

Le nuove indagini degli Stati Uniti
Il 27 maggio 2021, tre mesi dopo la spedizione dell’OMS in Cina, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha incaricato le agenzie di intelligence di raddoppiare gli sforzi di indagine sulle origini del coronavirus, chiedendo che la consegna dei risultati avvenisse entro novanta giorni. Un mese dopo la richiesta di Biden, però, una dichiarazione di Shi Zhengli, virologa esperta di coronavirus, ha messo in discussione le accuse degli Stati Uniti che prediligevano la tesi del virus quale risultato di una fuga da un biolaboratorio. Secondo Zhengli, le speculazioni sul laboratorio di Wuhan, in cui lei stessa lavorava, sarebbero infondate in quanto gli USA stavano offrendo prove su qualcosa su cui ancora non esistevano elementi certi.

Successivamente alla scadenza del termine dei novanta giorni, il 27 agosto 2021 sul sito della Casa Bianca è stata pubblicata una dichiarazione del presidente Biden che annunciava i risultati dell’investigazione. Secondo quanto riportato da Biden «Le informazioni critiche sulle origini di questa pandemia esistono nella Repubblica popolare cinese, ma fin dall’inizio, i funzionari governativi in Cina hanno lavorato per impedire agli investigatori internazionali e ai membri della comunità globale della sanità pubblica di accedervi». Nel testo è emersa, quindi, l’accusa verso la Cina di essere in possesso della verità circa l’origine della pandemia.

Ingrandimento in laboratorio del virus Sars-CoV-2

A ottobre 2021 l’OMS ha annunciato la creazione di una nuova squadra di 26 esperti per indagare le origini del virus. Nel dare la notizia, il direttore delle emergenze Michael Ryan, considerati gli oltre ventidue mesi passati dallo scoppio dell’emergenza e la conseguente difficoltà nel reperire prove nei luoghi dove il virus si è inizialmente diffuso, ha affermato: «potrebbe essere l’ultima possibilità di capire le origini di questo virus».

Nello stesso periodo, l’ufficio dell’Intelligence nazionale americana ha pubblicato un rapporto di 17 pagine in cui è stato confermato che le ricerche in atto non avevano ancora portato a nuove rivelazioni circa l’origine del virus. Tuttavia, le evidenze trovate sono riuscite a confutare alcune tesi che erano state in precedenza considerate come vere . In particolare, nel rapporto si legge: «Il fatto che i ricercatori dell’Istituto di Virologia di Wuhan (WIV) si siano ammalati nell’autunno del 2019 non è una diagnosi delle origini della pandemia» in quanto, il solo ricovero ospedaliero non sarebbe la prova della presenza di infezione da Covid-19. Le indagini condotte fino a questo punto non hanno portato a nessun risultato concreto e tutte le possibilità sull’origine del virus restavano aperte.

Le critiche all’indagine dell’OMS
Il 18 novembre 2021, in un articolo pubblicato sulla rivista scientifica Science Michael Worobey, esperto nel tracciare le evoluzioni di virus presso l’Università dell’Arizona, ha raccontato di aver trovato una discrepanza nella cronologia di indagine dell’OMS del gennaio 2021 rispetto al primo paziente Covid-19. Per questo, secondo Worobey, benché non ci fossero ancora prove certe per rintracciare la chiara origine del virus, il mercato ittico di Huanan è stato un luogo di super-diffusione.

Nell’articolo lo scienziato ha mostrato come la coppia di anziani denominati “pazienti zero”  dall’OMS e presi in cura il 27 dicembre 2019 da Zhang Kixian – direttore del reparto dove gli anziani erano internati e considerato oggi il primo dottore ad aver trattato un’infezione da Covid-19 – non potessero essere effettivamente i primi ad aver contratto la malattia. Nell’analisi di Worobey, infatti, è emersa la possibilità che i due anziani fossero stati preceduti da un altro paziente al quale era stato  riscontrato uno strano caso di polmonite. L’uomo proveniva dal mercato di Huanan, dove svolgeva la professione di fattorino.

A febbraio 2022, un nuovo studio firmato da un team internazionale, tra cui compare anche la firma di Michael Worobey, ha identificato il mercato Huanan come epicentro dell’emergenza Sars-CoV-2.  I dati riportati nel documento, mostrano che tutti e otto i casi di Covid-19 rilevati prima del 20 dicembre 2019 provenivano dal lato occidentale del mercato Huanan in cui venivano vendute diverse specie di mammiferi.

Nello stesso mese è apparso anche un ulteriore  studio intitolato  “L’emergenza di Sars-CoV-2 molto probabilmente è il risultato di almeno due eventi zoonotici”. Secondo quanto riportato nella ricerca, due diversi lignaggi di Sars-CoV-2 sarebbero stati trovati al mercato ittico di Huanan alla fine del 2019, particolare che potrebbe provare che il virus è saltato per due volte dagli animali agli esseri umani proprio in quel luogo.

Ancora nessuna decisione definitiva, l’OMS torna sull’incidente di laboratorio
La serie di documenti e ricerche prodotti, però, non sono bastati per arrivare a una conclusione definitiva. A giugno del 2022, infatti, un gruppo di esperti dell’OMS è ritornata sulla teoria secondo la quale il virus sarebbe stato frutto di un incidente di laboratorio, aprendo alla possibilità di dare il via a una nuova indagine.

Parallelamente l’OMS ha fatto sapere anche che il direttore dell’Organizzazione Tedros Adhanom Ghebreyesus nel febbraio 2022 aveva inviato due lettere alla Cina con cui chiedeva informazioni sulle origini del virus Sars-CoV-2. Successivamente Jamie Metzl, ricercatore americano e membro di un gruppo consultivo dell’OMS, ha dichiarato: «Tragicamente, il governo cinese si rifiuta ancora di condividere i dati grezzi essenziali e non consentirà il necessario audit completo dei laboratori di Wuhan».

Anche gli USA sostengono la pista della fuga di laboratorio
A febbraio del 2023, il Wall Street Journal ha riportato un annuncio del Dipartimento dell’Energia americano che accreditava  la teoria del virus uscito dal laboratorio come la più probabile, precisando però che nonostante le informazioni provenissero da un rapporto segreto dell’intelligence, il grado di fiducia verso quell’ipotesi restava basso. Nella stessa inchiesta si legge, inoltre, che «altre quattro agenzie, insieme a un gruppo di intelligence nazionale, ritengono ancora che sia stato probabilmente il risultato di una trasmissione naturale , e due sono indecise» sottolineando che non esisteva ancora, in quel momento, una teoria certa riguardo l’origine del virus.

Contemporaneamente all’annuncio del Dipartimento dell’Energia, in un’intervista a Fox News, Christopher Wray, attuale direttore dell’FBI, confermava che le ricerche in corso dimostravano che la teoria più accreditata fino a quel momento risultava quella dell’incidente di laboratorio. Nonostante le ricerche dell’FBI e del Dipartimento di Stato dell’Energia abbiano concordato sull’accreditare la pista dell’incidente in un biolaboratorio come tesi principale di indagine, nessuna delle due agenzie ha validato la teoria con dati chiari e prove certe. Lo scenario, quindi, è rimasto ancora una volta invariato, con entrambe le ipotesi aperte.

Le ricerche non sono finite
Nonostante gli annunci degli Stati Uniti, le ricerche sulle origini del virus non si sono fermate. Il 30 marzo 2023, infatti,  è stato  pubblicato un nuovo studio basato sui  dati forniti dal Chinese center for Disease Control, centro di ricerca medica controllato dalla commissione medica nazionale cinese. Nella ricerca sono presenti i dati collegati alle prove raccolte nel 2019 all’interno del mercato di Huanan e si evidenzia una potenziale scoperta rispetto agli animali serbatoio che potrebbero essere all’origine della diffusione del nuovo coronavirus. Nel luogo dove sono stati registrati i primi tamponi positivi di Covid-19, al mercato di Huanan, infatti, è stato ritrovato un campione di DNA corrispondente a cani procione, mammiferi venduti nello stesso mercato. Come ha sottolineato nello studio in oggetto Florence Debarre, ricercatrice presso l’Istituto di Ecologia e Scienze Ambientali di Parigi: «Questo risultato non dimostra che gli animali siano stati infettati, ma questa è l’interpretazione più plausibile di ciò che abbiamo visto». Infatti il risultato registrato rivela una co-presenza di animale e uomo infetto nello stesso luogo nel 2019, ma non registra un’infezione presente negli stessi animali.

L’origine animale del virus torna protagonista di alcuni studi
Il 5 aprile 2023 su Nature è stato pubblicato un articolo dal titolo “Monitoraggio di SARS-CoV-2 al mercato del pesce di Huanan” firmato da un gruppo di ricercatori cinesi. L’analisi ha posto ulteriori interrogativi su diverse specie di animali venduti nel 2019 in quel mercato. Infatti, l’articolo mostra che nel mercato di Huanan sono stati raccolti oltre 1.200 campioni a partire dal 1° gennaio 2020. I campioni sono stati presi sia dall’ambiente (frigoriferi, congelatori, acquario), sia da diciotto specie di animali presenti nel mercato. Tuttavia, nessuno dei campioni raccolti ha riscontrato la presenza del virus negli animali.

Wuhan Huanan Seafood Wholesale Market

In conclusione
Ad oggi, le informazioni raccolte dalla comunità scientifica sono molte e dettagliate, tuttavia non è ancora stata presentata una ricostruzione completa su uno scenario certo. Fin dalle prime ricerche, è stato confermato che la sequenza di virus Sars-CoV-2 è risultata simile alla sequenza del virus RaTG13 già analizzata nel laboratorio di Wuhan a partire dalla sua scoperta nel 2013. Tuttavia, una presenza precedente ai primi casi di Covid-19 del Sars-CoV-2 all’interno del biolaboratorio cinese di Wuhan non è mai stata confermata.

Inoltre, indagare su una potenziale fuga da laboratorio non è stato semplice a causa delle discusse interferenze cinesi e il ritardo del Partito Comunista Cinese nell’ospitare le indagini internazionali.

Parallelamente, la teoria che vuole la variante Sars-CoV-2 come il prodotto di uno spillover da animale a essere umano verificatosi nel mercato ittico di Huanan trova solo parzialmente riscontro in alcune pubblicazioni scientifiche degli ultimi due anni. Come mostra uno degli ultimi studi pubblicati sulle origini del Covid-19 da Florence Debarre, è stata riscontrata la presenza di DNA animale nel luogo in cui sono stati raccolti i primi tamponi positivi al mercato di Wuhan, ma la stessa affermazione risulta carente, in quanto non è mai stata confermata la presenza del virus Sars-CoV-2 in un animale serbatoio.

Infine, negli ultimi due anni le agenzie di intelligence statunitensi non hanno raggiunto un risultato chiaro, fornendo continuamente prove e risultati poco chiari.

Non è, quindi, semplice muoversi tra la vasta e intricata produzione scientifica circa le prove sull’origine della Covid-19 con lo scopo di arrivare a uno scenario chiaro. A più di tre anni di distanza dal primo caso di infezione, gli istituti di ricerca hanno fatto passi avanti nella costruzione di dataset su cui lavorare nel prossimo futuro. Ad oggi, però, la comunità scientifica, le agenzie di intelligence statunitensi, nonché l’Organizzazione Mondiale della Sanità non sono ancora riusciti a fornire una risposta chiara e coerente sull’origine del virus Sars-CoV-2.

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